Fabrizio Moro: “La musica ha un potere curativo per chi sa accoglierla” – INTERVISTA
A tu per tu con Fabrizio Moro, che si racconta in occasione dell’uscita del nuovo album “Non ho paura di niente”. La nostra intervista al popolare cantautore romano
A distanza di due anni e mezzo dall’ultimo progetto discografico, Fabrizio Moro torna con “Non ho paura di niente” (BMG), il suo decimo album in studio, disponibile dal 14 novembre in CD, vinile e nella speciale edizione deluxe green petrol numerata e limitata. Un ritorno intenso e pieno di verità, in cui il cantautore romano mette ancora una volta al centro l’essenza della propria scrittura: l’urgenza di raccontarsi senza filtri, con cuore e fegato.
Il disco, anticipato dai brani “In un mondo di stronzi” e dalla title track, contiene nove nuove canzoni prodotte da Katoo, dove l’introspezione si intreccia con una visione collettiva, fatta di rabbia, amore, libertà e resistenza. Un lavoro nato da un momento di disagio, come lo stesso artista ha raccontato, ma trasformato in un atto di rinascita: «Oggi viviamo tutto di fretta, anche la musica. Io ho scelto di fermarmi, di fare un disco con calma, mettendoci dentro tutto me stesso».
In questa intervista, Fabrizio Moro ripercorre la genesi del nuovo progetto, parla della sua necessità di libertà creativa, del rapporto con il cinema e del potere salvifico della musica, fino a riflettere sui suoi venticinque anni di carriera, un traguardo che celebra con la consapevolezza di chi ha imparato a non avere paura di niente.
Fabrizio Moro presenta il nuovo disco “Non ho paura di niente”, l’intervista
Hai raccontato che questo album è stato “sofferto”. In cosa è stato più difficile rispetto ai precedenti?
«È stato complicato perché vivo tutto con grande intensità e ho sempre paura di perdere la vena creativa. Dopo il post-Covid ho impiegato più tempo a sbloccarmi: ho scritto oltre quaranta canzoni e ne ho scelte nove. “Non ho paura di niente” è stato il brano-chiave che ha acceso la fase creativa. Finita la produzione mi sono sentito più libero e leggero, ma per arrivarci ho passato notti in bianco, chiuso su parole, rime e arrangiamenti».
Questo disagio nei confronti del sistema musicale ti ha spinto a dettare tempi e regole. È questo l’aspetto che più ti rende soddisfatto o ce ne sono altri?
«Oggi per chi ha tra i 40 e i 50 anni è dura: siamo in mezzo tra un sistema analogico e il digitale che macina numeri a velocità supersonica. La svolta è stata smettere di rincorrere mode e classifiche e tornare a fare le cose a modo mio, con i miei tempi. Non è coraggio: è stabilità mentale. Così lavoro meglio e sto bene, anche se significa far uscire un disco tra quattro anni invece che tra uno».
Nel brano che dà il titolo al disco racconti la voglia di liberarsi dalle dipendenze, di qualsiasi tipo. Arrivare a dire “non ho paura di niente” che traguardo è?
«È una meta che arriva a fasi: ci sono momenti in cui mi sento invincibile e altri in cui ho paura di tutto. Dentro di noi convivono coraggio e fragilità. Ho scritto la canzone quando ho sentito il bisogno di riprendere in mano ciò che avevo lasciato indietro in un periodo difficile. Dopo il post-Covid è scattata la reazione, lo spirito di sopravvivenza: da lì mi sono sentito di nuovo forte».
In “Simone spaccia” torni a costruire personaggi come uno sceneggiatore e a dirigerli come un regista. Quanto hanno influito le pellicole “Ghiaccio” e “Martedì e venerdì” sul tuo modo di raccontare?
«Il cinema mi ha salvato nel periodo in cui non si poteva suonare: scrivere quelle sceneggiature mi ha tenuto in piedi. Da lì sono nati anche spunti musicali che hanno alimentato varie canzoni del disco. “Simone spaccia” non nasce direttamente da quei film, ma quell’esperienza ha affinato la mia capacità di entrare nei personaggi e nel contesto in cui vivono».
La musica trasforma un gesto personale in qualcosa di universale. A te, da ascoltatore, è capitato che una canzone, un disco o un artista ti “salvasse”?
«Sì. La musica ha un potere curativo per chi sa accoglierla. Sono cresciuto coi cantautori e poi con rock e punk: da Vasco a Rino Gaetano, da Venditti in poi. Ci sono brani che ancora oggi non riesco ad ascoltare per quanto mi hanno scosso l’anima in modo positivo».
Il 2 maggio tornerai live al Palazzo dello Sport di Roma: quali pezzi nuovi non vedi l’ora di cantare?
«Tutti. Mancavo da un po’ con materiale inedito e non vedo l’ora di portare l’album intero sul palco. Sarà il momento più bello».
Per concludere, quest’anno celebri venticinque anni di carriera: qual è il bilancio personale?
«Positivo. Faccio la vita che sognavo a dodici anni: essere musicista e cantautore. Al di là degli alti e bassi, mi sento un uomo fortunato grazie a una forza potentissima che è la musica».