venerdì 6 Dicembre 2024

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Epicoco: “Vi racconto la mia filastrocca romantica” – INTERVISTA

A tu per tu con il giovane cantautore pugliese, in radio con il singolo “L’unica cosa che odio di te”

A pochi mesi di distanza dalla precedente intervista in occasione del lancio del singolo “Ricordami chi sono”, abbiamo il piacere di incontrare nuovamente Davide Epicoco, meglio conosciuto semplicemente come Epicoco. Pubblicato da Fonjka Label e distribuito da Artist First, “L’unica cosa che odio di te” è il titolo del suo secondo inedito, frutto dell’ormai rodata collaborazione con i producer Giulio Nenna e Andrea DB Debernardi, un brano scanzonato e dinamico che racconta la magia e l’incoscienza che si cela in ogni storia d’amore. In attesa di rivederlo dal vivo nell’opening del Giovani per sempre Tour di Irama, approfondiamo la conoscenza del talentuoso cantautore pugliese.

Ciao Davide, bentrovato su RecensiamoMusica. Partiamo dal tuo nuovo singolo “L’unica cosa che odio di te”, cosa rappresenta per te?

«Questo pezzo lo considero un po’ come una filastrocca romantica, lo si capisce dal ritornello, perché vuole raccontare la spensieratezza e l’incoscienza con cui affrontiamo le storie d’amore, anche e soprattutto nei momenti sbagliati, non sempre le relazioni nascono nel momento giusto. Il mood del brano è molto anni ’60, mi ci ritrovo nello spirito di quel decennio, ho ascoltato diverse composizioni di artisti dell’epoca e ho avvertito la necessità di dare questo taglio al pezzo».

Cos’hai contro chi beve il caffè? Io poi lo bevo amaro e la vita mi sorride lo stesso! Scherzi a parte, da cosa ti sei lasciato ispirare per questo verso?

«In quella frase c’è il senso della canzone, ho voluto usare questa immagine metaforica per dire che una persona la si ama anche per i suoi difetti, per le cose che ci piacciono di meno. Anche la parola “odio” è utilizzata non con la vera accezione, è un modo per esprimere l’esatto contrario e sottolineare, in realtà, tutte le altre cose che ti fanno apprezzare una determinata persona. E’ una storia vera, l’ho vissuta davvero, uno di quei rapporti intensi in cui rischi tutto e arrivi a perderti per poi rinascere con un nuova consapevolezza, in fondo credo sia questo il vero senso dell’amore».

Chi ha collaborato con te in questo brano?

«Hanno collaborato, così come il precedente singolo, i miei due produttori Andrea DB Debernardi e Giulio Nenna, è sempre bello lavorare con loro perché il nostro è un bel lavoro di squadra, si respira un’aria familiare, siamo riusciti a creare un brano adatto per me, con il giusto sound, sono davvero felice del risultato».

Cosa avete voluto comunicare attraverso il video diretto da Mario Silvestrone? 

«Lo abbiamo girato in Abruzzo, insieme al regista l’idea è stata quella di raccontare una storia d’amore vissuta e consumata in una macchina, affrontando tutte le varie fasi che due innamorati possono vivere nell’arco di un anno. Attraverso queste immagini abbiamo voluto riassumere la quotidianità di una relazione, per trasmettere ai giovani l’importanza di un amore pratico, reale, tangibile e, chissà, alle persone più grandi magari infondere un pizzico di nostalgia».

Sui social mi ha colpito un tuo pensiero nei confronti di Irama, sul fatto che a volte possono rivelarsi dei maestri anche i propri coetanei, non necessariamente persone più grandi. Come sta proseguendo il vostro sodalizio?

«L’amicizia diventa sempre più forte, il legame ancora più grande. Non posso che ringraziarlo perché mi ha dato ancora una volta la possibilità di aprire alcune sue date dal vivo, a cominciare da Bologna, poi Napoli, le due di Roma, infine Bari e Padova. Sui social ho espresso questo pensiero perché a volte si pensa che si possono imparare le cose solo dalle persone più grandi, è verissimo, ma l’esperienza non ha età, a volte si può imparare qualcosa anche da un bambino. Irama ha tanto di buono e cerco di prendere molto da lui».

