A tu per tu con il tenore romano classe ’87, in uscita con il nuovo singolo intitolato “Ho bisogno di credere“
Un progetto nudo, pianoforte e voce. Lo definisce così questo nuovo lavoro Federico Paciotti, artista che abbiamo avuto modo di conoscere con i Gazosa, ma che ha saputo reinventarsi approfondendo studi classici, cambiando rotta, seguendo la propria indole. “Ho bisogno di credere” è il titolo del singolo che anticipa il suo nuovo progetto discografico “Pensieri leggeri”, la cui uscita è prevista entro l’anno.
Ciao Federico, benvenuto. Partiamo da “Ho bisogno di credere”, com’è nato?
«E’ nato da una mia poesia, un testo che parla dell’importanza della fede nella vita di tutti noi, non necessariamente intesa soltanto in ambito religioso, bensì a 360 gradi. Poi, successivamente, il Maestro Claudio Dall’Albero ha musicato il tutto. E’ un’aria classica, l’idea è quella di realizzare un progetto discografico di arie classiche inedite».
Infatti, il brano anticipa il tuo nuovo album “Pensieri leggeri”, cosa dobbiamo aspettarci a riguardo?
«Ho voluto realizzare un album nudo, pianoforte e voce. Dopo il successo del mio precedente disco crossover, che spaziava tra l’orchestra sinfonica e le sonorità rock alla Queen, ho ricevuto diversi inviti a realizzare delle opere classiche. La volontà era quella di tirare fuori la mia natura, attraverso un album di arie inedite».
Facciamo un breve salto indietro nel tempo, come e quando hai scoperto la tua passione per la musica?
«Con mia nonna ascoltavo l’opera sin da piccolo, ero molto trasportato da queste grandi storie e dai grandi interpreti, come Maria Callas, Luciano Pavarotti, Giuseppe Di Stefano e Placido Domingo. Crescendo ho maturato la voglia di provare a vedere se la mia vocalità potesse essere giusta per un certo tipo di repertorio. Conclusa l’esperienza con i Gazosa, ho fatto un casting per un kolossal teatrale, lì ho capito che potevo approfondire la strada e provare a diventare un tenore. Mi sono iscritto al Conservatorio e ho coronato lo studio classico».
A soli tredici anni fai il tuo debutto nel mondo della musica con i Gazosa, che ricordo hai di quell’esperienza?
«E’ stata un’esperienza bellissima che mi ha formato molto a livello professionale, perchè trovarti a calcare a quell’età palchi importanti come Sanremo o il Festivalbar, riuscire a fare concerti con 30.000 paganti, ti da comunque tanto. Quando sei più piccolo la vivi in maniera piuttosto incosciente, non senti la pressione che evolvendo cresce insieme a te. Quell’incoscienza ti aiuta a mantenere una calma e una freddezza, ma senza distaccarti dall’adrenalina e dall’emozione del palco».
Come si è evoluto nel tempo il tuo rapporto con Caterina Caselli?
«Caterina è sempre stata per me un punto di riferimento, prima di ragionare come discografica, lei ragiona come artista, essendo stata in primis una cantante di successo. Non è una cosa da poco, perchè capisce ciò che sono i problemi e le criticità, quindi penso che sia davvero un grande privilegio poter lavorare con chi conosce sia il dietro che il davanti le quinte».
Per concludere, qual è la lezione più importante che senti di aver imparato dalla musica sino ad oggi?
«Il duro lavoro ripaga sempre. Archiviata l’esperienza dei Gazosa, non ho certo scelto la strada più facile, in tanti mi avevano proposto di continuare a fare pop, perchè comunque avevo un viso conosciuto ed ero molto esposto mediaticamente. Però, secondo me nella vita devi scegliere quello che vuoi realmente fare, anche se la strada può sembrare più ripida. Mi sono messo a studiare, chiudendomi nelle aule del Conservatorio dalla mattina alla sera, ma devo dirti che lo rifarei subito, perchè alla fine l’impegno ripaga sempre. Penso che non serva a nulla rincorrere le mode, è più importante seguire se stessi, crearsi un proprio pubblico, la sincerità aiuta ad essere credibili».
Nico Donvito
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