Intervista alla cantautrice che presenta il nuovo singolo
Dopo un fortunato tour live nei teatri italiani ed un viaggio importante in Kenya Dolcenera non ha perso tempo ed ha affrontato la sfida di queste settimane difficili a testa alta pubblicando Wannabe, una canzone che rimaneva nel cassetto da due anni ed in cui duetta con Laioung per celebrare il coraggio, la voglia di non arrendersi alla paura e di continuare a lottare. Ecco cosa ci ha raccontato a riguardo:
Allora Manu, intanto come stai?
<<Ho attraversato una fase iniziale in cui mi sentivo inerme e ho dovuto prendermi del tempo, due settimane circa, per riuscire a razionalizzare la cosa: non sono una di quelli che si è buttata subito sui balconi a cantare o a fare dirette sui social. Ho dovuto avere del tempo per me per riflettere>>.
Un modo inusuale di reagire a quel che si vede in giro sui social in questo periodo…
<<Si, all’inizio, infatti, mi sentivo un po’ sola in questa condizione e solo riflettendoci ho capito che non era così: ho capito che, come sempre succede, fanno sempre più scalpore le manifestazioni di slancio che quelle più interiori. Confrontandomi con gli altri ho capito che, come me, ci sono state famiglie che non sono andate sul balcone la prima settimana dell’emergenza perché dovevano pensare a come organizzare una routine familiare al limite del pericolo: chi ancora lavora, senza protezioni individuali, perché fa parte di quei settori di necessità poi è costretto a tornare a casa con la paura di infettare la famiglia. Anche questo mi ha confermato con forza la convinzione di essere una privilegiata perché parte del mio lavoro lo posso fare in casa a differenza di quelle persone che stanno vivendo dei momenti molto difficili. Mi sono sentita vicina emotivamente a queste situazioni>>.
Ed è da qui che nasce la volontà di regalare al pubblico un brano tutto nuovo come ‘Wannabe’?
<<Esatto! Quando ho iniziato a razionalizzare la situazione ho deciso di tirare fuori una canzone, ‘Wannabe’, perché è una parte reale del mio lavoro, una cosa vera non un qualche tappabuchi delle canzoni come sono le dirette sui social. Questo mi ha reso felice perché sono riuscita a donare una cosa sincera, un brano vero>>.
Ce la racconti questa canzone?
<<E’ una canzone che, seppur scritto due anni fa, rappresenta benissimo la situazione del presente e che mi piace l’averla realizzata in collaborazione con Laioung perché essere in due è diverso dall’essere da sola e poi perchè lui ha una visione del mondo, a proposito dell’abolizione delle barriere e dei confini, delle cose e degli equilibri tra uomo e natura molto simile ai miei. In un periodo di crisi il fatto di vedere l’umanità guidata da dei principi saldi rende tutti più forti>>.
Ma chi sono, dunque, questi ‘Wannabe’?
<<Sono quei personaggi che mai, e soprattutto in questi momenti particolari, vorremmo vedere sui social o nei media. Sono persone che indossano una maschera per compiacere un certo modo di fare, per sentirsi migliori di quello che sono o per galoppare una situazione>>.
Nella nostra precedente chiacchierata che avevamo realizzato all’alba della partenza del tuo ultimo tour nei teatri (qui per recuperarla) avevamo coniato insieme il termine “dolceneriani” per descrivere i tuoi pezzi. Ecco, in che cosa è dolceneriano questo ‘Wannabe’?
<<Si, ricordo ne avevamo parlato a proposito di “Un altro giorno sulla terra”, “Più forte” e “Amaremare”. Beh, “Wannabe” condivide con quei pezzi lo stesso momento d’origine. Il filo rosso, poi, è la voglia di scrivere una canzone che è sempre contestualizzata in un preciso momento storico guardando alla società che in quel momento lo caratterizza e non solo all’emotività privata. Dentro, poi, c’è anche la volontà di riuscire a trovare un insegnamento partendo dalla problematica da cui la canzone nasce: l’insegnamento in questo ‘Wannabe’ è avere coraggio, non rimanere fermi ed immobilizzati dal terrore, dalla paura. ‘Wannabe’ è un inno al coraggio di avere una mente libera, capace di osservare la realtà e di prenderne le distanze quando è necessario. Il tutto in una maniera sincera, non come fanno gli ‘Wannabe’>>.
