martedì, Aprile 23, 2024

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Diego Moreno: “La musica unisce e non separa le persone” – INTERVISTA

A tu per tu con il cantante argentino, per parlare del suo nuovo singolo intitolato “Bella Chao

Tempo di nuova musica per Diego Moreno, artista argentino e napoletano di adozione, in uscita con il singolo “Bella Chao”, disponibile su tutte le piattaforme digitali dallo scorso 3 aprile. Si tratta di una particolare e rivisitata versione spagnola del celebre canto popolare “Bella ciao”, legato idealmente alla Resistenza e al movimento partigiano italiano, un periodo storico sicuramente difficile che, in qualche modo, ci è da monito in questa difficile momento di confusione e smarrimento. In occasione di questa nuova pubblicazione, abbiamo incontrato per voi l’artista per approfondire la conoscenza della sua visione di vita e di musica.

Ciao Diego, benvenuto. Partiamo da “Bella Chao”, cosa ti ha spinto a realizzare questa tua personale rivisitazione di un canto popolare così conosciuto?

«Mi fa piacere raccontarti di “Bella Chao” …sono particolarmente contento di questa uscita, inoltre abbiamo prodotto un video che merita di essere visto, ma per farlo ti devo raccontare una piccola storia: la produzione iniziale del brano è stata fatta 15 anni fa! Anche se non era affatto nel programma del progetto discografico che ho diretto “Che’ Vive!”, un percorso storico musicale di brani latinoamericani dedicati alle varie rivoluzioni, progetto richiestomi allora dal mio amico e produttore Roy Tarrant, ho pensato che lavorare su un brano così importante per contenuto e storicità fosse un’idea giusta. In particolare, mi sono soffermato sul suono, sull’arrangiamento creato ad hoc e un testo che, pur essendo in buona parte in spagnolo, raccontasse con rispetto dei partigiani: esseri umani che scelsero di combattere e di pagare con la loro stessa vita affinché vi fosse per tutti la liberazione».

C’è una frase di questo pezzo che ti ha colpito e continua a colpirti più di altre?

«Sicuramente la frase è “… questo è il fiore del partigiano morto per la libertà!” racchiude poeticamente in sé tutta la drammaticità del vivere in tempi di guerra e l’intensità di chi l’ha vissuta, purtroppo pagando con la propria vita. Aggiungo che il significato più adatto per un brano così importante è la “memoria”, fondamentale per non cadere ancora una volta in un buio atroce come quello che origina una maledetta guerra».

Un brano pubblicato in concomitanza dell’inizio della quarta stagione de “La casa di carta”, cosa ti ha colpito di questa serie?

«Ti sembrerà strano ma non sono ferrato molto sul tema …sinceramente ho visto qualche spezzone della fiction e mi è sembrata molto ben fatta …A mio parere, credo che abbiamo scelto “Bella Ciao” (e ne sono felice per questo) perché, come dice il giornalista Maurizio Spennato, è una canzone che si è universalmente affermata come simbolo della libertà, del potere democratico del popolo e della lotta alle disuguaglianze. Purtroppo, un argomento oggigiorno molto attuale. Il brano è stato tradotto in quasi tutte le lingue e ha assunto ovunque la medesima valenza, specialmente nei paesi spesso martoriati da derive autoritarie».

Facciamo un salto indietro nel tempo, come e quando hai scoperto la tua passione per la musica?

«Direi che la musica è stata da sempre protagonista a casa mia. Mio Padre per esempio è un amante del Tango, nello specifico dell’opera di Carlos Gardel, ma è anche cultore di opera lirica. Tutto questo è servito molto per alimentare la mia cultura musicale. Io però ho iniziato tardi e davvero per caso …avevo 17 anni quando ho imbracciato per la prima volta una chitarra. Non potendo (con quel poco che sapevo … appena 3 accordi) suonare brani di altri, ho iniziato quasi da subito a scrivere le mie canzoni. Oggi festeggio 30 anni di musica da professionista … non male!».

Quali ascolti hanno influenzato e accompagnato il tuo percorso?

