Davide Maistrello e l’analisi sul meccanismo di voto di Sanremo 2025 – INTERVISTA

Davide Maistrello

A tu per tu con Davide Maistrello per parlare del meccanismo di voto di Sanremo 2025: un’analisi approfondita sul sistema di votazione e su quelle che potrebbero essere le criticità

Appassionato e conoscitore del Festival, Davide Maistrello ci spiega in questa interessante intervista quali sono nel dettaglio le novità introdotte nel regolamento di Sanremo 2025 e cosa è rimasto invariato per quanto riguarda il meccanismo di voto che decreterà la 75esima canzone vincitrice della rassegna.

Incuriositi dalle dettagliate analisi e dal thread statistico che realizza puntualmente sulla piattaforma X, ospitiamo con piacere Davide Maistrello, laureato in Scienze Statistiche prestato al mondo della produzione televisiva. Approfondiamo con lui un tema caldo, che ogni anno entra puntualmente nel vivo con la partenza della gara.

Intervista a Davide Maistrello sul meccanismo di voto di Sanremo 2025

Partiamo da ciò che stai scrivendo in questi giorni su X, hai sottolineato come stia passando inosservato (a causa dei soliti gossip prefestivalieri) il vero tema che infiammerà, anche a mio parere, questa edizione: il meccanismo di voto. Quali sono le principali criticità secondo te?

«Il Festival di Sanremo è un evento assolutamente totalizzante per il nostro Paese e per tutto ciò che muove fra musica, televisione, politica, spettacolo e (soprattutto) gossip. In tutto questo, il focus sulla gara vera e propria passa spesso in secondo piano, e ancora di più quello sul meccanismo di voto: l’attenzione della stampa e dell’uomo “della strada” non contempla questo argomento se non in circostanze particolarmente controverse, come ad esempio la vittoria a sorpresa di Mahmood nel 2019 o quella di Geolier nella serata cover l’anno passato. Per il resto del tempo, se il risultato finale è percepito come “giusto” dai più, a pochissimi interessa veramente quanto questo nasca da premesse a mio avviso discutibili.

La maggiore criticità degli ultimi anni nasce dal modo in cui – a partire dall’edizione 2021 – si è deciso di fare votare le varie giurie (oggi Sala Stampa/Tv/Web e Radio, in precedenza orchestrali e giuria demoscopica). Il regolamento prevede che ogni giurato esprima un giudizio numerico per ogni brano in gara, mentre in precedenza ciò avveniva attraverso una distribuzione di un certo numero di gettoni da dividere fra un certo numero di canzoni. Per una questione di variabilità statistica, questo rende il divario fra la prima e l’ultima classificata della classifica delle varie giurie molto minore rispetto allo stesso divario nella classifica del televoto (perché teoreticamente una canzone potrebbe prendere il 100% delle preferenze del pubblico, mentre questo è impossibile una volta sommati i giudizi di tutti i giurati).

Nel 2021, durante la superfinale in cui i Måneskin sconfissero Francesca Michielin/Fedez ed Ermal Meta, fu il televoto a decidere la vittoria della band mentre proprio per colpa di questo fenomeno la giuria demoscopica e la sala stampa espressero un sostanziale pareggio statistico. Per ovviare a questo problema, dall’anno seguente il regolamento cambiò e nel round finale le giurie furono chiamate ad esprimere una preferenza secca fra le tre o cinque finaliste, dando loro le possibilità di incidere in modo più equilibrato sul risultato finale. Così è successo l’anno scorso, dove le due componenti su tre che spingevano per la vittoria di Angelina (Sala Stampa/TV/Web e Radio) ebbero ragione dell’unica che sosteneva invece Geolier e la sua “I p’ me, tu p’ te” in grado di conquistare il 60% del televoto finale.