Dal punto di vista musicale, invece, quali sono i punti di legame?
<<C’è l’utilizzo delle percussioni che derivano dalla danza forro, tipica del Brasile. E poi ci sono i fiati che in quest’ultimo periodo creativo di cui parlavamo li ho usati molto con delle frasi che risuonano abbastanza solenni>>.
Sappiamo, però, che sei anche un’artista che ricerca sempre l’innovazione e che ama le sfide musicali…
<<Sai perché lo sono?>>.
Perché?
<<Perché sono una musicista. E per me è molto importante esserlo: tutti i musicisti hanno la curiosità nei confronti degli stili musicali o delle contaminazioni. E poi ognuno di noi cambia nel corso della propria esistenza ed è giusto che la musica cambi con essa>>.
In che cosa, allora, ha quell’elemento di innovazione che da sempre tu ricerchi per le tue nuove sfide musicali questa ‘Wannabe’?
<<Dentro questo pezzo c’è l’uso di un beat hip-pop e r&b fondamentalmente. E poi c’è il recupero di una cosa che avevo già accarezzato in altri momenti ma che in ambiti musicali molto differenti e cioè il fatto che la parte armonica la fanno soltanto i cori. Nel ritornelli non ci sono strumenti: c’è la ritmica ed i fiati che fanno la frase ma l’armonia la fanno solo i cori riempiendo tutto il ritornello. Queste caratteristiche mi hanno divertito nell’arrangiamento perché è una bella sfida estremizzare in questo senso>>.
Si percepisce questo tuo godimento nel preparare un arrangiamento che, permettimi di dire, ha stupito e spiazzato tutti un’altra volta. Quanto per te è importante questa ricerca del suono? Perché l’impressione è che stia diventando sempre più importante nella tua musica…
<<E’ così perché ho un forte desiderio di essere migliore come persona, come ricercatrice e come studiosa della musica. E poi c’è una forte volontà di sentirmi differente>>.
Differente da te stessa o dagli altri?
<<Dalla me stessa di ieri. Voglio sempre essere certa di aver appreso un qualcosa in più da poter comunicare in modo popolare. Tutto parte da un desiderio di miglioramento personale, di accrescimento personale però, poi, spero sempre di essere in grado, attraverso la comunicazione diretta del testo e della melodia, di coinvolgere tutti quelli che ascoltano le mie canzoni. Sono ricerche che, a volte, sono molto complicate…>>.
In che senso?
<<Se Spotify tentasse di propormi della musica in relazioni alle mie ricerche non ci riuscirebbe e di questo sono fiera perché significa che non posso essere incasellata in niente. Il mio obiettivo, poi, è renderle popolari queste ricerche che, a volte, vanno talmente tanto nel particolare e nello sconosciuto che mi ritrovo ad ascoltare pezzi che hanno anche meno di mille ascolti>>.
Da quando hai mosso i tuoi primi passi nella musica italiana di strada ne hai fatto parecchia. Già allora eri così maniacale nella ricerca del suono oppure lo sei diventata nel corso degli anni?
<<No, diciamo che lo sono diventata dopo i primi tre dischi. Sono una persona che si butta nelle cose solo dopo averle studiate e capite. All’inizio di arrangiamenti non ne sapevo proprio nulla: io suonavo il pianoforte ma nulla di più e, quindi, facevo fare gli arrangiamenti agli altri per me ed in particolare al mio primo produttore, Lucio Fabbri. Quando ho deciso di staccarmi da lui l’ho fatto perché avevo bisogno di dare corpo a quella necessità di ricerca musicale, di un nuovo modo di lavorare che sentivo dentro di me>>.
E quindi da lì hai iniziato ad occupartene tu degli arrangiamenti?
