A tu per tu con Danti e Vacca in occasione della pubblicazione dell’album “6.20”. La nostra intervista doppia ai due artisti
Si intitola “6.20” il nuovo album di Daniele Lazzarin e Alessandro Vacca, meglio conosciuti con gli pseudonimi di Danti e Vacca. Il disco rappresenta la seconda parte dello storico progetto “6:10” dei Two Fingerz e Vacca, rilasciato nel 2009.
Quindici anni dopo arriva questo secondo capitolo, un disco rap moderno, caratterizzato da sonorità attuali e da tematiche di grande rilevanza per il presente. Le tracce esplorano le contraddizioni della vita quotidiana degli italiani. Tra ironia, introspezione e denuncia sociale, l’album si muove tra riflessioni profonde e riferimenti nostalgici, con un linguaggio pungente e schietto.
Alla vigilia del concerto in programma il 24 novembre ai Magazzini Generali di Milano (qui per maggiori info e biglietti), abbiamo incontrato Danti e Vacca per approfondire ogni dettaglio di questo nuovo lavoro
Intervista doppia a Danti e Vacca
Come è stato ritrovarsi artisticamente dopo così tanto tempo?
Danti: «Guarda, è stato riaprire la porta di dieci anni fa e ritrovarmi dieci anni dopo. Mi è sembrato che non sia passato nemmeno un secondo. Ci siamo visti un pomeriggio dopo tantissimi anni e quello stesso giorno abbiamo fatto una canzone che aveva il sapore delle vecchie cose fighe. E così ho pensato: perché non facciamo un altro progettino?».
Vacca: «Io e Danti arriviamo da un background diverso. Anche ai tempi lui arrivò un pochino dopo all’interno del gruppo di artisti che già c’erano. Dopo il primo EP ci siamo persi un po’ di vista, per dinamiche musicali. Ci siamo visti dopo quindici anni in studio e sembrava non fosse passato nemmeno un minuto. È stato molto naturale e facile, c’è proprio sintonia, quella non è cambiata».
Perché un sequel proprio ora?
Danti: «È stata una cosa super naturale, da super indipendenti. In genere non si inizia a lavorare a un disco a maggio e lo si fa uscire poco dopo».
Vacca: «Dani mi scrisse un po’ di tempo fa per vederci in studio. Ci beccammo e già il primo giorno registrammo il primo pezzo del nuovo EP».
Essere indipendenti ha, senza dubbio, anche degli svantaggi…
Danti: «Se vuoi posso parlarti dei vantaggi (ride, ndr). Siamo riusciti ad avere un percepito che ci ha fatto sembrare come se gli svantaggi non ci fossero. Lavoro a progetti con budget più alti e progetti con budget più piccoli. Riusciamo a fare le cose anche grazie alla nostra credibilità, cosa che oggi sembra quasi mancare».
Vacca: «Sono abituato a certe cose e non le vedo come un problema. Un artista che ha già un nome non ha bisogno di una spinta per far sapere che sta uscendo. Sarà il proprio bacino di risonanza che dovrà farsi sentire e divulgare la notizia. Quello che creo è quello che vedete, non ho mai pagato».
In cosa hai trovato cambiato Vacca rispetto al passato?
Danti: «Ha i capelli molto più corti (sorride, ndr)».
… e qualche tatuaggio in più!
Danti: «Qualche tatuaggio in più, cappelli molto più corti. Ci siamo dati il cambio, io una volta cercavo di placare lui con scarsi risultati, ora è lui che placa me. Non si può sentire che è lui che placa me! Io ero incarognito con tutti e con la voglia di riprendermi tutto e lui mi diceva “Tranquillo Dani, leggi questo libro…”, “Dani tranquillo, le energie…”».
Un Vacca calmo…
Danti: «Un Vaccalmo (ride, ndr)».
E tu Vacca, in cosa hai trovato diverso Danti?
Vacca: «L’ho trovato più ricco di esperienza. Nonostante negli ultimi si sia dedicato a lavori dove il suo nome magari compariva di meno, è tornato a far quello che sa far meglio. Ha molta più esperienza e ora la può sfruttare per le sue robe nuove. È un professore per me adesso, non è più un alunno, non mio eh, della musica».
Di cambiamenti e di cose ne hai fatte moltissime. Hai avuto più cambiamenti di stile, pur rimanendo sempre te stesso…
Vacca: «Ho sempre abituato il mio pubblico ad abituarsi velocemente al cambiamento. Per me è un po’ una cifra stilistica non presentarmi sempre nella stessa veste, senza però snaturalizzare quello che sono. Non mi piace però ripetermi troppo. Preferisco cercare nuove cose».
