domenica, Maggio 5, 2024

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“Distrattamente io, distrattamente tu!”: quell’attimo di svista nelle canzoni

Raccontiamo un tema grazie alle parole delle canzoni

Caro amico ti scrivo così mi distraggo un po’” canta Lucio Dalla, sapendo bene il potere della scrittura come mezzo per distogliere mente e cuore da un pensiero fisso che ci inchioda dentro e che, mentre ci distrae, sembra allentare la presa e abbattere anche la distanza fisica, “e siccome sei molto lontano più forte ti scriverò”.

La distrazione, letteralmente intesa, è un’assenza di pensiero dalla realtà oggettiva; riguarda ogni essere umano e può arrivare a caratterizzarlo, modificandone le relazioni. “Sono questi i vuoti d’aria Questi vuoti di felicità Queste assurde convinzioni Tutte queste distrazioni”, di Fiorella Mannoia, “a farci perdere Sono come buchi neri Questi buchi nei pensieri Si fa finta di niente Lo facciamo da sempre Ci si dimentica”, talvolta così velocemente, quanto il tempo di una distrazione.

In quanti casi la ‘svista’ di un momento si fa goccia che fa traboccare il vaso? E a cosa serve spiegare, con Brunori SAS, “ma è solo un attimo, come dire un errore di distrazione“, perché, a questo punto, ci sono soltanto due possibilità: fare autocritica, ammettendo che “questo cuore sempre attento a non fare un passo falso a non esser mai convinto di niente” ha toppato, anche se “è solo un attimo lo giuro una lieve indecisione di questo cuore di buffone servo di un solo padrone un padrone mai contento di niente”; oppure considerare il punto di vista dell’altro, come Francesca Michelin con mille  interrogative, “e non vedi che sto piangendo? Chi se ne accorge non sei tu Tu sei troppo distratto (…) Chi se ne accorge non sei tu Nel tuo sguardo distratto (…) E non vedi che sto fingendo? E non mi guardi già più Col tuo fare distratto (…) E ora vedi che sto ridendo? E chi mi guarda non sei tu Tu eri sempre distratto (…) Ora che mi sto divertendo Chi mi cerca non sei tu Tu eri troppo distratto”.

Certamente, se le distrazioni sono diverse per ognuno di noi e, volendolo dire con i Negramaro, “la distrazione Sta nelle cose Il tuo dolore Sull’orlo delle cose che io sento leggere… leggere”, altrettanto varia è la risposta alle nostre distrazioni. Così impareremo da Lucio Battisti, “ma che disperazione Nasce da una distrazione Era un gioco non era un fuoco. Non piangere salame dai capelli verde rame è solo un gioco e non un fuoco Lo sai che t’amo io ti amo veramente”; dalla ‘fortuna’ di Massimo Di Cataldo che ama “perché segui l’istinto più della ragione Perché sai perdonare ogni mia distrazione Perché sei naturale anche se stai tra la gente”; dalla consapevolezza di Elisa che “non ci siamo mai detti le parole (…) Neanche per sbaglio in silenzio La città è piena di fontane Ma non sparisce mai la sete Sarà la distrazione Sarà, sarà, sarà Che ho sempre il Sahara in bocca” e dalla rabbia di Federica Carta, guarda che non c’era bisogno di me per capire che non sai stare con te dici che sono la tua distrazione che non so prendere una decisione”.

Ma se non ho colpa io e non hai colpa tu, a chi è addebitabile la distruttiva distrazione? Ci risponde Alessandra Amoroso, con un ingenuo riferimento al trascendente nel computo delle responsabilità, certa che tu “mi amasti e ti amai anch’io E fu distrazione di un angelo Solo se quel fuoco si spense”. Diametralmente opposta, la scrittura esistenziale e matura di Vasco Rossi quando racconta che “Sally è già stata punita Per ogni sua distrazione o debolezza Per ogni candida carezza”, così vicina al vissuto di tante storie di vita.

Non vanno dimenticate anche quelle persone che vedono nuove possibilità nel cambiamento generato da una distrazione. Per esempio, Gianni Morandi “apro un libro di avventure è una nuova distrazione poi vorrei telefonare”, cioè vorrebbe mettersi di nuovo in comunicazione con una persona; o Tiziano Ferro che si chiede, con parole idealizzanti e trasformative, “dentro che succede Se il cuore ha troppa sete E fuori ti diverti ma nessuno me lo chiede Quanto è facile pensare al sole Come una distrazione Maturando il mio dolore Mi trasformo in attrazione Catturato per mia distrazione Scelta o imposizione Ripetermi con convinzione Che la vita da qui sarebbe stata migliore”.

A districare questa fitta matassa nelle dinamiche di relazione, ci viene incontro la mitica canzone scritta da Libero Bovio, “t’aggio vuluto bene a te! Tu mm’hê vuluto bene a me! Mo nun ce amammo cchiù, ma ê vvote tu, distrattamente, pienze a me!”.

E se, distrattamente, pensassi a me? Sarei disposto a cambiare per riconquistare chi amo o per semplice compiacenza?  Non ne ha la minima intenzione Ape, perché “non conta quanto piaccio Nel diario di un artista distratto (…) Il mio cuore vive in cio’ che faccio Non conta quanto piaccio Nel diario di un artista distratto”. Forse, potremmo trovarci più d’accordo con Le Mani che cantano “semplice distrazione ruba l’anima Finirò per sognare Corpi che respirano nuvole di aria In apnea decidono di lasciarti andare…via da me…Né semplice distrazione Lasciati andare e poi fermati, un posto al sicuro c’è Dentro di me.. Fiumi di distrazione fondono ogni mia Dolce immagine di te E fanno a gara come se soltanto uno finirà Per toccare il mare Come ogni mio pensiero che mi fa volare…via da te…”; e con Francesco De Gregori a dire “benvenuto raggio di sole A questa terra di terra e sassi A questi laghi bianchi come la neve Sotto i tuoi passi A questo amore, a questa distrazione A questo carnevale Dove nessuno ti vuole bene Dove nessuno ti vuole male”, anche se ci dovessimo assentare per un po’.

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Francesco Penta

Appassionato della parola in tutte le sue forme; prediligo, in particolar modo, la poesia a schema metrico libero. Strizzo l'occhio all'ironico, all'onirico e al bizzarro. Insieme alla musica sia la parola. Dopo la musica si ascolti il silenzio; da questo "vuoto sonoro" nasca un nuovo concerto.
Francesco Penta
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Appassionato della parola in tutte le sue forme; prediligo, in particolar modo, la poesia a schema metrico libero. Strizzo l'occhio all'ironico, all'onirico e al bizzarro. Insieme alla musica sia la parola. Dopo la musica si ascolti il silenzio; da questo "vuoto sonoro" nasca un nuovo concerto.