Fiorella Mannoia: “Siamo un po’ tutti orfani di un certo cantautorato” – INTERVISTA

Fiorella Mannoia

A tu per tu con Fiorella Mannoia in occasione del nuovo progetto live di Fiorella Mannoia “Fiorella Canta Fabrizio e Ivano: Anime Salve”. L’intervista alla popolare interprete roma

Sarà Genova, città simbolo del grande cantautorato italiano e culla artistica di Fabrizio De André e Ivano Fossati, ad accendere il prossimo giugno i riflettori su “Fiorella canta Fabrizio e Ivano: Anime Salve”, il nuovo progetto live con cui Fiorella Mannoia rende omaggio ai due Maestri che più hanno segnato la sua storia artistica e personale. Un tributo speciale che celebra i trent’anni di “Anime salve“, l’ultimo testamento creativo di Faber, scritto insieme a Fossati e pubblicato nel 1996, divenuto negli anni un album di culto e Targa Tenco.

Il viaggio musicale di Fiorella Mannoia attraverserà alcuni dei brani più intensi del disco, le canzoni di De André e Fossati che già fanno parte del suo repertorio e nuovi arrangiamenti inediti di capolavori senza tempo, con l’obiettivo di rinnovare e custodire la memoria di due autori che hanno lasciato un segno indelebile in intere generazioni. Il tour, al via il 27 giugno 2026 dall’Arena del Mare di Genova, proseguirà poi nelle principali arene e piazze italiane in un’estate che si annuncia carica di emozione.

In questa intervista, Fiorella Mannoia racconta il senso profondo di “Anime salve“, la potenza narrativa di brani come “Princesa”, il valore della memoria artistica e il legame con compagni di viaggio che non ci sono più, come Ornella Vanoni. Una conversazione sincera, intensa e ricca di riflessioni sull’eredità di un cantautorato che non ha mai smesso di parlare al presente.

Fiorella Mannoia racconta “Anime salve”, l’intervista

Nel 2026 debutterà il tuo nuovo progetto live dedicato ai 30 anni di Anime salve, un omaggio a Ivano Fossati e Fabrizio De André. Quando e come hai capito che era arrivato il momento di riportare in luce questi due artisti?

«Le ricorrenze sono sempre un pretesto. Quale occasione migliore di questa per poter omaggiare due artisti che ho cantato tanto nel corso della mia vita, che hanno contribuito alla mia formazione artistica e anche umana? Quello è un disco scritto a quattro mani da Fabrizio De André e Ivano Fossati, e i trent’anni di “Anime salve” mi consentivano di cantare le loro canzoni, di farle riascoltare. Io dico sempre che nuoto in un mare che conosco, perché con Ivano c’è stata una lunga collaborazione nei miei anni di carriera, e lo stesso con Fabrizio. A parte averlo conosciuto… ho sempre cantato le sue canzoni, perché come quelle di Ivano sono sempre spunti di riflessione sull’animo umano e sulla realtà che ci circonda».

Il disco si concentra sulle storie degli ultimi, sugli emarginati. Cosa rappresenta per te oggi Anime salve? In cosa lo ritieni ancora attuale?

«A risentirlo oggi, con orecchie diverse e in un’epoca diversa, mi sono resa conto dell’attualità di quelle canzoni, dei temi raccontati: a cominciare dalla solitudine, proprio dall’elogio della solitudine come scelta, come momento di riflessione su noi stessi. In questi ultimi anni frenetici, con i social, siamo sempre attaccati al telefonino: non c’è più un momento di meditazione. A volte è necessario trovarci soli con noi stessi, fare i bilanci della vita, su ciò che siamo stati e su ciò che saremo, sul senso della nostra esistenza. Sono argomenti difficili da trattare oggi».

Un esempio emblematico è “Princesa”, che trent’anni fa parlava di identità. Cosa significa interpretarla oggi?

«”Princesa” è la storia vera di Fernando, Fernandinho, che non si riconosceva nel suo corpo e aveva cominciato un percorso di transizione. Sottolinea anche la sofferenza di questa scelta, la sofferenza fisica, e ci invita a riflettere sul facile giudizio che oggi diamo verso chi intraprende questo percorso. La gente dovrebbe riflettere di più, invece di esprimere giudizi. “Princesa” ci rimette davanti a questa riflessione: riflettiamo prima di parlare».

In scaletta canterai altre canzoni di De André e Fossati. Hai detto che interpretarle è un dovere e serve a mantenere viva la memoria. Cosa dovrebbero riscoprire le nuove generazioni da quel cantautorato?

«Oggi ne sentiamo la mancanza. Siamo un po’ tutti orfani di quel tipo di cantautorato, perché la mia generazione ci è cresciuta. La mia formazione, se oggi sono quella che sono, è anche grazie alle riflessioni nate da quelle canzoni che parlavano di guerra, di transgender, di tutti i temi di cui questi autori hanno parlato. Soprattutto Fabrizio, essendo più grande di me, è arrivato prima della scoperta di Ivano Fossati: io a 14 anni ho scoperto prima De André. Come è successo a me, spero possa succedere anche a qualcuno più giovane. Se un ragazzo o una ragazza si fermasse a riflettere su quelle canzoni, io credo di aver fatto il mio dovere».

Per concludere, vorrei ricordare con te Ornella Vanoni, che ci ha lasciato da poco. In comune avete molto: entrambe avete unito la canzone d’autore e la canzone popolare. Vi siete mai confrontate su questi temi?

«Ci siamo trovate tante volte a ragionare. Ornella mi telefonava spesso: alcune conversazioni duravano parecchio, altre finivano subito. A volte diceva: “Senti, ma che ne pensi?”, e se io rispondevo solo “eh sì, ho sentito”, lei: “Ah, grazie, ciao” e riattaccava! Altre volte invece si dilungava. Ci sentivamo spesso al telefono e quasi sempre ci divertivamo a raccontarci le nostre esperienze e la nostra visione del mondo. Non abbiamo mai parlato di ‘noi’, però io so benissimo che la prima a entrare nel mondo della musica brasiliana è stata Ornella, strada che poi anch’io ho ripercorso a modo mio. Per me è sempre stata un punto di riferimento».

Scritto da Nico Donvito
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