La modifica al regolamento su cui nessuno si è soffermato è che come nel 2021, quest’anno anche la superfinale tornerà ad essere votata dalle due giurie tramite giudizi numerici (questa volta da 1 a 5). Questo porterà inevitabilmente a un predominio del televoto nel risultato finale, tanto più se consideriamo che quest’anno il risultato della superfinale farà media con le serate precedenti e non si azzererà più la classifica totale dopo l’annuncio delle cinque canzoni finaliste: dal momento che lo stesso processo si verifica anche nelle serate precedenti (in modo ancora più accentuato, dal momento che le giurie sono costrette ad esprimere un giudizio su 29 canzoni invece che 5 e questo porta a percentuali ancora più “schiacciate”) è facilmente immaginabile che se un artista riuscirà a conquistare il supporto definito del pubblico, sarà lui o lei a vincere il Festival senza che le giurie possano incidere in alcun modo.

Attenzione, con questo non intendo che sia intrinsecamente sbagliato che l’artista più televotato sia l’effettivo vincitore o che per qualche motivo sia auspicabile che le giurie ribaltino sistematicamente le preferenze del pubblico. Dico però che se l’obiettivo di RAI è dare priorità al televoto nel risultato finale del Festival (anche dopo le controversie legate alla scorsa edizione, quando molti si lamentarono che un televoto monstre come quello di Geolier non poteva essere sovvertito da un campione di giurati) sarebbe più trasparente e a mio avviso onesto lasciare al solo televoto il compito di decidere la vincitrice all’interno della cinquina finale – senza nascondersi dietro alla pretesa di dichiarare un equilibrio di pesi (33% Sala Stampa/TV/Web, 33% Radio, 34% Televoto) che, come abbiamo visto, non corrisponde alla realtà».

Come nasce il tuo thread, che se non erro ha preso vita nel 2020, e che tipo di calcolo c’è dietro?

«Ho cominciato a svolgere questo tipo di analisi su Twitter, nel 2020, perché mi sono reso conto di quanto sia difficile intavolare un discorso su larga scala partendo da elementi puramente numerici – in un contesto dove la maggior parte del pubblico e dei giornalisti che raccontano il Festival fanno molta fatica ad andare oltre la polemichetta del giorno. Una delle cose che volevo provare era che il racconto della gara in sè è spesso anticlimatico, con lo svelamento di veramente troppe informazioni nelle classifiche annunciate serata dopo serata. 

Lo scopo della mia analisi non è mai stato pormi come la proverbiale sfera di cristallo o la Sibilla Cumana di turno, ma cercare di sensibilizzare e raccontare in modo anche “leggero” e comprensibile a tutti come il Festival si meriti un regolamento più trasparente e un metodo di voto più equilibrato, per fare sì che venga eletta vincitrice la canzone che davvero riesce a catturare nel modo migliore il consenso trasversale di tutte le componenti del voto – senza storture dovute al voler sommare a tutti i costi mele e pere. 

Ci sta poi che in questo processo, proprio perché bastava una conoscenza un minimo approfondita del metodo di voto e qualche piccola simulazione su Excel cercando di capire come avrebbero potuto esprimersi giurie e pubblico, negli anni io sia riuscito a prevedere risultati che hanno colto di sorpresa gli spettatori di Sanremo come la rimonta di Fedez e Francesca Michielin dal 17° al 2° posto della finale del 2021, o la vittoria di Angelina su Geolier nella superfinale dello scorso anno».

Quindi, tra la Giuria della sala Stampa, quella delle Radio e il Televoto, chi ha secondo te realmente più potere quest’anno?

«A meno che la situazione sia particolarmente equilibrata e il televoto non riesca ad esprimere un favorito chiaro, sarà quest’ultimo a decidere il vincitore del Festival 2025 e sarà l’artista più televotato a sollevare il leoncino d’oro. Le giurie e in primis la Sala Stampa (che voterà, unica fra le tre componenti, già nella prima serata di martedì) potranno al massimo settare la “narrativa” premiando da subito le loro canzoni preferite che andranno in testa alla prima classifica, destinata ad essere confermata o ribaltata dal giudizio del pubblico che entrerà in gioco da mercoledì.