Brano preferito? Perché?
Vacca: «Probabilmente “L’arte sta morendo”. È il pezzo che mancava in questo momento storico di musica, dove comunque nel nostro ambiente i nostri brani hanno sempre meno spazio, se non da qualche artista che fa però prettamente brani con quella roba lì».
Danti: «Sai ho molti problemi a sceglierne uno. Credo “Maledetta Italia”. Mi piacciono tutte però. Quando faccio le cose così mi gasano tutte. Poi se devo andare nel dettaglio, “Maledetta Italia” è quella che mi piace più di tutte».
Danti, in “Maledetta Italia” ci avete sempre abituato a testi molto forti, dove talvolta avete preso proprio posizione oppure avete raccontato le cose così come stanno, molto spesso non bene. Ci si stanca a fare musica in questo paese?
Danti: «Ci si stanca. Ti tolgono tutta la motivazione. O meglio: dipende da cosa diciamo o cosa intendiamo per fare musica. Quello che facciamo oggi è confondere l’entertainment con la musica e io ho fatto tanto entertainment più che musica, quindi so di cosa parlo. Quando quelli che hanno il talento baciato da Dio e corrono per fare quello che sentiamo negli ultimi anni, canzoni intercambiali sulla scia di quello che viene dall’estero… cazzo non è possibile! Abbiamo dei veri talenti ma noi artisti siamo così puttane che arriviamo dalla discografica giù “imputtaniti”. Se sappiamo che va The Weeknd, ti portiamo una canzone che sembra The Weeknd, rinunciando alla linea stilistica. Questa è la confusione del mercato di oggi, che confonde Mina con la Carrà. Massimo rispetto per Mina e massimo rispetto per la Carrà. Noi confondiamo avanspettacolo con musica vera. Tanto è vero che la musica vera non c’è più. Io ho questa sensazione. L’interprete non è solo un interprete. La canzone va cucita su di lui. “Brava” falla cantare a qualcun altro che non è Mina, vediamo se abbiamo lo stesso risultato!».
“L’arte sta morendo”. Pensi sia davvero così?
Danti: «L’arte è già morta. Luigi Tenco si è ucciso. Ha lasciato anche la lettera che diceva esattamente questo. Poi complottismi più, complottismi meno…. questo non lo so. Ma la storia mi sembra credibile. Vedersi sempre sorpassare da meccanismi, da avanspettacoli confusi per… cazzo ti fa soffrire se vivi per quella roba. L’arte è già morta, non sta morendo. Non volevo dirlo (ride). Mi dispiace troppo. L’arte grazie a Dio non morirà mai, gira il prisma dall’altra parte e vedila da un’altra ottica, l’intrattenimento di oggi è già arte. La mia visione “nazista” di questa cosa dell’arte e dell’intrattenimento è figlia di quello che piace a me. Ma chi lo dice che quello che piace a me è giusto. Fuori dall’Italia mi sembra che cose che abbiano una ventata di freschezza, di novità, che non emulino il passato esistono ancora. Billie Eilish nasce, Kanye West nasce, Ed Sheeran nasce. Non mi ricordano cose del passato. Sto anche invecchiando, un po’ di retorica. Ma noto che questa cosa la dicevo anche a 25 anni, allora ero giovane, quindi sembravo rivoluzionario. Ora sembro rosicone, capito cosa voglio dirti? Eppure il mio concetto non è mai cambiato».
Direi che te comunque rosicone anche no, nella parte dell’intrattenimento hai avuto grandi risultati, anche in veste di autore…
Danti: «Certo, ma la gente nota la macchia nera non il vestito bianco. Mica ha ascoltato Burattino e i Two Fingerz. Zero dischi d’oro e di platino. Appena ho iniziato a scrivere per altri, ne ho fatti più di 70. Ma ti sembra una cosa normale? Io ho la mia parte artistica che tutta la sera non vuole parlare con la mia parte dell’avanspettacolo, perché la odia (ride, ndr). Grazie a dio che esiste, la faccio con tutto il rispetto e mi piace ancora. Se la parte artistica la devo fare a certe condizioni, preferisco fare anche altro. Non posso fare un album in base ai featuring che ci metto dentro e andare a rincorrere i ragazzini perché oggi funziona così. La differenza tra H&M e Versace se nessuno la capisce, io non posso spiegarla. Faccio delle cose su misura e voglio siano diverse da tutto».
