Energia e poesia tra i “Pianeti” di Ultimo – RECENSIONE
Uno degli album più interessanti del 2017 realizzati senza inutili schemi

Si parte da Chiave che aveva costituito anche il singolo d’esordio e che, forse, meglio di qualsiasi altro brano riesce a raccontare in modo completo l’universo musicale di questo progetto: “per le volte che ho urlato <<io mi sento diverso>> […] sono pessimista quanto basta per sentirmi solo>>. Ultimo racconta il suo sentirsi intimamente solo, consolato da quei “momenti di semplicità” che portano ad incidere “un’altra debolezza”. Quella debolezza che costantemente torna a galla nel resto del racconto fondendosi all’altro grande tema presente: l’amore. Un amore che, però, si rivela difficile, intrinsecamente doloroso e denso di rammarichi per non essere stato vissuto appieno. Il capolavoro si concentra proprio su questo scrivere “pagine e pagine” con a tema proprio questo sentimento combattuto.

Il racconto di quella lei forse reale forse no trova massima espressione nella intima Giusy in cui la ritmica serve solo per dar volume ad un arrangiamento superfluo rispetto ad un testo che, ancora una volta, è il vero asso nella manica di Ultimo che con sicurezza intona “ricorda che è dal dolore che si può ricominciare”. In Wendy la ricetta rimane pressoché la stessa ma al pianoforte si sostituisce un arrangiamento più pieno che esplode, poi, nell’inciso in cui culminano i versi sempre più frenetici delle strofe in cui si racconta la paura di “finire come loro: con il cuore sotto terra e con il sogno di un lavoro” anche perché alla fine “resterà solo il coraggio di chi infondo c’ha provato a dedicare spazio solo ai più veri sentimenti e la notte l’ha sognato di scappare via con Wendy”. Quella voglia di evadere dalla vita e dalla sensazione di essere “un punto nel vuoto” torna puntualmente anche in Mille universi in cui l’inciso ripete più volte “maledette le persone che non sanno d’esser sole e poi piangono da sole” scagliandosi in modo crudo contro chi guarda alla superficialità dimenticandosi dell’importanza dell’altro oltre che di sé.
Tra le cose più intime dell’album trovano sicuramente spazio Racconterò di te, che dimostra come sia possibile cantare con un gusto contemporaneo anche usando una bella orchestrazione e non inutili maschere artificiali risultando comunque una canzone “pesante” nella sua semantica, Sogni appesi, altro esame di coscienza incentrato sulla memoria del passato e in cui si racconta di un ragazzo che “sognavo di vivere in alto, di mostrare che ero un vincente” mentre “scappavo da tutto, quando ridevano in gruppo”, e la conclusiva Stasera, dove si affaccia un gusto blues alla Pino Daniele in cui esce allo scoperto una disperata richiesta (“resti stasera che il mondo è strano e non lo voglio incontrare stasera”).

I pianeti tra cui Niccolò gravita sono quelli della solitudine e dell’inquietudine vissute, però, con il focus più positivo possibile: quel qualcosa che permette di trasformare questo sentire in musica, in espressione pura. Ultimo canta (e lo fa bene alla faccia di chi dice che il rap non è canto) e racconta in modo sublime un mondo che guarda costantemente con gli occhi della verità e della sincerità. Uno dei migliori dischi di artisti emergenti di questo 2017 e, forse, non solo degli emergenti. Anzi, togliamo pure il forse. E’ nato un nuovo “pianeta” della nostra musica, uno di quelli che ha tutte le carte in regola per fare musica davvero.
MIGLIORI TRACCE: Sabbia – Ovunque tu sia – Sogni appesi
VOTO: 8/10