Recensione dell’ultimo attesissimo lavoro del rapper uscito lo scorso 31 ottobre
Come si può descrivere la sensazione di avere sulle spalle il peso di aspettative immense? Come si può tornare più forti di prima dopo un periodo di difficoltà personali? Come si può migliorare ancora, stupire e dimostrare a tutti quelli che ti stanno aspettando che in una determinata cosa sei ancora il più forte, e a tutti quelli che ti criticano che si stanno sbagliando?
Sono tante domande, forse troppe, ma sono le prime che potrebbero venire in mente ad un ascoltatore comune del rap italiano trovandosi davanti Marracash, colosso del rap game, finalmente tornato con il suo nuovo e attesissimo album dal titolo Persona, disponibile ovunque da giovedì 31 ottobre per Island Records/Universal Music Italia.
Raramente, negli ultimi anni, il mondo del rap italiano era riuscito ad unirsi sotto una simile nuvola di hype, per altro appena sfiorata dallo stesso artista, che ha scelto di promuovere il disco solo poche settimane prima dell’uscita pubblicando appena qualche trailer informativo.
Concept e tracklist: questo si sapeva a pochissime settimane dall’uscita, un album intero incentrato sulla “persona”, scomposta in parti del corpo (ad ognuna Marra ha infatti legato un brano del disco); 9 featuring di tutto rispetto tra amici storici, sorprese e nuove promesse. Dunque pochi ingredienti ma buoni per aspettarsi qualcosa di veramente importante.
L’album si pone come obbiettivo quello di fare un focus su uno dei temi più complessi della vita: quello del doppio che si ricompone tra corpo e anima, tra quello che c’è dentro e quello che c’è fuori. Marracash cita l’omonimo film di Ingmar Bergman nel titolo e nella copertina e sceglie di addentrarsi, come mai fatto prima nella sua discografia, in un racconto strutturato su più livelli in cui a parlarsi e specchiarsi sono sempre la persona e l’artista, Fabio e Marracash, due entità distinte ma unite dentro lo stesso corpo.
Corpo che unisce e corpo che divide, un concept che l’artista non si azzarda a raccontare con linearità , ma che invece appare e scompare, spunta in superficie e si nasconde a seconda dell’intenzione e del mood delle diverse tracce. Ci sono collegamenti nitidi e più semplici, come quello con l’anima nel brano Madame, in cui Marracash sceglie di sfogarsi rivolgendo i propri pensieri direttamente alla sua parte interiore, ben interpretata dalla giovane artista con lo stesso nome della traccia, molto brava qui nel difficile compito di risultare credibile ed autentica in quello che risulta alla fine uno dei brani migliori del progetto.
Il rapper della Barona dimostra di essere come sempre uno dei top player della scena dando il meglio di sè proprio nei pezzi più conscious, veri e proprio lunghi flussi di coscienza, alternati nella tracklist a brani più leggeri. Tecnica e stile che si mischiano all’esperienza che l’artista dimostra qui di aver accumulato; si va quindi dall’intro Body parts – I denti, che funge da vero e proprio sommario rispetto a quello che si troverà nel disco, all’ultima e sorprendente hit Greta Thunberg – Lo stomaco, piccolo gioiello che potrebbe anche avere un’ottima fortuna in radio. In mezzo tanti guizzi vincenti in cui il cantante non risparmia il proprio racconto, senza mai nascondersi, e così brani come Crudelia – I nervi, danno veramente l’impressione di emulare una vera e propria seduta davanti ad uno psicoterapeuta.
Altro tema interessante da trattare sono poi le collaborazioni scelte per questo progetto, vista l’importanza e la particolarità del tema trattato. In questo senso Marracash sceglie con cura tra featuring quotati e vere e proprie sorprese. Nel complesso quello che appare chiaro è la volontà di ciascun ospite di donarsi al progetto, mettendo a disposizione le proprie caratteristiche evitando di andare fuori tema pur cercando di donare nuovi colori al rispettivo pezzo. Ottime sono in questo senso, oltre alla già citata Madame, le apparizioni di Guè Pequeno, Cosmo e Coez: il primo ritrova linfa vitale in Qualcosa in cui credere – Lo scheletro, un brano che sembra la continuazione naturale di altri episodi precedenti del duo quali Brivido o Nulla accade; il secondo si inserisce alla grande con un super ritornello nella già trattata Greta Thunberg, mentre il terzo si conferma generatore automatico di ritornelli di successo nel brano Quelli che non pensano – Il cervello, chiaramente ispirato al successo Quelli che benpensano di Frankie hi-nrg, per altro campionato all’interno del pezzo.
Rispettano le attese anche Luchè, al quale l’amico Marracash affida il brano Sport – I muscoli e Massimo Pericolo, che si conferma una delle sorprese più belle dell’anno in Appartengo – Il sangue. Interessante risulta anche la collaborazione con Mahmood, che presta la sua particolare vocalità nel pezzo più leggero del disco: Non sono Marra – La pelle. Un po’ meno a fuoco rispetto all’intero album appaiono invece i contributi di Sfera Ebbasta e Tha Supreme, in quello che però promette di diventare il brano hit del disco: Supreme – L’ego.
Nel complesso ciò che appare certo è l’impossibilità di fornire un contributo che sappia analizzare a 360° quello che si dimostra senza dubbio come uno dei progetti più importanti degli ultimi anni, dati gli infiniti collegamenti creati all’interno. Marracash non delude e riesce ancora a rinnovarsi senza perdere smalto grazie ad un album complesso ma allo stesso tempo adatto a raggiungere il grande pubblico date le sue numerose chiavi di lettura, capace di descrivere ed analizzare mondo interiore ed esteriore con un linguaggio sempre innovativo e mai scontato.
Migliori tracce | Qualcosa in cui credere, Crudelia, Madame
Voto complessivo | 8.5/10
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