Va tenuto conto che quest’anno, a differenza dell’anno scorso, i favoriti della stampa nel round dei preascolti (Brunori Sas, Simone Cristicchi, Lucio Corsi, Joan Thiele e anche la stessa Giorgia) sono tutti artisti che non possono garantire una base consistente di televoto a loro favore. Se nessuno di questi artisti raggiungesse la superfinale, le giurie sarebbero costrette a ridistribuire le loro preferenze fra chi ci arriverà, potenzialmente in modo così uniforme (grazie allo schiacciamento delle percentuali) da rendere ancora più facile e scontato il dominio del televoto».

Alla luce della tua ultima risposta, quali artisti vedi tra i favoriti?

«Trovo veramente difficile, senza aver ascoltato le canzoni, puntare con certezza su un artista che possa convogliare a suo favore il supporto della maggioranza del pubblico – e fino a giovedì sera, giorno in cui avremo la prima classifica parziale che comprende il televoto (anche se a differenza dell’anno scorso la top5 verrà annunciata in ordine sparso) sarebbe imprudente e prematuro sbilanciarsi su un’opzione in particolare.

Certo, mi puntassero la pistola alla tempia costringendomi a fare qualche nome, alcuni dei 29 artisti in gara arrivano indubbiamente a Sanremo con più potenziale rispetto ad altri. Si parlerà tantissimo di Fedez, come già sta avvenendo in queste ore soprattutto per questioni extra-musicali, e sappiamo tutti che rilanciare di continuo alle varie provocazioni della stampa per rimanere sempre sulla bocca di tutti (aspetto in cui Federico è molto, molto bravo) consente di mobilitare la propria “base” e galvanizzare il supporto di un pubblico che non sarà lo stesso del 2021 (all’epoca spinto anche dalla relazione con Chiara Ferragni e il suo potere mediatico) ma rimane a mio avviso una mina vagante in una gara in cui essere “amato” da pochi incide di più rispetto all’essere “odiato” da tanti.

Per lo stesso motivo Tony Effe potrebbe essere un candidato alla top5 del televoto, si è parlato tantissimo di lui (in relazione al caso-concerto di Capodanno e ai tanti artisti che hanno chiesto la sua esclusione dal Festival) e il suo team sta giocando una “campagna elettorale” molto furba promuovendolo tramite interviste ben studiate a settimanali e mensili, allo scopo di farlo “conoscere” a un pubblico che va oltre quello degli ascoltatori della musica trap e ripulirne un po’ l’immagine. Achille Lauro e Irama hanno dimostrato in passato di avere delle fanbase forti e soprattutto disposte materialmente a supportarli, Olly è esploso sulla scena in quest’ultimo anno ma ha alle spalle una manager “sgamata” e intelligentissima come Marta Donà, in grado di vincere tre degli ultimi quattro Festival (Måneskin 2021, Marco Mengoni 2023, Angelina Mango 2024) e in mezzo un Eurovision. Rocco Hunt, se riesce a catturare anche solo un terzo o un quarto di ciò che ha mobilitato Geolier l’anno scorso, sarà pericoloso.

Penso poi che ci possa essere spazio per un act più tradizionale che possa convogliare le preferenze del pubblico più “tradizionalista” del Festival. Giorgia, se porta finalmente un brano all’altezza delle sue doti vocali, o lo stesso Simone Cristicchi non sono a mio avviso da escludere in ottica Top5».

Cosa pensi invece del meccanismo di voto delle Nuove Proposte, delle sfide dirette e del mix tra le tre giurie? Lo trovi leggermente più equo?

«Parto dal presupposto che la gara delle Nuove Proposte non mi piace, la trovo anacronistica e penso che non abbia più valore in un panorama musicale moderno in cui nessuna proposta è veramente “nuova” – e lo vediamo dai quattro finalisti di quest’anno, tutti passati attraverso un talent show (Amici o X Factor che sia) prima di approvare sul palco dell’Ariston. É giusto che ci sia la possibilità per degli artisti meno conosciuti di giocarsi un posto nel cast del Festival, ma a mio avviso la loro presenza è più nobilitata e ha più senso se possono gareggiare “alla pari” con gli altri Big e non in un circuito separato la cui gara si esaurirà già il giovedì sera con la proclamazione del vincitore che passerà sotto silenzio o quasi.

