“DoReMiCiak”, John Williams e il legame con Spielberg

Quando la musica incontra il grande schermo: alla scoperta delle colonne sonore che hanno fatto la storia del cinema. A cura di Beatrice Castoldi
Le colonne sonore non accompagnano semplicemente un film: lo raccontano, lo amplificano, lo rendono eterno. In ogni scena, c’è una nota che vibra, un tema che ritorna, una melodia che parla più delle parole. “DoReMiCiak” è la rubrica che unisce due mondi solo all’apparenza distinti: quello della musica e quello del cinema. Un incontro tra partiture e pellicole che ha fatto la storia della settima arte.
Ogni settimana, Beatrice Castoldi ci conduce dietro le quinte dei grandi capolavori sonori del cinema, tra aneddoti, recensioni e riscoperta di musiche indimenticabili. Il titolo “DoReMiCiak” si ispira alla celebre rubrica di Vincenzo Mollica, e vuole esserne in quale modo un omaggio. Perché a volte basta una sola nota per riaccendere un ricordo, una scena, un’emozione.
“DoReMiCiak”, John Williams e il legame con Spielberg
Se c’è un legame che può trasformare un film in un’esperienza indimenticabile, è quello tra un regista e il suo compositore. Alcune delle colonne sonore più iconiche del cinema non sono nate per caso, ma da collaborazioni durature e consolidate. Quando un regista e un compositore lavorano fianco a fianco per anni, si sviluppa un’intesa capace di dar vita a un’identità sonora unica, in cui musica e immagini diventano inseparabili. Una delle collaborazioni più durature e di successo nella storia del cinema è stata quella tra John Williams e Steven Spielberg.
I successi e l’acclamazione da parte della critica ottenuti da Williams per i film “Terremoto, L’inferno di cristallo” e “L’avventura del Poseidon” (per i quali ricevette nomination a due Golden Globe e due premi Oscar per la migliore colonna sonora), attirarono l’attenzione di Steven Spielberg, che nel 1974 lo chiamò a comporre le musiche del film che stava sviluppando, Sugarland Express. L’anno successivo i due collaborarono alla realizzazione del primo blockbuster estivo, considerato uno spartiacque nella storia del cinema in quanto segnò l’avvento della Nuova Hollywood: Lo squalo.
Se la prima collaborazione ottenne risultati più timidi, la seconda entrò fortemente nell’immaginario collettivo e le due note di terrore che compongono il tema de “Lo Squalo” sono riconosciute da tutti come sinonimo di pericolo e tensione. Inizialmente, Spielberg, data la semplicità della partitura, pensò che la colonna sonora proposta fosse uno scherzo, ma, da parte sua, Williams non fu da meno: di fronte alla pellicola, la sua reazione fu una grossa risata, in quanto la pressoché totale mancanza di tensione rendeva il film paragonabile a una commedia. Fu in quel momento che fornì il suo (salvifico) contributo musicale.
Spielberg non ne fu convinto, ma in seguito cambiò radicalmente idea. Nel libro “Spielberg: The First Ten Years Laurent Bouzereau” riporta il commento del regista quando ascoltò per la prima volta il lavoro di Williams: «I expected to hear something weird and melodic, tonal but eerie — perhaps something to suggest the shark underwater. And what he played me instead with two fingers on the lower keys was “Dun dun, dun dun, dun, dun, dun” … I asked him to play it again, and it suddenly seemed right. Sometimes the best ideas are the simple ones, and John had found the signature for the whole movie. Without that score, to this day, I believe the film would have been only half as successful».
Si tratta solo di due note distanti un semitono l’una dall’altra (Mi–Fa oppure Fa–Fa#). La lieve differenza di intonazione tra le due note coinvolte crea una tensione molto forte, un lieve spostamento che ondeggia da una nota all’altra in maniera sinistra e minacciosa.
Se fossero suonate contemporaneamente, si creerebbe una dissonanza molto marcata; se, invece, le note coinvolte fossero tre o più, si creerebbe un cluster, ovvero un accordo che comprende almeno tre note adiacenti in una scala (un esempio famoso di cluster nel cinema sono gli archi staccati e stridenti della scena della doccia in Psycho).
John Williams scrisse il tema per essere eseguito da una tuba, uno strumento tipicamente utilizzato per suonare note scritte in chiave di basso. Ciò nonostante, le note scritte sulla partitura de Lo squalo sono tra le più alte eseguibili da una tuba: questo dettaglio fu fortemente voluto dal maestro per creare ancor più tensione portando al limite lo strumento coinvolto. Williams creò così un leitmotiv per il feroce protagonista del film, un tema musicale ricorrente che porta lo spettatore ad associare all’ascolto di quelle due note l’avvicinamento dello squalo.
Grazie alla musica, “Lo squalo” superò i limiti tecnologici degli effetti speciali, che generarono numerosi ostacoli sia nella presenza del mostro marino che nella sua gestione sul set: infatti, gli squali meccanici creati dal dipartimento artistico non funzionavano bene come previsto. Per questo motivo Spielberg non inquadrò lo squalo per più di tre quarti del film e affidò al tema di Williams l’espressione della corporeità dell’animale: il leitmotiv ne è l’unica testimonianza tangibile. Inoltre, la cellula musicale modulata sulla regolarità del battito cardiaco, soggetto a un’accelerazione man mano che lo squalo si avvicina alla sua preda, fa in modo che lo spettatore si ritrovi, suo malgrado, a occupare una posizione ambigua e contrastante: da un lato, è un testimone privilegiato e impotente dell’aggressività crescente dell’animale; dall’altro, si fa carico della paura stessa delle vittime inconsapevoli, di cui è in grado di prevedere la morte imminente tramite il conto alla rovescia determinato dal ritmo sempre più incalzante.
L’abilità del compositore si è rivelata nell’entrare in empatia con la paura atavica dell’uomo nei confronti di animali feroci, proprio quella che Spielberg voleva evocare: ma il regista sarebbe riuscito a trasmetterla solo attraverso le immagini?