“DoReMiCiak”, John Williams il Maestro e Ludwig Göransson l’Apprendista

Quando la musica incontra il grande schermo: alla scoperta delle colonne sonore che hanno fatto la storia del cinema. A cura di Beatrice Castoldi
Le colonne sonore non accompagnano semplicemente un film: lo raccontano, lo amplificano, lo rendono eterno. In ogni scena, c’è una nota che vibra, un tema che ritorna, una melodia che parla più delle parole. “DoReMiCiak” è la rubrica che unisce due mondi solo all’apparenza distinti: quello della musica e quello del cinema. Un incontro tra partiture e pellicole che ha fatto la storia della settima arte.
Ogni settimana, Beatrice Castoldi ci conduce dietro le quinte dei grandi capolavori sonori del cinema, tra aneddoti, recensioni e riscoperta di musiche indimenticabili. Il titolo “DoReMiCiak” si ispira alla celebre rubrica di Vincenzo Mollica, e vuole esserne in quale modo un omaggio. Perché a volte basta una sola nota per riaccendere un ricordo, una scena, un’emozione.
John Williams il Maestro e Ludwig Göransson l’Apprendista
Per il debutto del franchise di Star Wars sulla piattaforma streaming Disney+ nel 2019 con un nuovo prodotto seriale, “The Mandalorian“, era necessaria una nuova figura in grado di raccogliere l’eredità del Maestro che ha definito l’immaginario sonoro della saga e, al tempo stesso, costruire un’identità nuova, capace di fondere l’epica con sonorità più intime, sperimentali e contemporanee.
Il compositore e polistrumentista Ludwig Göransson, acclamato a livello internazionale, ha assunto così il ruolo chiave di autore della colonna sonora della serie televisiva. Celebre per l’approccio innovativo alla composizione e già all’epoca vincitore di Oscar, Göransson ha portato nello show uno stile personale e riconoscibile, arricchendo la narrazione con una dimensione sonora nuova e sorprendentemente distante dal linguaggio musicale di John Williams. Il suo lavoro su “The Mandalorian” rappresenta, infatti, un notevole distacco dalla tradizione sinfonica che aveva caratterizzato i precedenti capitoli della saga, pur mantenendo un rispettoso omaggio al maestro attraverso l’uso di alcune soluzioni armoniche affini.
Göransson è stato coinvolto nel team di lavoro fin dalle prime fasi del progetto, quando i co-creatori Jon Favreau e Dave Filoni avevano già completato le sceneggiature e realizzato i concept art. Dopo aver dato uno sguardo all’universo visivo della serie e aver letto le linee narrative della prima stagione, Göransson ha iniziato a lavorare alla colonna sonora: «Volevo riconnettermi con la sensazione che provai da bambino la prima volta che vidi Star Wars. La musica, in particolare, ebbe un impatto enorme su di me – ha raccontato Göransson in un’intervista a Vanity Fair – e credo che l’unico modo per ritrovare quella sensazione fosse allontanarmi dal computer e riempire il mio studio di strumenti reali: chitarre, pianoforte, batteria, sintetizzatori anni Settanta e strumenti che potessi toccare con mano».
Proprio come il protagonista della serie, anche Göransson affronta un viaggio nel lavorare alla colonna sonora di “The Mandalorian“. È iniziato tutto con un flauto dolce basso, uno dei primi strumenti che il compositore ha imparato a suonare da bambino: con l’aggiunta di un delay e di un po’ di riverbero, è riuscito a renderlo più “futuristico” e, allo stesso tempo, a richiamare le iconiche colonne sonore degli spaghetti western firmate da Ennio Morricone. Ed è così che è stata creata la base del tema principale, un motivo in sé piuttosto semplice, costruito su due note alternanti che subiscono una modulazione al loro ritorno; a ciò si aggiungono delle percussioni molto ritmate, che ricordano il battito cardiaco.
Questa scelta musicale riesce efficacemente a catturare la solitudine esistenziale del protagonista, evocando immagini e sonorità che rimandano al selvaggio West e annunciando un cambio di rotta narrativo. “The Mandalorian” ha un approccio più maturo e disincantato, si distingue per le sue scelte estetiche deliberate, che includono ambientazioni poco illuminate, scenografie logore e decadenti e personaggi moralmente complessi: questi elementi visivi e narrativi si fondono per creare un’atmosfera che si discosta dalla patina levigata tipicamente associata al franchise cinematografico di Star Wars, comprese le sonorità sinfoniche di Williams. I suoni esitanti e riflessivi del flauto dolce basso rafforzano ulteriormente questa impostazione.
Nonostante questo cambio di tono che incoraggia il pubblico a esplorare un volto più sfaccettato e meno idealizzato della saga ambientata “in una galassia lontana lontana”, non mancano i riferimenti all’eredità musicale di Williams. Un esempio emblematico si trova nella scena culminante dell’episodio finale della seconda stagione, quando Djarin rivolge un commosso addio a Grogu, mentre la versione digitale di Luke Skywalker conduce il piccolo sensibile alla Forza verso l’addestramento Jedi: qui emerge il tema della Forza di Williams. In netto contrasto con il linguaggio sonoro scarno e misterioso utilizzato fino ad allora, Göransson decide di adottare un’orchestrazione che rimanda a quella romantica del tardo Ottocento, attraverso corni wagneriani e archi in crescendo; a ciò integra abilmente il tema principale di The Mandalorian, adattandolo per raggiungere una profondità emotiva e una risonanza sentimentale in linea con l’approccio di Williams.
Questo episodio musicale isolato testimonia la capacità della serie di integrare e al tempo stesso evolvere l’identità sonora del franchise di Star Wars. Narrazione e Tempo sono cambiati e, di conseguenza, anche la Musica: la capacità di coinvolgere lo spettatore non muta, a testimoniare la validità dei contenuti che parlano all’immaginario collettivo.