Per te Vacca l’arte sta morendo?
Vacca: «No, no. Finché c’è gente che la fa con amore e porta questa cosa al livello successivo artisticamente parlando l’arte non morirà mai. Sono convinto che in questo genere ci sia una saturazione e questo è un peccato perché siamo riusciti in poco tempo, non tanto noi vecchi che abbiamo asfaltato la strada, ma sono stati i giovani a portare questo genere al mainstream veramente e non vorrei che questa roba ora si perdesse per la standardizzazione del nostro genere. Spesso e volentieri i ragazzini iniziano i pezzi con le solite cose, “io faccio questo..” “io ero qua…”. Adesso sono tutti criminali, non c’è più quella roba di uscire con roba diversa e originale. Nella nostra generazione eravamo abituati a questo, i più vecchi ci hanno insegnato veramente il valore di essere diversi e in questo momento vedo ragazzi concentrarsi più su ciò che va già. Se c’è una cosa che nella loro testa va, si sentono più sicuri a farla, seguono la carovana e non propongono niente di nuovo. Questa cosa sta annoiando anche noi nell’ambiente. Certi argomenti hanno rotto le palle (ride, ndr)».
“Strafatto”. Una continua citazione pur proponendo un suono comunque fresco. È difficile scrivere un brano simile? Come è nata l’idea?
Danti: «Nasce tutto dall’intro. Invece di rifare una sorta di remake di una nostra canzone, facciamolo di cento canzoni. Abbiamo messo insieme “Straparlo” e “Cioccolato” dal vecchio progetto, con tutta una produzione nuova con Biggie Paul. Mettere insieme i pezzi è stato un gioco da ragazzi, pane per i miei Danti. Ci abbiamo messo veramente poco, Ale era mega preso bene anche lui. Abbiamo fatto tutto in 2/3 giorni».
Vacca: «Nel vecchio progetto “Straparlo” era il pezzo che riscosse più successo. Andare a riprendere dopo tanto tempo una cosa che ebbe successo, è un’idea spesso vincente. Ci siamo affidati ai vecchi dati e abbiamo visto quale pezzo era andato di più. Abbiamo cambiato le parole e lo stile ma rimanendo ostili al sistema come lo eravamo in quel periodo lì. Tutto l’album in realtà è stato facile da scrivere, è un ep quindi sono pochi pezzi. Quando si lavora da soli bisogna pensare all’idea da soli appunto e poi svilupparla. In due ci si divide le strofe e il ritornello. Oppure uno c’ha un’idea e la sviluppa e l’altro fa lo stesso con un’altra cosa. È più semplice fare gli album quando ce li si divide a metà».
“Missing”. Il brano casca in un periodo in cui l’Italia mainstream sembra aver riscoperto o scoperto il dissing. Noi appassionati del genere sappiamo bene che la cosa è molto diversa e articolata. Il brano però è inevitabilmente cascato veramente a fagiolo con gli ultimi avvenimenti, che effetto ti ha fatto?
Vacca: «Io essendo esperto di quella roba (sorride, ndr) non vedo un calare di attenzione di questa cosa qui che è il dissing. Non abbiamo aspettato Fedez e Tony. Arrivavamo da un periodo bello caldo. Salmo e Luchè, Jamil, ma anche Kendrick e Drake. Il pubblico è abbastanza abituato al dissing. Ovviamente se lo fanno Tony e Fedez la cosa ha una cassa di risonanza molto più grossa. In Italia ormai mi sembra non ci si sorprenda più per una cosa così ma anzi si spera che sia il più vera possibile. Dal dissing comunque non ne esce bene nessuno. Ci si porta dietro l’odio poi».
Danti: «Casualmente ne abbiamo parlato proprio oggi. Se quel brano fosse uscito con una spinta discografica o un ufficio stampa…non abbiamo fatto nessuna promozione. Il nostro ufficio stampa si chiama Instagram e il nostro distributore Spotify (ride). Se quel brano usciva con i The Kolors, tutti avrebbero usato questa canzone come colonna sonora. Il ritornello è troppo forte, non contemporaneo ma di più. È la visione opposta. Vedere una cosa cinica in chiave opposta. Skeletor senza He-Man chi cazzo è? Joker con Batman.. se non ti disso un po’ mi missi… Se non me ne frega un cazzo di te non ti disso neanche. In genere si odiano di più le persone con cui ci si troverebbe veramente bene».