Cosa pensi della sua partecipazione al Festival e della sua canzone?

«Credo che “La ragazza con il cuore di latta” sia un pezzo veramente bello, personalmente mi ha molto colpito il coro gospel inserito all’interno dell’arrangiamento, un qualcosa di innovativo che non si sente solitamente in giro. La sua capacità è proprio questa, riuscire ad intuire qualcosa di nuovo, a metterci qualcosa che ti spiazzi. Lo trovo un pezzo molto interessante, sia dal punto di vista melodico che testuale, trovo che sia uno dei brani con i contenuti migliori di questo ultimo Festival di Sanremo».

EpicocoSe il 2018 ti ha visto protagonista come autore di due canzoni di successo come “Bella e rovinata” e “Universale”, questo 2019 proseguirà unicamente all’insegna delle tue produzioni oppure ci sono in serbo altre sorprese e collaborazioni in cantiere?

«Sto scrivendo tanto, sto facendo sentire alcune cose in giro e spero di proseguire il discorso da autore. Per il momento non c’è nulla in corso, il mio desiderio è quello di concentrarmi sul mio progetto, c’è tanto lavoro da fare anche a livello di promozione, mi sto concentrando molto e non ho tantissimo tempo a disposizione, ma va benissimo così perché rappresenta tutto quello che ho sempre sognato e voglio godermi al massimo questo momento».

L’altra volta mi raccontavi che ti manca poco per conseguire il diploma al Conservatorio, come riesci a coniugare lo studio con questi molteplici impegni lavorativi? 

«Di sicuro non posso negare che, tra i concerti e il lavoro in studio, non è facile trovare il tempo di isolarsi al pianoforte, anche solo spegnendo il telefono per due ore. Ci sto provando perché credo che lo studio e la disciplina siano fondamentali, sono tornato per circa due mesi al mio Paese (Ceglie Messapica, ndr), mi sono concentrato e lì sono riuscito a ritrovare un po’ di tranquillità. Pensa che durante l’ottavo anno di Conservatorio ho studiato per tutta l’estate e non sono riuscito ad andare nemmeno una volta in spiaggia, per un pugliese che abita a pochi chilometri dal mare non è stato facile (ride, ndr). Insomma, meglio qualche uscita con gli amici in meno, se questo può servirti a raggiungere al meglio i tuoi obiettivi personali».

Quali innovazioni contiene “L’unica cosa che odio di te” rispetto al tuo precedente singolo d’esordio “Ricordami chi sono”?

«Sono due mondi diversi, lo si capisce ascoltandoli sin dai primi secondi. “L’unica cosa che odio di te” è sicuramente un brano un po’ più fresco, mentre “Ricordami chi sono” ha un contenuto più profondo e intenso. Questo nuovo singolo può sembrare all’apparenza più leggero, in realtà ha un bel messaggio da raccontare».

Quali sono i lati del tuo mestiere che ti fanno dire: “che bello il lavoro che faccio”?

«Semplicemente il fatto di pensarlo, mi capita spesso di ripeterlo sia nella mia testa che ad alta voce e trovo che sia una cosa bellissima. Sentirmi soddisfatto dopo aver scritto un brano e l’adrenalina che avverto quando salgo sul palco, sono sensazioni indescrivibili, emozioni che non si possono raccontare a parole. Alzarsi la mattina e pensare di fare un lavoro stupendo, che non cambieresti per nulla al mondo, è davvero un privilegio che non tutti possiedono».

Per concludere, cosa ti senti di dire al pubblico riguardo questo nuovo singolo? Quali sono le tue istruzioni per l’ascolto?

«Che abbiamo un po’ tutti bisogno di rilassarci, spero che questa canzone riesca a dare la giusta botta di freschezza e di tranquillità. Attraverso “L’unica cosa che odio di te” vorrei riuscire a trasmettere spensieratezza, la stessa che caratterizza un sentimento importante come l’amore, chiunque nella vita ha vissuto una storia intensa ma, al tempo stesso, leggera e divertente».

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.