“DoReMiCiak”, La Famiglia Addams: da Vic Mizzy a Danny Elfman

DoReMiCiak

Quando la musica incontra il grande schermo: alla scoperta delle colonne sonore che hanno fatto la storia del cinema. A cura di Beatrice Castoldi

Le colonne sonore non accompagnano semplicemente un film: lo raccontano, lo amplificano, lo rendono eterno. In ogni scena, c’è una nota che vibra, un tema che ritorna, una melodia che parla più delle parole. “DoReMiCiak” è la rubrica che unisce due mondi solo all’apparenza distinti: quello della musica e quello del cinema. Un incontro tra partiture e pellicole che ha fatto la storia della settima arte.

Ogni settimana, Beatrice Castoldi ci conduce dietro le quinte dei grandi capolavori sonori del cinema, tra aneddoti, recensioni e riscoperta di musiche indimenticabili. Il titolo “DoReMiCiak” si ispira alla celebre rubrica di Vincenzo Mollica, e vuole esserne in quale modo un omaggio. Perché a volte basta una sola nota per riaccendere un ricordo, una scena, un’emozione.

La Famiglia Addams: da Vic Mizzy a Danny Elfman

L’eco di Halloween non si è ancora spento. Tra le foglie umide di novembre, risuonano ancora le note di un clavicembalo immaginario e due schiocchi di dita che aprono le porte di una casa dove la normalità è bandita. Oggi come ieri, la Famiglia Addams continua a incantarci: negli anni ‘60 con la sua ironia nera e contagiosa, ora con il lirismo inquieto della serie “Wednesday” di Tim Burton. Dalla sigla leggera e ironica di Vic Mizzy al tema orchestrale e misterioso composto da Danny Elfman, la musica diventa il filo invisibile che collega due epoche e due modi di interpretare la stranezza.

La storia del tema musicale della Famiglia Addams corre in parallelo con quella della famiglia stessa. Mentre la canzone era in fase di sviluppo, i personaggi originali dei fumetti di Charles Addams ricevettero  per la prima volta i loro iconici nomi, in vista della serie televisiva del 1964. Prima dello show, infatti, i personaggi non avevano mai avuto un nome e comparivano soltanto nelle illustrazioni pubblicate sulle pagine del New Yorker. Charles Addams introdusse per la prima volta la sua stramba famiglia nel 1938, e proprio per questo il tema musicale fu determinante nel presentare al pubblico la nuova, inquietante famiglia televisiva. 

Comporre e registrare di questa sigla comportò alcune esigenze particolari, assenti in altri brani di apertura televisivi dell’epoca. A causa del budget limitato, fu lo stesso compositore e paroliere Vic Mizzy a cantare il brano, sovra incidendo la propria voce tre volte e chiedendo all’attore di Lurch, Ted Cassidy, di recitare con la sua voce di scena alcune parole in risposta al coro, come: “neat”, “sweet” e “petite”. Gli attori principali della Famiglia vennero poi coinvolti ulteriormente per schioccare le dita a tempo con la canzone. 

L’uso del clavicembalo fu un tocco geniale: lo strumento lega, infatti, un elemento di scena — lo strumento che suona Lurch nella serie — al tema musicale. «C’è il clavicembalo, che conferisce al tema una qualità antica, quasi macabra. Ma poi aggiungi il testo, che lo rende divertente. Così ottieni la combinazione perfetta di macabro e comico. Era esattamente ciò che si adattava alla sensibilità di quello show», spiegò Mizzy in un’intervista. La marcetta ironica, costruita sul ritmo sincopato del clavicembalo e sullo schiocco di dita, introduce lo spettatore in un mondo stravagante ,ma accogliente, dove il macabro diventa puro divertimento.

58 anni dopo, Danny Elfman, insieme a Chris Bacon, ha ripreso l’iconica sigla di Mizzy per creare il tema della serie tv Wednesday, che rivede protagonista la tanto amata famiglia Addams, in particolare la figlia Mercoledì. Con la regia di Tim Burton, l’universo “addamsiano” subisce un’evoluzione radicale. Il tono si fa più cupo, gotico e introspettivo, abbandonando la risata corale per abbracciare l’inquietudine e l’ironia nera tipiche del regista. Mercoledì, qui adolescente, è al centro di un racconto di formazione ambientato tra i corridoi della Nevermore Academy, una scuola per ragazzi “fuori dal comune”. Se la serie del ’64 raccontava la bizzarria come forma di accettazione familiare e antidoto alla conformità borghese, “Wednesday” esplora invece l’alienazione individuale, l’identità e la solitudine, temi profondamente contemporanei. Anche la musica segue questa trasformazione: il celebre tema di Mizzy, leggero e orecchiabile, lascia spazio alle orchestrazioni di Elfman, più drammatiche e inquietanti, che accompagnano la crescita interiore della protagonista con un tono malinconico e misterioso. 

Il tema si apre con un clavicembalo, ma subito questi suoni vengono avvolti da archi in sordina e da un coro femminile etereo, tipicamente “elfmaniano”. Le voci non pronunciano parole: sono sospiri e vocalizzi, come un’eco proveniente da un’altra epoca. Questo coro, sospeso tra sacro e inquietante, evoca sia l’innocenza che la solitudine di Mercoledì, trasformando la sigla in un piccolo ritratto psicologico della protagonista.

A sostenere il tutto c’è una sezione d’archi serrata, nella quale emerge il violoncello (strumento che Mercoledì suona nella serie) che alterna pizzicati secchi e glissandi inquieti, mentre il clavicembalo aggiunge accenti gelidi, quasi come gocce d’inchiostro in una stanza silenziosa. Gli ottoni e le percussioni emergono solo a tratti, per sottolineare i momenti di tensione o di scoperta, così come il theremin, che richiama la classica atmosfera da Halloween. Il risultato è un equilibrio perfetto tra eleganza barocca e tensione gotica: un valzer spettrale che, pur citando l’originale, ne ribalta completamente l’intento. Dove Mizzy giocava con la leggerezza, Elfman costruisce una melanconia raffinata, un tema che accompagna Mercoledì nel suo percorso di crescita e isolamento.

La sigla diventa così più di un semplice sottofondo musicale: è una dichiarazione di poetica. Attraverso strumenti e timbri che oscillano tra il classico e l’eccentrico, Elfman restituisce a Burton il suo linguaggio più autentico, quello che unisce il fantastico al gotico, la grazia al grottesco. È come se la musica ci dicesse che il mondo di “Wednesday” non è più un teatro di gag familiari, ma un labirinto interiore, dove l’oscurità è una forma di espressione e non più una maschera da ridere.

In definitiva, la Famiglia Addams degli anni ’60 rappresentava il grottesco come commedia — un sorriso sulle nostre paure quotidiane —, mentre “Wednesday” reinterpreta quello stesso immaginario come gotico contemporaneo, dove l’oscurità diventa metafora di introspezione e autodeterminazione. Se la prima rideva della morte, la seconda ci invita a dialogare con essa.

Scritto da Beatrice Castoldi
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