A tu per tu con il giovane cantautore pugliese, al suo esordio discografico con “Ricordami chi sono”
Davide Epicoco, in arte Epicoco, è un talentuoso giovane artista che sta cercando di farsi strada sia come autore che come cantante solista, lanciando il suo primo singolo “Ricordami chi sono“, prodotto da Giulio Nenna (qui la nostra recente intervista) e Andrea DB Debernardi, e firmando ben due brani ai vertici delle classifiche radiofoniche degli ultimi mesi, “Bella e rovinata” di Irama e a “Universale” di Benji e Fede, quest’ultimo scritto insieme ad autori di esperienza come Tony Maiello, Piero Romitelli e il giovane Nicolò Restaini. In occasione di questo speciale battesimo discografico, abbiamo incontrato per voi il cantautore di Ceglie Messapica.
Ciao Davide, cominciamo da “Ricordami chi sono”, com’è nato e cosa rappresenta per te questo brano?
«È nato in un momento difficile della mia vita, in cui non riuscivo a gestire bene il rapporto con colei che amavo, un qualcosa che mi ha fatto stare davvero male, ho chiesto il suo aiuto, a lei che in assoluto era la persona che più mi voleva bene. Alla fine è sparita, non so neanche più dove sia, mi sono rialzato da solo, mi sono fatto una “doccia” di tutti gli errori, dalle paranoie tipiche di certi periodi e ho capito come credere in se stessi sia la chiave per poter reagire alla sofferenza e rimettersi in piedi».
A livello di sonorità, invece, quale veste hai voluto attribuire al brano per mettere in risalto la potenza delle parole?
«Personalmente, come scrittura mi ispiro all’indie, mentre al pop per quanto riguarda gli arrangiamenti le melodie. Ho cercato di mescolare questi due generi e creare qualcosa di personale, un ibrido che rappresenti al meglio la verità di ciò che sono oggi, sono molto soddisfatto del risultato».
Un pezzo prodotto da Giulio Nenna e Andrea DB Debernardi, com’è stato collaborare con loro?
«Devo dire bellissimo, sono due grandi produttori e hanno creduto un me sin dal primo momento, di questo non posso che ringraziarli. Hanno scommesso su di me come persona e come artista, quando trovi persone che ti danno così tanta fiducia diventa tutto molto più facile».
Cosa avete voluto trasmettere attraverso le immagini del video diretto da Lorenzo Galli?
«Il video lo abbiamo girato a Milano, l’idea era quella di amplificare il messaggio della canzone stessa, oggi come oggi è importante trasmettere un messaggio anche con le immagini. Quante volte sbagliamo nella vita e sentiamo il bisogno di ripulirci dei nostri errori? Mi faccio una doccia e aspetto che tutto passi, questo è il senso che abbiamo cercato di veicolare e sottolineare».
Suoni sia il pianoforte che la chitarra, da che parte ti schieri?
«Sarà banale dirlo ma dalla parte della musica, perché amo entrambi questi strumenti. Ho studiato pianoforte sin da bambino al Conservatorio, mentre per la chitarra ho iniziato da autodidatta, ma non riuscirei a fare una scelta, perchè entrambi mi aiutano a comporre in momenti diversi, a seconda degli stati d’animo. Certo, la chitarra è più comoda da portare in giro (ride, ndr), ma come cantava Venditti in “Notte prima degli esami”, anche un pianoforte sulla spalla non sarebbe male!».
Quali ascolti hanno accompagnato e ispirato la tua crescita?
«Ho sempre ascoltato un po’ di tutto, mi sento influenzato anche dalla musica rap, ma di sicuro i cantautori della scuola genovese e romana mi hanno formato, ad esempio Fabrizio Moro che ho ascoltato davvero un sacco. Poi, anche i vari Cremonini, Jovanotti, fino ad arrivare a De Andrè, principalmente tanta musica italiana, anche se sono cresciuto suonando in una cover band dei Beatles, ma la loro musica è senza lingua e senza tempo».
Se avessi la possibilitá di rinascere, quale decennio considereresti più vicino al tuo modo di intendere la musica?
