Disco Club Paradiso: “In musica si sta bene facendo stare bene gli altri” – INTERVISTA

A tu per tu con i Disco Club Paradiso per parlare del singolo “Tuttapposto”, fuori su tutte le piattaforme digitali per Artist First a partire dallo scorso 11 aprile

Dopo un anno di pausa dedicato ai concerti e alla creazione di nuovi brani, i Disco Club Paradiso sono tornati sulla scena musicale con il loro inconfondibile sound. Da venerdì 11 aprile, è disponibile il nuovo singolo “Tuttapposto” per Artist First.

Il brano esplora il tema dello stereotipo del provinciale, una figura che, dalla periferia, guarda alla grande città, sognando una vita diversa e cercando di cambiare il proprio destino. “Tuttapposto” racconta di un sogno fatto di piccole speranze, tra le quali emerge il desiderio di farcela nonostante le difficoltà. Ecco cosa ci hanno raccontato.

“Tuttapposto” segna il vostro ritorno dopo un anno intenso tra concerti e scrittura. Come nasce questo brano e cosa rappresenta per voi in questo momento del vostro percorso?

‭«È vero, ci siamo presi una lunga pausa. Un periodo di silenzio in cui abbiamo voluto sperimentare, cercare nuove strade. Abbiamo provato così tante cose che, come spesso accade quando si sperimenta, a un certo punto ci si può anche perdere. Fermarsi non è facile. Il brano che stiamo per condividere nasce proprio all’inizio di quel percorso di ricerca. E, paradossalmente, oggi lo sentiamo perfettamente in sintonia anche con la fine di quel viaggio. È un brano che ci riporta al punto di partenza, ma che allo stesso tempo ci fa capire perché siamo arrivati fin qui. Come un cielo che si chiude, che raccoglie tutto quello che è stato».

Il testo racconta di chi vive in provincia e guarda alla città con speranza e disincanto. Quali riflessioni e quali stati d’animo hanno accompagnato la fase di composizione?

‭«Andiamo a Milano a registrare. Ed è proprio quando ti trovi immerso in un mondo diverso dal tuo che, per contrasto, capisci meglio chi sei, o chi sei stato. Più i mondi si allontanano, più si notano le differenze. E noi abbiamo voluto giocare proprio su questo contrasto: città e provincia, due mondi lontani ma intrecciati. In questa canzone raccontiamo la provincia attraverso i ricordi, anche quelli che avevamo dimenticato. Come quando da piccoli, prima di andare a calcio, si prendeva un energy drink di nascosto, era la nostra piccola rivoluzione. Abbiamo dipinto un personaggio, come farebbe un regista con il casting. Solo che quel personaggio, alla fine, siamo noi».

Venite tutti da piccoli centri dell’Emilia, quanto ha influito la provincia sulla vostra identità musicale e personale?

‭«Nessuno di noi viene da famiglie di musicisti. La musica, il sogno, ce lo siamo andati a cercare da soli. È stata come entrare in una casa abbandonata: nessuno te lo consiglia, ma qualcosa ti spinge a farlo. E questa cosa, secondo noi, è molto da periferia. La periferia ti porta a fare cose strane, spontanee, magari anche un po’ folli. In città certe esperienze hanno un nome, un gruppo, una struttura. In provincia no: hai 14 anni, entri in una casa abbandonata e basta. Con lo stesso spirito ci siamo buttati nella musica. E forse è anche grazie alla periferia se siamo riusciti a farci notare. Non c’era molto da fare, e quando suonavamo in un bar la gente veniva, ascoltava, e spesso tornava. Ci siamo sentiti accolti. E questa connessione, questo passaparola umano, è qualcosa che nella periferia ha ancora un valore enorme».

Dal punto di vista musicale, invece, che tipo di lavoro c’è stato in studio dietro la costruzione del sound di “Tuttapposto”? 

‭«Il brano nasce da un beat che Gianmarco Grande ha creato con grande sicurezza: aveva avuto un’intuizione forte e grazie a lui abbiamo trovato subito i binari giusti: BPM, suoni, atmosfera. Da lì si è trattato di raccontare qualcosa che stesse dentro a quel beat affilato, pungente, e che potesse parlare a più generazioni. Era questo il nostro obiettivo: fare qualcosa che bucasse. La prima immagine che mi è venuta in mente è stata quella di un bambino con sua nonna davanti a L’Eredità. C’è sempre quella frase: “E se magari vinciamo?” oppure “Se ti va male quel lavoro, vai all’Eredità!”. E poi quei soldi che calano durante la ghigliottina… Per me rappresentano il dramma del sognatore, di chi sogna una vita diversa ma è costretto a giocarsela con un quiz. Da lì abbiamo sviluppato il testo insieme ad Adel, che è un autore fortissimo. Il ritornello è venuto fuori in modo molto spontaneo, e tante parti sembravano quasi scriversi da sole. Avevamo molto da dire su questo tema, e quando intuisci la direzione giusta, le parole arrivano naturalmente. Il sax era qualcosa che sapevamo doveva “rompere” tutto. È stata una canzone che, pur nella sua intensità, è nata con grande naturalezza. Un parto meraviglioso, davvero».

Avete descritto questo pezzo come un nuovo punto di inizio. In cosa sentite di essere cambiati, rispetto agli esordi o anche all’esperienza di X Factor?

‭«X Factor ha avuto un impatto molto forte su di noi, impossibile negarlo. Anzi, lo abbiamo accolto con grande gioia, perché ci ha fatto capire che la musica poteva davvero diventare un lavoro, non solo una passione. È stata una bellissima esperienza. Ma il cambiamento vero non è avvenuto tutto in un colpo. È stato graduale, un percorso fatto di fasi che hanno trasformato sia la nostra vita che il nostro modo di fare musica. Non si è trattato solo di un’evoluzione musicale, ma proprio di un cambiamento personale. E questo ha influenzato profondamente ciò che volevamo raccontare. Abbiamo iniziato a vedere la musica in un altro modo: con più consapevolezza, più strumenti, più possibilità. Prima facevamo tutto con pochissimo: una cassa per la voce, qualche strumento, e via nei bar. In quel contesto eravamo diventati bravissimi, ci muovevamo a occhi chiusi. Con i nuovi mezzi e le nuove dinamiche, invece, abbiamo dovuto imparare da capo. Renderle nostre. E oggi possiamo dire di essere cresciuti anche grazie a questo: ora riusciamo a padroneggiare anche quel mondo».

Quali elementi e quali caratteristiche vi rendono orgogliosi del vostro percorso finora?

‭«Se c’è qualcosa di cui andiamo davvero orgogliosi, sono i rapporti umani che abbiamo costruito e i momenti vissuti insieme. Siamo molto legati allo scambio con le persone, e per noi questo si concretizza soprattutto durante i live. Scrivere canzoni è una parte bellissima del percorso, ma sono i concerti quelli che ci lasciano i ricordi più forti, più vivi. È lì che tutto prende senso. Se dovessimo fare un podio delle cose più importanti, probabilmente i live sarebbero in cima, anche se un podio vero, in realtà, non esiste».

Per concludere, qual è la lezione più importante che sentite di aver appreso dalla musica fino ad oggi?

‭«Che si può stare bene facendo stare bene gli altri».

Scritto da Nico Donvito
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