giovedì 21 Novembre 2024

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Eman: “Racconto le storie di tutti ma da un punto di vista personale” – INTERVISTA

A tu per tu con l’ispirato cantautore calabrese, in uscita con il suo nuovo singolo “Tutte le volte”

Eman Tutte le volteIn attesa del suo atteso secondo progetto discografico Eman, all’anagrafe Emanuele Aceto, chiude questo suo positivo 2018 lanciando un nuovo singolo che segue il positivo riscontro ottenuto con i precedenti “Icaro” e “Milano”. Si intitola Tutte le volte” il brano arrangiato da Mattia “SKG” Masciari e Rosario “Tano” Critelli, mixato da Andrea Debernardi, che racconta la fine di una storia d’amore in maniera insolita e introspettiva, osservandolo da un’altra angolazione e donando al pezzo un punto di vista individuale e parecchio personale.

Ciao Emanuele, partiamo dal tuo nuovo singolo “Tutte le volte”, cosa hai voluto raccontare?

«La storia può sembrare apparentemente molto semplice, nel senso che è stata già raccontata un sacco di volte, ho provato a farlo in maniera più lucida, perché non è detto che, finita una storia d’amore, tutto sia da buttare, i rapporti si possono consumare senza una reale colpa da parte di uno dei due protagonisti, può capitare. Ho cercato di proseguire sulla stessa scia dei due precedenti singoli “Icaro” e “Milano”, raccontando dal punto di vista personale quelle che possono essere le storie di tutti».

“Le cose che si rompono, io non so ripararle”, penso sia la chiave di tutto il testo. In quest’epoca così frenetica e consumistica, in cui tutto va veloce, anche per quanto riguarda i sentimenti si tende a rimettere insieme i cocci, piuttosto che magari arrendersi all’evidenza di una storia ormai logora, quanto è importante lanciare un messaggio del genere?

«E’ fondamentale, questo soffermarsi a dare importanza alle cose che si vivono senza farci prendere troppo dalla frenesia, ormai è diventata quasi una moda quella di condividere i nostri attimi di felicità nelle stories dei social network che durano solo ventiquattro ore, anziché viversi appieno un momento bellissimo. Penso che quest’epoca avrebbe bisogno di una pausa, l’umanità intera dovrebbe un attimo fermarsi e le persone cercare di guardarsi attorno, riprendendosi i propri tempi. Un discorso che possiamo declinare anche per quanto riguarda la fruibilità della musica, talmente rapida e in sovrabbondanza, dopo un mese un album è già considerato vecchio e si passa a qualcosa di nuovo. Ciò che hai detto prima è vero, non si ha più voglia di riparare ciò che è vecchio, il che sottolinea anche una certa inadeguatezza, il voler sempre migliorarsi e avere alla portata di mano i prodotti di ultima generazione che ci fanno sentire più sicuri e in tendenza agli occhi degli altri».

Per raccontare questa storia, insieme al regista Mauro Lamanna, avete scelto delle immagini liberamente ispirate alla storia d’amore tra Dj Fabo e Valeria Imbrogno. Cosa avete voluto trasmettere con il videoclip?

«Sai, quando si parla alla storia di Dj Fabo l’elemento che viene messo in risalto è la morte, vale a dire l’epilogo, per quanto sia assurdo e crudele ammetterlo. L’argomento è stato trattato da tante trasmissioni e diversi approfondimenti, senza mai soffermarsi sull’aspetto più importante che a me ha colpito molto, ovvero la bellissima storia d’amore con Valeria e la vita che c’era prima. Con il regista abbiamo voluto trasmettere proprio questo, l’amore e la voglia di vivere sono il rimedio a qualsiasi forma di dolore, spesso tendiamo a trascorrere il tempo in maniera superficiale, senza renderci conto di non avere controllo sul destino, su quello che ci succederà domani, viviamo appieno il nostro presente».

“Icaro”, “Milano” e “Tutte le volte” sono i primi tre estratti dal tuo secondo disco, attualmente in lavorazione. Cosa puoi anticiparci a riguardo? 

«Abbiamo volutamente estratto questi tre brani non perché siano i più belli o i miei preferiti, ci tengo a sottolinearlo, ma per dare una sorta di dimensione musicale a quello che sarà l’album, dare un’idea rappresentativa di quello che sarà contenuto all’interno del progetto. “Amen” era un disco eclettico, partiva dal passato per arrivare al presente, raccontava la strada e il percorso che stavo intraprendendo, mentre il prossimo album sarà puramente un concept, con una storia e un protagonista che affronta dieci punti fondamentali della nostra esistenza. Con “Icaro” abbiamo parlato di fallimento, il tema di “Milano” è incentrato sulla solitudine e sul cambiamento, mentre “Tutte le volte” affronta la vita di coppia. Insomma, nella mia musica mi ispiro alla mia vita che, a sua volta, è influenzata dalle vite degli altri». 

Ok, mi è chiaro il tuo mondo, ma non possiamo non parlare di quello che c’è intorno, come valuti il livello generale dell’attuale mercato musicale?

«In fermento e in continuo cambiamento, la tecnologia ha i suoi lati positivi e negativi, come tutte le cose. A mio avviso, quello che si è perso nel mondo della musica è il senso del lavoro, il rispetto che si sta affievolendo nei confronti di qualsiasi forma d’arte: dallo scultore che ci mette quindici giorni per fare una statua bagnandosi le mani con l’acqua gelida, al pittore che ci mette un mese per dipingere il quadro giusto, fino al musicista che passa giorno e notte a scrivere. E’ lavoro, non c’è un trucco, più ci metti impegno e più il risultato sarò soddisfacente, la passione è fondamentale. Oggi come oggi si cerca la via più semplice, la scorciatoia per fare prima le cose, si pensa che con i soldi si possa fare qualsiasi cosa, ma l’ispirazione è un’altra cosa».

Secondo te, qual è il modo per risanare il settore discografico?

«Il mondo della musica deve ritornare a parlare di musica, solo così riavvicineremo il pubblico e lo riabitueremo a cibarsi di cose sane, non soltanto di street food. In passato c’era Pupo ma anche De Gregori, c’erano le canzoni impegnate di Guccini ma anche quelle più popolari di Battisti, ce n’erano per tutti i gusti. Attualmente siamo a digiuno di talento, è giusto che ci siano anche le cose più fresche e frivole, ma quella che è destinata a rimane nel tempo è la musica d’autore, lasciamo spazio alla competenza, chi ha studiato marketing non è un artista, al massimo potrà diventare un grande imprenditore, ma non si può parlare di canzoni come se si stesse parlando delle offerte di una compagnia telefonica». 

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.