Enrico Ruggeri e l’immersione filosofica nella “Caverna di Platone”- RECENSIONE
Analisi del nuovo album di Enrico Ruggeri dal titolo “La caverna di Platone”. Un immersione filosofica che illustra la sua visione del mondo di oggi e di ciò che non c’è più
Enrico Ruggeri non snatura sé stesso in questo nuovo progetto in studio dal titolo “La caverna di Platone”. Un viaggio tra passato e presente nella visione dell’autore.
“Gli eroi del cinema muto” apre il componimento, tra ritmi soavi ed un testo dal significato profondo. “Il poeta” poi è senz’altro uno dei brani più iconici dell’album, nel senso che ne identificano la vera essenza: una critica alla società di oggi, che oscura e mette nell’oblio opinioni e visioni differenti che si discostano dalle idee che la massa vuole sentire. Un brano che scorre via veloce, ma chiaro, diretto, risolutivo.
“Il cielo di Milano” e “Zone di guerra” fluiscono via senza troppo a pretendere. Simili tra loro, tra ritmo e intenzione. Ecco poi il brano da cui prende il nome l’intero lavoro: “La caverna di Platone” è un pezzo con quelle melodie che rimandano al cantautorato anni ’90 che ha visto in Ruggeri uno dei suoi massimi esponenti.
“Il problema” dà quella scossa che fino ad ora mancava. Un ritmo leggermente più rockeggiante risveglia l’eccessivo torpore e poeticità che hanno caratterizzato i brani precedenti. Questo è un pezzo diretto, esplicito, sincero. Ecco poi “Das ist mir würst”, brano interessante per melodia e per testo, anch’esso critico e contro l’attuale sistema. Una sorta di manifesto politico di un libero pensiero in salsa Decibel.
“La bambina di Gorla” è quasi un intermezzo che ci restituisce un pizzico di riflessione in più. “Come prima più di prima”, “Cattiva compagnia” e “Le notti di pioggia” ci rimandano a quella similitudine tra suoni e intenti precedentemente riscontrati, facendo scorrere via le tracce senza particolari esigenze.
“Benvenuto a chi passa da qui” vede l’unica collaborazione presente nella raccolta, quella con suo figlio Pico Rama. Tuttavia, anche in questo caso il leitmotiv non cambia direzione. “Arrivederci addio”, neanche a farlo apposta, chiude l’opera.
Enrico Ruggeri con “La caverna di Platone” presenta qualcosa di personale. La manifestazione di un pensiero o un manifesto di idee, a tratti impopolari, ma sue e rivendicate con orgoglio e convinzione. Alcune canzoni lo fanno apertamente, altre in maniera più criptica. Un album che appare più come una liberazione personale, un urlo di ribellione a ciò che non funziona, il tutto senza alcuna velleità di compiacere il grande pubblico, bensì per rivolgersi ad un certo tipo di platea che sicuramente apprezza e porta a casa numerosi spunti su cui poter riflettere.