«Tanti! Io sono nato negli anni ’70 in Argentina. Ho amato molto un gruppo di rock che si chiamava Vox Dei, successivamente Soda Stereo, Fito Pàez, Seru Giran …ma anche Beatles, Deep Purple, Joan Manuel Serrat.  In più sono importanti tutte le influenze internazionali. Però, come dico sempre, “per osmosi” è entrato nella mia vita Carlos Gardel, La Voce del Tango (titolo di un mio libro tutt’ora in commercio a lui dedicato), un immenso artista, cantante/autore di Tango. L’inventore del Tango Canciòn. Davvero un mito!».

Argentino di nascita e napoletano d’adozione, come influiscono nella tua musica queste due anime?

«Si dice che “il Tango ti aspetta” ciò vale a dire che dopo i trenta, il Tango prende non solo un significato musicale (che è fuori discussione) ma anche un significato filosofico… forse la stessa cosa succede con la musica napoletana: chi ama la bellezza non può non amare la melodia classica napoletana e le sue liriche poetiche. Io mi sono innamorato di Napoli. Nel 2008 ho plasmato il TangoScugnizzo (NapolINTango), un mix unico, e credo di poter dire molto originale, in cui la passione è uno dei punti di contatto tra la musica napoletana e il nostro “Gotàn”».

In questo periodo stiamo vivendo una situazione inedita a livello mondiale, l’emergenza sanitaria Covid-19 ha mutato, seppur momentaneamente, la nostra quotidianità. Tu, personalmente, come stai vivendo tutto questo?

«Potrei dire che i nuovi partigiani, in questi giorni di lotta al Coronavirus, sono dottori, infermieri e lavoratori che ancora una volta scelgono di combattere in prima linea contro un virus invasore. La parola chiave, come ho spesso ripetuto, è ancora una volta resistere. Personalmente cerco di viverlo nel modo più sereno possibile e come tutte le persone di buon senso, sto a casa (bisogna assolutamente stare a casa!). A casa sto lavorando, producendo …certo non è affatto facile perché io sono uno “dal vivo” e quando dico questo intendo che vivo della musica che faccio nelle serate, quindi potete immaginare che le preoccupazioni per la vita quotidiana non siano poche ma si va avanti, ora più che mai … Adelante!».

Che ruolo può avere la musica in questa delicata situazione?

«La musica è da sempre qualcosa d’importante, e non credo solo per me. Sono ben consapevole che di questi tempi c’è poco da cantare, ma sono dell’idea che “chi canta prega due volte”! Penso che ognuno di noi dovrebbe fare il suo nel migliore dei modi …noi cantanti e musicisti sappiamo fare “musica”, sperando che sia un veicolo portatore di speranza per tutti, per i nostri figli, per noi e per la vita!».

In autunno uscirà il tuo prossimo album di inediti, cosa puoi anticiparci a riguardo?

«Sì e sono molto felice per l’uscita del mio nuovo album. Ringrazio innanzitutto il mio produttore e amico Roy Tarrant, di questi tempi produrre un album non è poco. Sarà un album interessate composto da brani inediti in italiano scritti a quattro mani con Gaia Cipollaro (una bravissima e giovanissima artista napoletana). Ogni brano racconta una storia…ma di questo parleremo più avanti (sorride, ndr)».

Per concludere, a chi si rivolge oggi la tua musica e a chi ti piacerebbe arrivare in futuro?

«Non credo di essermi mai posto dei limiti sinceramente, faccio il musicista, racconto e interpreto storie…la mia musica si rivolge a tutti senza limiti di età. L’amore che provo nel fare ciò che faccio è così grande che credo che in qualche modo qualcosa arrivi comunque. Penso che la musica debba unire e mai separare le persone… quindi vorrei che anche in futuro la mia musica sia ascoltata da persone di ogni età. Siete tutti Bienvenidos, nessuno escluso! (sorride, ndr), poi è chiaro che ognuno ha i suoi gusti e sceglie quello che sente più nelle sue corde, scegliere è segno di libertà!».

© foto di Gino Tramontano

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Nico Donvito

Appassionato di scrittura, consumatore seriale di musica italiana e spettatore interessato di qualsiasi forma di intrattenimento. Innamorato della vita e della propria città (Milano), ma al tempo stesso viaggiatore incallito e fantasista per vocazione.
Nico Donvito
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Appassionato di scrittura, consumatore seriale di musica italiana e spettatore interessato di qualsiasi forma di intrattenimento. Innamorato della vita e della propria città (Milano), ma al tempo stesso viaggiatore incallito e fantasista per vocazione.