venerdì 22 Novembre 2024

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ESC: “La mia musica? Energia e una grande esigenza comunicativa” – INTERVISTA

A tu per tu con il cantautore romano, in uscita con il suo album d’esordio intitolato “Argonauta

Si intitola “Argonauta” il disco zero di Francesco Botti, meglio conosciuto con lo pseudonimo di ESC, fuori dallo scorso 22 maggio. Dieci tracce in scaletta che mettono in risalto la verve artistica del cantautore romano, perfettamente a suo agio in una veste musicale a metà tra la tradizionale forma canzone e sonorità elettriche, ipnotiche e attuali. Approfondiamo la sua conoscenza.

Ciao Francesco, benvenuto. Partiamo dal tuo disco d’esordio intitolato “Argonauta”, quali stati d’animo hai voluto fotografare in quello che, di fatto, è il tuo biglietto da visita musicale?

«”Argonauta” è uscito di getto, ma si era sviluppato dentro di me a poco a poco. Ci sono dentro varie sfumature di quello che sono. Ci sono energia e una grande esigenza comunicativa, intrecciate al romanticismo e alla malinconia».

Cosa hai deciso di raccontare a livello testuale e quali sonorità hai scelto di abbracciare?

«Ho voluto raccontare dei percorsi emotivi, mentali o vere e proprie storie con un sincero senso di leggerezza. L’ambizione è di proporre immagini, ma anche ragionamenti, che nascano nella quotidianità senza morire in essa. Le canzoni sono nate chitarra e voce e abbiamo lavorato nella direzione di un disco pop, che unisse elementi tradizionali e suoni elettronici».

Chi ha collaborato con te in questo progetto? Parlaci del tuo team di lavoro

«Il disco l’ho prodotto con Alberto Paderni, che è stato un punto di riferimento durante tutto il lavoro. Antonio Pagano è stato di grande supporto in questa prima fase di ricerca del suono, anche contribuendo alla produzione di alcuni dei brani. Prisca Maizzi è stata altrettanto importate come supporto nella produzione visiva, in particolare dei videoclip». 

Che ruolo gioca la musica nel tuo quotidiano?

«Ne occupa una fetta molto consistente. Che sia un sottofondo, un ascolto in cui mi immergo, o un momento creativo».

Da fruitore, invece, ascolti di tutto oppure tendi a cibarti di un genere in particolare?

«Sono abbastanza onnivoro come ascoltatore, sia per curiosità sia perché ho capito quanto siano diverse le cose che mi colpiscono o mi ispirano».

A cosa si deve la scelta del tuo nome d’arte?

«Il nome è nato dopo una festa. Avevo scritto il mio nome su un bicchiere, e il giorno dopo erano rimaste solo queste tre lettere. Mi ha colpito da subito, e pensando al tasto Esc della tastiera ho riconosciuto un simbolo della mia storia». 

Venendo all’emergenza sanitaria Covid-19 ancora in corso, personalmente, come stai affrontando questa delicata e inedita situazione?

«Alla fine di questo primo disco ho tanti spunti di riflessione e questo periodo ne ha offerti altrettanti. È stato un modo imprevisto di iniziare una nuova fase di ricerca, imparare cose nuove e connettermi con le persone!».

A livello discografico, sono stati fatti un sacco di appelli in favore di tutta la categoria, alcune parole sono state anche travisate. Come pensi ne uscirà l’industria musicale da tutto questo?   

«Per quanto riguarda la musica dal vivo rischiamo di perdere realtà importanti che vanno salvaguardate, se aggiungiamo lo stato dei lavoratori del settore il quadro non è confortante. A livello discografico è difficile fare previsioni precise, ma sul lungo periodo non mi aspetto un grosso riassetto organizzativo quanto piuttosto delle conseguenze in termini di scelte artistiche, che alzino l’asticella».

Per concludere, a chi si rivolge oggi la tua musica e a chi ti piacerebbe arrivare in futuro?

«Non ho in mente una categoria di persone a cui mi rivolgo quando scrivo. Mi piace scrivere delle persone, delle loro storie e dei loro contrasti. È alle persone che la mia musica si rivolge, senza distinzioni, e ad oggi credo sarà sempre così».

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.