La differenza nel metodo di voto del circuito Nuove Proposte rispetto a quello Big è che qui le giurie sono chiamate a scegliere con preferenza secca il vincitore di ogni “sfidina”, potendo veramente incidere sul risultato finale nella percentuale dichiarata dal regolamento. Con questo intendo che se in una sfida l’artista 1 è il preferito del 70% della sala stampa e l’artista 2 è il preferito del rimanente 30%, queste saranno le stesse percentuali che i due riceveranno nel computo definitivo. 

Per me è un metodo più equo, e se vogliamo forse un minimo sbilanciato verso le giurie (visto che Sala Stampa e Giuria delle Radio hanno dimostrato in passato di essere abbastanza allineate sugli stessi gusti, a differenza di quello che succederebbe se fosse introdotta una componente “esterna” come la demoscopica). Valendo 33% a testa, Stampa e Radio constano di un 66% totale e sulla carta hanno il peso e gli strumenti per incidere sul risultato in misura leggermente maggiore rispetto al 34% del televoto. Anche se poi, quando si entra nel segreto dell’urna, non è detto che finiscano per schierarsi allo stesso modo in tutte le sfide».

Per concludere, esiste secondo te un “sistema elettorale” perfetto per Sanremo e, se fossi tu il direttore artistico, quali modifiche apporteresti al regolamento?

«Il “sistema elettorale” perfetto non esiste, ma ci si può avvicinare tenendo sempre in mente che i fini ultimi dovrebbero essere la fruibilità del risultato a livello televisivo (per creare un annuncio dei risultati il più emozionante e coinvolgente possibile) e soprattutto la rappresentatività di ogni componente del voto per quanto viene annunciato. 

Tanti dicono “il televoto dovrebbe contare X” o “è giusto che votino solo i giornalisti che si occupano di musica per 12 mesi l’anno” o “andrebbero reinseriti gli orchestrali/la demoscopica/la giuria d’onore”, solo perché si illudono che aggiungere o escludere certe componenti possa favorire i loro cantanti preferiti o sfavorire quelli che non vorrebbero vedere in vittoria. La realtà è che il metodo di voto migliore è a mio avviso quello che mette tutti gli artisti in grado di giocare – per quanto possibile – sullo stesso piano, e che toglie il più possibile alle giurie la possibilità di coalizzarsi in favore o contro uno specifico artista per partito preso (chiunque esso sia). 

Lavorando in produzione televisiva nella “vita reale”, mi rendo conto che le dinamiche ormai consolidate del Festival impediscono dei cambi strutturali rilevanti all’impostazione generale che ormai è la stessa da 10 anni (a partire dalla superfinale e dall’assenza di eliminazioni nel corso delle varie serate). Se fossi il re del mondo, o più banalmente avessi la possibilità di mettere una pulce nell’orecchio al prossimo direttore artistico, mi piacerebbe alzare un minimo l’asticella e proporre una scrematura da 30 a 20 brani nel corso della serata del venerdì per poi avere un round unico in finalissima, con tutte e 20 le canzoni superstiti in gara fino alla proclamazione del risultato. Prenderei poi spunto dall’Eurovision per convertire le preferenze del televoto e delle varie giurie in valori numerici, che andrebbero a sommarsi nel tabellone finale per eleggere la canzone vincitrice in una sequenza finale a mio avviso più tensiva e coinvolgente del tradizionale annuncio con i cinque finalisti sul palco esclusi uno ad uno. 

Il peso finale delle componenti – ma è un tema secondario e su cui si può discutere a seconda delle esigenze – potrebbe essere 50% per il televoto e 50% per la somma delle varie giurie. Mi piacerebbe inoltre sperimentare, come già avviene in altre nazioni europee nei loro festival “omologhi”, con un’applicazione di voto gratuita che andrebbe a sostituire gli SMS e permetterebbe di ampliare ulteriormente il bacino dei televotanti (e potenzialmente ridurre l’impatto delle fanbase degli artisti in gara)».

Scritto da Nico Donvito