“2006″. Vi ritenete dei nostalgici? Pensate che oggi si possano creare delle situazioni o vivere veramente dei momenti belli che tra 15 anni ci creeranno nostalgia?
Danti: «Io ero nostalgico a 20 anni delle cose che mi succedevano da piccolo…sia dei ricordi belli che dei ricordi brutti. TI faccio un esempio, le attese in macchina di mio papà mentre aspettavo mia mamma, ascoltando sempre Umberto Tozzi, Raf, Eros Ramazzotti…allora non è che mi piacessero, ero un bambino. Da grande ascoltavo solo quello perché mi mancavano quei momenti di rotture di scatole. La musica è una colonna sonora della vita. Anche cose che oggi ascolto e non mi dicono niente, magari in futuro la risentirò e mi emozionerò».
Vacca: «Sono l’ultimo dei nostalgici proprio, anzi combatto spesso per riportare meno il passato nel presente. Secondo me per tanti miei colleghi si vivono il presente con un po’ di difficoltà, perché probabilmente vorrebbero essere giovani adesso, bisogna essere abbastanza maturi per accorgersi che il proprio momento uno ce l’ha quando è giovane e ha il momento di fare la propria rivoluzione di lasciare qualcosa. Continuare a lavorare è importante e non abbassare mai la guardia, per la propria fanbase anche. Tirar fuori prodotti validi. E questo purtroppo non accade sempre e spesso e volentieri i prodotti di alcuni artisti leggendari perdono proprio l’amore per la voglia di farlo. Troppi soldi che li portano a disinteressarsi delle cose, tanto ormai non devi più lucrare. Altri invece continuano a farlo, vedi gli esempi di Guè, Jake… Nonostante l’età bella matura continuano a fare il bello e il brutto tempo in Italia e a dettare legge, senza voler per forza rapportarsi coi ragazzini. Loro sono leggende e quella posizione è la loro».
Bellissima la scelta di ricaricare su YouTube i vecchi brani. Che sensazioni vi danno riascoltarli ora?
Danti: «Mi dà la nostalgia del “quante cose sono cambiate”. Alcune cose ti fanno girare il cazzo, alcune ti dispiacciono, alcune ti piacciono ancora di più e alcune cose le rinoti quando le ricarichi. È come quando rilasci un disco che hai ascoltato cento volte e senti quel piccolo errore. È l’aeroplano nella scena del Gladiatore. Mi riguardo con un’ottica di nostalgia ma siccome sono rompicazzo, vedo ancora il backstage e il dietro le quinte. Anche quella roba lì era indipendente. Per me è stato come chiudere un cerchio, non sono due EP ma un album finito, finalmente».
Vacca: «Ormai sono abituato alle uscite e come dicevo prima sono l’ultimo dei nostalgici. Sono felice e lotto sempre nel presente, per far si che il punto più alto della mia carriera debba ancora arrivare».
Avete realizzato in questi ultimi mesi dei video molto simpatici per lanciare il progetto, quanto vi divertite a girare queste cose assieme? Emozionati per la data ai Magazzini Generali del 24 novembre?
Danti: «È una figata. Penso di abbandonare la musica e iniziare a fare questi video con Ale tuti i giorni (ride, ndr). Vogliamo divertirci e far divertire le persone. Questo sarà un evento non un concerto, sono fermo da tanti anni, dal 2015. Ho organizzato tanti concerti e penso di aver imparato molto. Prima faremo un evento di stand-up comedy con un altro ragazzo per un progetto che lanceremo nei prossimi sei mesi. Ci sarà l’aperitivo e il dj set. Una data unica e diversa dalle altre cose in giro. Gli ospiti saranno contestualizzati. Marco Masini viene perché fa una cosa attaccata a un nostro pezzo, facciamo una performance assieme. Inoki, Shade, J-Ax… vengono perché facciamo delle versioni dei loro pezzi che si sentiranno solo lì. È questa la figata».
Vacca: «Non ricordo come sia nata la cosa, però è successo tutto in modo scherzoso e così viene realizzato. Ci si prepara quando ci si vede le battute da fare, sbagliamo davanti alla telecamera cento volte ed è la cosa più divertente del progetto (ride, ndr). Per la data siamo carichissimi e pieni di lavoro, Dani non è un artista che si accontenta facilmente. Abbiamo messo su un circo gigantesco, ci sarà da lavorare!».
Mattia Cantarutti
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