«Ti stupirò, ma mi ritengo fortunato, perché penso che questo sia un bel momento per riuscire a fare musica, Perché stiamo sdoganando un sacco di cose, tra cui parole e tabù che prima nessuno immaginava di poter inserire in una canzone, questo è sinonimo di libertà di espressione. Mi piace molto quest’epoca ma, per quanto riguarda il passato, ti risponderei anche gli anni ‘60 e ‘70, sarebbe stato stimolante fare musica nello stesso periodo di mostri sacri come i Beatles e i Rolling Stones (sorride, ndr)».
Com’è nata “Bella e rovinata”? Raccontami un po’ l’evoluzione di questa canzone
«Ho conosciuto Irama in Salento, abbiamo voluto parlare un po’ del marcio dell’amore, di un rapporto consumato fugacemente in una macchina, perché a volte si può partire da un modo di vivere i sentimenti piuttosto discutibile per arrivare a descrivere la bellezza in maniera universale. Non sempre ciò che possiamo considerare anticonvenzionale è destinato a rimanere una storia poco importante, scrivere di tutto questo a quattro mani con una persona sensibile come Filippo è stato in assoluto un valore aggiunto».
Altro brano attualmente in rotazione radiofonica è “Universale”, com’è stato lavorare con Benji & Fede?
«Davvero bello, un altro tassello importante che si aggiunge al mio percorso. “Universale” l’abbiamo scritto insieme a Tony Maiello, Piero Romitelli e Nicolò Restaini, autori e artisti che stimo e che ringrazio per la loro fiducia. Benji & Fede, così come Irama, scrivono e compongono le proprie canzoni, questo non può che essere un valore aggiunto, la spiegazione del successo incredibile che stanno ottenendo negli ultimi anni».
Come valuti l’attuale situazione discografica del nostro Paese e il livello generale delle proposte che il mercato ci offre?
«Sicuramente il mercato attuale ha sdoganato una serie di meccanismi, questo può avere anche i suoi lati negativi. Ti dico la verità, non mi interessa tanto quello che c’è intorno, cerco di pensare a quelle che sono le mie storie, non so se riusciranno a trovare poi l’interesse del pubblico, senza seguire una corrente particolare, perchè il rischio è di risultare tra qualche mese giá fuori moda. Avere un’identità artistica è importante, esattamente come parlare di se stesso e non di cose che non si conosce».
Tra tradizione e innovazione, dove ti collochi?
«Guarda, sinceramente mi piace restare nel mezzo, perché apprezzo e ascolto sia cose del passato che generi più attuali e sperimentali. È importante rinnovarsi, ma senza distaccarsi troppo dalla tradizione, rinnegando tutto quello che c’è stato e che, in realtà, ha ispirato tantissimi artisti. La via di mezzo è spesso la scelta giusta, non sempre nella vita è necessario prendere una posizione, non è sempre tutto bianco o nero, si può tranquillamente attingere da mondi diversi per cercare la giusta ispirazione».
Quale consiglio ti senti di dare ai ragazzi che desiderano intraprendere il tuo stesso percorso?
«Ho un’idea ben precisa su questo aspetto che, personalmente, mi ha aiutato in tutto il mio percorso di crescita: la cosa fondamentale è la voglia, la passione che ci spinge a prendere determinate scelte, è un discorso generale che esula dalla musica, bisogna sempre dare il massimo in ogni ambito. L’impegno è alla base di qualsiasi riuscita, non bisogna concentrarsi su cose futili, proprio come canto in un mio pezzo che si chiama “Ho voglia”. Questo è il consiglio che mi sento di dare ai ragazzi».
Per concludere, quale messaggio vorresti trasmettere al pubblico attraverso la tua musica?
«Nelle canzoni che scrivo parlo di me, con la speranza di essere compreso da chi mi ascolta. Viviamo in un contesto storico non facile, ci sono molte cose che funzionano come dovrebbero, il mio è un messaggio di speranza, ciò che ho voluto trasmettere in “Ricordami chi sono” è proprio l’amore nei confronti di se stessi. Spero di arrivare alla gente, questo mi basta e mi fa stare bene».
Nico Donvito
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