A tu per tu con il giovane cantautore e producer veronese, in uscita con suo album d’esordio “MALE DAVVERO”
A un anno di distanza dalla nostra precedente intervista, ritroviamo con piacere Federico Secondomè, songwriter e producer classe ’95 che vanta collaborazioni con diversi artisti della scena nazionale. “Si intitola “MALE DAVVERO“ il progetto che segna il suo debutto discografico, in uscita il 6 giugno per IIME e distribuito da ADA Music Italy.
Ciao Federico, bentrovato. Partiamo dal tuo album d’esordio “MALE DAVVERO”, quali elementi e quali caratteristiche ti rendono orgoglioso di questo tuo biglietto da visita discografico?
«”MALE DAVVERO” non è che un primo passo nell’eterogeneità del mio percorso, ma al contempo si presenta come un pacchetto unico, integro. Mi rendono orgoglioso le scelte sonore che ho fatto, le parole vere che ho detto, le produzioni mirate ed originali che accompagnano ogni canzone».
C’è un qualche filo conduttore narrativo che, secondo te, lega le tracce in scaletta?
«Certo, sicuramente il senso di colpa. Quando non sai come uscirne e di professione scrivi musica, non puoi che scriverne altra, tanta. Il senso di colpa ha accompagnato ognuna di queste canzoni e ne è parte integrante».
A livello musicale, che tipo di lavoro c’è stato in studio dietro la ricerca del sound?
«In studio ho lavorato principalmente con Keith Rich, produttore emergente di Verona che suona con me da anni. Abbiamo deciso di cercare suoni organici e anche quando producevo da solo i miei brani, le scelte cadevano sempre su suoni concreti e caldi. Il tutto accompagnato da una buona dose di musica elettronica, nostra grande passione».
Quali skills pensi di aver acquisito attraverso la tua esperienza autorale? Gli stessi che poi si sono rilevati utili nella lavorazione di questo progetto
«Credo di essere riuscito a mantenere sempre piuttosto separati il me “autore” ed il me “artista”. Si rispettano, ma quando entro in studio in veste di autore sono più calcolatore, più a fuoco. Quello che sentite nell’album, invece, è solo il me “artista”, a parte alcune eccezioni dove ho fatto entrare il me “autore” per mettere in ordine le cose».
Cosa pensi di aver imparato, invece, durante la composizione di questo album?
«Che il senso di colpa fa male davvero e che ad ogni azione sbagliata corrisponde una reazione contraria e di doppio valore».
Per concludere, qual è la lezione più importante che senti di aver appreso dalla musica fino ad oggi?
«Noi non possiamo capire bene cosa sia la musica, ma possiamo valutare bene gli effetti che ha su di noi. La musica mi ha insegnato a parlare con me stesso nei momenti dove non volevo saperne, è qualcosa di utile come auto-terapia. È un mezzo, un veicolo, puoi trasportarci le informazioni che vuoi».
Nico Donvito
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