venerdì 22 Novembre 2024

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Essere o non esserci: perchè ci manca Neffa

Analisi sul percorso del raffinato e camaleontico musicista, un talento che non si può dimenticare

Ci sono artisti che non reggono la pressione e i repentini cambiamenti di mercato, che si defilano lasciando un grande vuoto artistico all’interno del panorama musicale italiano. Tra questi c’è in primis Giovanni Pellino, meglio conosciuto come Neffa, lui le mode non le ha mai cavalcate, semmai anticipate. Un artista troppo sottovalutato, spesso e volentieri anche copiato, assente dalle scene da oltre cinque anni, dalla sua ultima partecipazione sanremese con Sogni e nostalgia, canzone mal compresa, che se l’avesse cantata uno come Celentano avremmo tutti gridato al miracolo.

Il suo ultimo lavoro Resistenza non è soltanto un grande album, bensì l’ennesima evoluzione di un cantautore geniale, raffinato e camaleontico, che ha saputo contaminare la sua natura colta rendendola comprensibile al pubblico mainstream, sempre più orfano di proposte ricercate e originali. Un musicista versatile, che ha cominciato come batterista in diversi gruppi hardcore punk, quando ancora si faceva chiamare Jeff Pellino, per poi adottare come pseudonimo il cognome di un calciatore paraguaiano in forza alla Cremonese nei primi anni ’90, l’attaccante Gustavo Neffa.

Avvicinatosi al freestyle, ha cominciato sin da giovanissimo a sperimentare e destreggiarsi tra i generi, muovendosi nella scena underground con i Sangue Misto, fino ad arrivare al fortunato 1996, anno in cui pubblica il singoloAspettando il sole, che anticipa il suo primo album “Neffa & i messaggeri della dopa”. Ma lui schiavo delle etichette non lo è mai stato e, dopo essere diventato nel giro di pochi anni uno dei precursori dell’hip hop nazionale, decide di voltare pagina e inseguire la propria ispirazione da uomo libero. Ci riesce gradualmente, alternando varie fasi artistiche, a cominciare dal 2001 con l’uscita de La mia signorina, che ottiene un ottimo successo in radio, divenendo il pezzo più richiesto dell’anno.

Due estati dopo bissa con Prima di andare via, seguito dai positivi riscontri dei successivi estratti Quando finisce così, Come mai e Lady. Sanremo bussa alla sua porta e nel 2004 debutta sul palco dell’Ariston con la swing-ballad Le ore piccole, una piccola gemma. Quelli successivi sono gli anni della conferma, grazie a Il mondo nuovo, Cambierà, Passione e Lontano dal tuo sole, pezzi che lo consacrano a livello nazional popolare. Nel 2010 fonda insieme a J-Ax il duo dei Due di Picche, pubblicando l’album “C’eravamo tanto odiati”, per poi tornare da solista tre anni dopo con l’ennesimo disco di successo intitolato Molto calmo, spinto dall’omonimo singolo, ma soprattutto da Dove sei, uno dei brani più belli degli ultimi vent’anni, inciso anche in coppia con Ghemon.

Ecco, un percorso simile al suo lo ha fatto proprio Ghemon, passando dal rap al pop, riuscendo a risultare credibile in entrambe le vesti. Pensandoci bene mi viene in mente qualche assonanza anche con Livio Cori, la loro è una stima reciproca (come ci ha raccontato lui stesso in una recente intervista). A dirla tutta però, Neffa è un artista che non ha e non avrà mai eredi, proprio perchè è unico, lui stesso non si è mai ispirato a nessuno, ha sempre cercato dentro di sé nuove soluzioni, nuovi approcci e nuovi linguaggi sonori, rifiutando le convenzioni, reinventandosi all’occorrenza.

Oggi ci manca Giovanni, l’artista e non il personaggio, colui che è stato in grado di sdoganare e di mescolare le carte in tavola. Non si tratta solo di essersi cancellato dai social, di essere “sparito” come direbbero molti, questa può anche essere una scelta condivisibile, ma la sua musica manca a chi è cresciuto con le sue canzoni e, sono sicuro, che sarebbe apprezzata anche dalle nuove generazioni, considerata l’estrema contemporaneità di tutte le sue opere. Non a caso, negli ultimi tempi si è dedicato prevalentemente alla produzione, lavorando con Rocco Hunt e con Elodie, due artisti che incarnano i gusti dei giovanissimi.

Sapete, è brutto cercare nel web notizie su di lui e imbattersi in una serie di articolacci tipo “Che fine ha fatto Neffa?”, ecco, vorrei distanziarmi da quel tipo di informazione. Questo mio articolo vuole essere una riflessione, ma soprattutto un sentito omaggio verso un artista che, ripeto, è stato sempre troppo sottovalutato. C’è un gruppo su Facebook, che si chiama semplicemente “Neffa” e che vanta 2285 iscritti, persone che continuano ad ascoltare la sua musica, senza domandarsi che fine abbia fatto, ma che si limitano piuttosto ad invocare un suo ritorno.

“Per me è un grandissimo artista, ascolto e riascolto tante volte molte delle sue canzoni. Spero esca presto un suo nuovo album”, “Ti seguo da quando ho 14 anni, sei una leggenda”, “Neffa non manca solo dai social, che sarebbe il meno, manca dalla musica”, questo il tenore di alcuni messaggi scritti dagli utenti. Insomma… Giovanni ci manca, manca individualmente, ma soprattutto ad un mondo musicale sempre più pigro e poco coraggioso, che non osa e che non va oltre i soliti schemi. Ecco, ci manca la sua imprevedibilità.

Qualsiasi motivazione sia alla base di questa sua momentanea decisione, non si può che rispettarla, ma è anche giusto parlare della sua musica, divulgarla, continuare ad ascoltarla, in due parole: mantenerla viva“Che vuoi che sia se poi il mondo mi scorderà”, cantava qualche anno fa in Sigarette. Beh, qualsiasi saranno le sue scelte in futuro, per molti non sarà di certo così. Qui c’è gente che continua ad aspettare questo benedetto sole e, in questo strano e disgraziato tempo, un bel raggio di luce potrebbe essere rappresentato dal suo ritorno.

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.