<<Si. All’inizio, ovviamente, mi facevo aiutare da altri producer poi sono arrivata a produrmi interamente da sola. E questa cosa credo, anzi sono convinta, che condizioni totalmente anche la scrittura perché la mia è una ricerca ante-scrittura non post-scrittura delle canzoni>>.
D’altronde lo dicevamo poco fa: tutti cambiamo nel corso della vita ed è giusto che questo cambiamento si rifletta anche nella musica…
<<E’ giusto ma mi spiace solo constatare che, purtroppo, però la storia della musica non ci insegna questo se non in alcuni casi. Per i gruppi è più difficile, è vero, perché le band devono continuare a stare in quell’ordine in cui nascano perché devono essere compiacenti al rispetto dell’espressività di tutti i componenti. I cantanti solisti quando non lo fanno è perché sono degli interpreti oppure perché mettono davanti la sensazione che quando un prodotto è vincente non si cambia>>.
Per la tua carriera il palco del Festival di Sanremo è stato un trampolino di lancio fondamentale: nel 2003 hai un successo pazzesco con ‘Siamo tutti là fuori’ e da lì inizi a trovare la tua dimensione artistica anche se poi, nel corso degli anni, non sei stata così Sanremo-dipendente come spesso succede nella musica italiana. Come mai?
<<La mia storia con Sanremo è stata più breve del percorso che ho fatto fuori da lì. L’unica spiegazione che mi do è che la cosa è karmica>>.
In che senso?
<<Non sono mai stata una di quelle che ha aspirato di andare a Sanremo nemmeno prima di andarci la prima volta. In questo mestiere io mi ci sono trovata: non l’ho mai cercato spasmodicamente. E forse questo fa una certa differenza a livello di karma: se qualcuno vuole una cosa spasmodicamente allora inizia a lottare per raggiungerla tanto tempo prima di farcela. Io, invece, no. Io ho sempre puntato tutto sulla scrittura che mi rendeva una persona libera e propositiva e mai all’evento di pubblicizzazione di ciò che avevo scritto. Sono proprio fatta così: è un deficit che ho. Dentro di me, non sognandolo, non lo ottengo: è questa la verità. L’unica cosa che sogno è di scrivere canzoni>>.
Sei una delle poche, lasciatelo dire
<<Eh un po’ si, dai. C’è chi va a Sanremo anche tre anni di fila…>>.
Tu, però, hai sempre trovato tantissimi successi al Festival e altrettanti anche extra-Festival. C’è, però, una canzone che ha ottenuto meno di quello che secondo te avrebbe meritato? Sia a Sanremo che fuori…
<<Di sicuro “Ora o mai più (le cose cambiano)” che ho portato a Sanremo nel 2016. Sono arrivata molto in basso in classifica (15° ndr) ma ne ero consapevole già prima di portare il pezzo perché quella è una canzone che era caratterizzato da un linguaggio musicale basato sul blues ed il gospel e di certo l’Italia non è nota per questi due generi. E poi c’era un ritornello implosivo invece che esplosivo e anche da questo punto di vista l’Italia non è abituata a sentire quel tipo di atmosfera, soprattutto da quel palco che richiede leggermente l’urlo. Ma per me è sempre stato così per me se ben ci penso…>>.
A cosa fai riferimento?
<<Quando andai in televisione la prima volta era per ‘Destinazione Sanremo’ nel 2002 con Pippo Baudo e Claudio Cecchetto che cercavano i giovani da portare a Sanremo l’anno successivo. Io avevo proposto una canzone (s’intitolava ‘Solo tu’) che aveva una sensazione un po’ blues ed un ritornello che non esplodeva. Ero circondata da cantanti donne che, invece, proponevano un altro tipo di musicalità, più affine a quella italiana. Sono arrivata in semifinale con quel pezzo ma stavo per uscire dal programma e allora ho deciso di cambiare canzone per la finale. Ho scritto la canzone in una settimana capendo che era necessario, per quel contesto, “urlare” come facevano tutte le altre. Lo so fare anch’io, la mia era solo una scelta artistica. Quella volta ho scritto una canzone, ‘Vivo tutta la notte’ talmente italiana da far vomitare e con quella vinsi: dal rischio eliminazione alla vittoria>>.
