A tu per tu con il giovane e talentuoso cantautore romano, fuori con il singolo intitolato “La mia terra“
“Buona fortuna“, “Cara Sofia“, “Tu sei“, “Sotto la Torre Eiffel“ e “Manchi“ sono stati i primi tasselli del nuovo percorso discografico di Emanuele Maracchioni, meglio conosciuto con lo pseudonimo di Emanuele Bianco, artista classe ’93 che abbiamo avuto il piacere di incontrare più volte nel corso degli ultimi mesi. In occasione dell’uscita del suo nuovo singolo, intitolato “La mia terra”, lo abbiamo raggiunto attraverso Skype per approfondire la conoscenza della sua ispirata visione musicale.
Ciao Emanuele, bentrovato. Partiamo da “La mia terra”, che sapore ha per te questo pezzo?
«Un sapore di rinascita, è un brano che avverto e sento come se fosse in realtà il mio primo singolo in uscita, perché è un pezzo che ho scritto pochi mesi fa, lo sento molto attuale, anche a livello di produzione. Mi soddisfa molto e rispecchia la direzione che vorrei prendere dal punto di vista artistico, oggi come oggi ho molta più chiarezza su quello che sono e su quello che voglio».
Lasciarsi andare, fidarsi totalmente della persona che si ha accanto, non è una cosa semplice, soprattuto in un’epoca come questa. In questo pezzo confermi la tua penna romantica da sognatore, c’è una frase che secondo te esprime, identifica al meglio questo pezzo?
«Forse le prime frasi, quelle che dicono: “di tutti quei traguardi da raggiungere, son pochi quelli in cui ci sono riuscito, ma solo chi si arrende veramente può ritenere di avere fallito”, oppure “quanto avrei voluto mettermi a nudo prima, perché fingerci altri quanto ci incasina”. Capita alle volte, a causa delle nostre fragilità e delle nostre bellezze, di non mostrarci pienamente per come siamo, questo ci incasina perché non ci permette di sfruttare il nostro potenziale».
Veniamo all’attualità, all’emergenza sanitaria in corso nei confronti del contenimento di questo maledetto Coronavirus, chiedendoti come stai vivendo questo momento?
«Cerco di ottimizzare un po’ il tempo perché, come dico sempre, la vita è influenzata da quello che ci capita e da come noi reagiamo, credo che lamentarsi non sia mai una soluzione. Cerco di rimanere sempre concentrato, anche nelle giornate un po’ più di down, mi sono dato degli obiettivi e cerco di perseguirli tutti».
Se dovessimo trovare un aspetto positivo in tutta questa situazione, in cosa lo individueresti?
«Ce l’ho. Guarda, io sono cresciuto in un piccolissimo paese che si chiama Marina di San Nicola, vicino Ladispoli. In questo periodo sono riuscito a riassaporare quegli odori che mi hanno riportato un sacco di ricordi. La sera quando esco in balcone sento quello stesso odore di primavera, che di solito qui a Roma non c’è. Un risvolto positivo, quindi, non può che essere la diminuzione dell’inquinamento. In più questa quarantena ci sta facendo riflettere sul bisogno di umanità».
E’ prematuro parlare di conseguenze precise, ma come pensi ne potrà uscire il settore discografico, in particolare quello del settore dal vivo, da tutto quello che sta accadendo?
«A livello live il mercato sta a pezzi, a livello digitale no, anzi l’ascolto della musica in streaming è aumentato di tanto. In questo caso credo che sia un discorso di velocità, chi si adatta prima al cambiamento è avvantaggiato, ripeto, lamentarsi non è mai una soluzione. Si dice che in tempo di guerra c’è chi piange e chi vende fazzoletti, penso che la situazione sia questa, sta a noi decidere se piangerci addosso o se trovare delle soluzioni».
Riguardo i tuoi progetti futuri, cosa bolle in pentola? Considerando tutto il casino che stiamo vivendo, immagino tu abbia in serbo tanta musica da farci ascoltare…
«Certo, ho un sacco di provini. Decidiamo di volta in volta, il disco sarebbe quasi pronto, il discorso è legato a capire quale sia il momento giusto per farlo uscire, nel frattempo lavoriamo sui singoli. L’importante è far uscire musica, soprattutto in questo periodo, ma anche a prescindere dalla quarantena credo che un album, nel mio caso il primo, debba uscire nel momento giusto».
Per citare il titolo della tua canzone: che tipo di terra intravedi all’orizzonte? Quale impatto emotivo credi che avrà questa situazione su di noi? Ne usciremo davvero migliori come dicono?
«Io lo spero, tanto. Questo è molto soggettivo, secondo me sì. Sai, la domanda che mi faccio è un’altra, perché non è tanto uscirne migliori o meno, ma quanto durerà? Perché le persone tendono a dimenticare, la storia ce lo insegna».
© foto di Alessandro Boggi
Nico Donvito
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