Che ha significato per te tutto ciò?
<<E’ stato il primo scontro con la realtà. Ho capito che nei contenitori pubblici non posso fare tutto ciò che voglio anche se poi questo non mi ha impedito di seguire un istinto nel corso della mia carriera che è venuto fuori anche quando ho portato “Ora o mai più (le cose cambiano)” a Sanremo>>.
Non sei una che ama troppo la competizione…
<<Con gli altri no perché ho sempre pensato che la competizione sia verso se stessi. E’ una certezza che mi arriva fin da quando ero ragazzina con lo sport fatto a livelli agonistici>>.
E’ dovuto a questo il fatto che ti si vede raramente in TV e quasi mai in dischi altrui a far cover o celebrazioni?
<<Non lo so perché a me piacerebbe partecipare e condividere ma non lo so…>>.
Tra l’altro ho letto che stai cercando casa a Milano. E’ una scelta che va in questa direzione di ricerca di condivisione?
<<Stavo cercando casa a Milano prima che la Lombardia venisse dichiarata zona rossa. Volevo farlo perché cercavo di combattere questo karma da solitaria che c’ho. Poi non lo so come mi vedono gli altri… di sicuro come una strana>>.
Forse c’hanno un po’ paura perché sei una preparata…
<<Questo l’hai detto tu, non l’ho detto io (ride). A ‘The Voice’ Max Pezzali mi disse una cosa bellissima che non ho capito fino in fondo ma che mi ha fatto piacere sentirmi dire. Mi disse ‘sappiamo tutti che tu nell’asticella della qualità stai qui’ e mi fece un gesto come per dire che stavo in alto. Mi fece tanto piacere perché Max è una persona davvero gentile, umana e dolce. E’ una cosa che mi ha rincuorata>>.
A proposito di ‘The Voice’, hai da sempre sofferto un po’ la dimensione televisiva fin da quando facesti ‘Music Farm‘. Fare la coach in un talent ha avuto lo stesso valore oppure ha smentito questo tuo sentimento?
<<No ‘The Voice’ per me è stato totalmente l’opposto perché sono riuscita ad affrontarlo in una maniera libera: mi sono sentita libera di non stare in degli schemi di personaggio. Ho potuto mostrare anche tutta la mia parte infantile che da sempre mi ha portato a dimostrare un entusiasmo bambinesco nei confronti della musica. Devo dire che l’ho potuto fare perché ho trovato autori che non volevo per forza mantenere intatto un formalismo televisivo eccessivo>>.
Toglimi una curiosità, nell’estate del 2014 ricordo che partecipasti al Summer Festival di Canale 5 a Roma e nella diretta radiofonica con RTL 102.5 Maria de Filippi, che organizzava l’evento, si spese in una lunga serie di complimenti
<<E’ vero, mi disse che con me e con ‘Niente al mondo’ aveva imparato l’importanza degli arrangiamenti per una canzone>>.
In quell’occasione ho avuto l’impressione che potesse iniziare una sorta di corteggiamento da parte sua per un ruolo magari ad ‘Amici’. C’è mai stata questa opportunità oppure è frutto della mia fantasia?
<<Karmicamente no… comunque complimenti sai tutto (ride)>>.
L’ultima volta che ci siamo sentiti hai detto che non avevi intenzione di far uscire alcun album al momento perché questi sono gli anni dei singoli. Hai già pensato se anche quest’estate tornerai ad essere una protagonista controcorrente come hai fatto lo scorso anno con “Amaremare“?
<<Qualcosa lo stavo scrivendo non appena ero tornata da Kenya ma adesso che c’è questa situazione mi trovo ad avere ribaltate tutte le emozioni. Non so di cosa avremo bisogno quest’estate ma non perché devo scrivere qualcosa di adatto per le persone ma perché devo scriverlo in primis per me e, al momento, non so ancora dire se sento voglia di rivalsa o intimizzazione del sentimento>>.
Ilario Luisetto
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