I Fitzcataldo sono una band milanese salita alla ribalta nel 2014 con il loro album d’esordio “Fitzcataldo & The Trivettes” che ha riscosso molto successo nella critica specializzata e non solo. Il gruppo, formato da Lorenzo Galbiati, Stefano Redaelli e Claudio Rei, è attualmente in un tour che accompagna l’uscita del loro ultimo EP autoprodotto, l’eponimo FITZCATALDO. Le atmosfere sono spesso cupe e accompagnate da suoni elettronici che rendono l’ascolto qualcosa di mistico ed onirico per poi acuirsi in sound forti e grintosi, tipici del post rock.
Li abbiamo intervistati per conoscere un po’ la loro realtà. A rispondere alle nostre domande è stato Claudio, il batterista del gruppo.
Innanzitutto grazie mille per aver accettato questa intervista. La prima domanda che mi sorge spontanea è quella sulle vostre origini e su questo nome curioso. Come vi siete formati?
I Fitzcataldo nascono nel 2013 come un duo funkpop diventando successivamente un trio dopo l’arrivo di Lorenzo. Il nostro nome doveva inizialmente essere “Trivettes”, come il personaggio interpretato da Clarence Gilyard in Walker Texas Ranger, spalla poco considerata del protagonista. (Questo nome è poi rimasto nel titolo del loro primo disco ndr). Fitzcataldo non ha un’origine precisa, ci piace raccontare derivi da una storpiatura di Fitzcarraldo (film di Werner Herzog del 1982 ndr).
Il vostro ultimo lavoro è veramente molto piacevole ed interessante. Che ci potete dire a riguardo?
L’ultimo EP è qualcosa di molto diverso dal primo disco, che ha comunque avuto buoni riscontri. C’era la necessità di fare qualcosa di nostro, di tracciare una strada ben precisa verso la nostra identità futura e questo è il primo passo verso una direzione nota. Abbiamo deciso di intraprendere una strada soul-funk con dei testi evocativi che Lorenzo scrive in modo quasi onirico, facendosi ispirare molto dal momento. È qualcosa che ci piace molto.
In quale genere vi classifichereste?
Handmade pop, principalmente, semplicemente perché è tutta roba nostra, non riusciamo ad inserirci in nessun genere particolare. Coltiviamo diverse sfumature.
A cosa si ispirano i vostri lavori?
Dipende da ciascuno di noi, cerchiamo di portare piccole modifiche da ciascuno dei nostri ispiratori. Lorenzo, per esempio, ama molto le sonorità alla James Blake mentre io sono più un tipo da funk o dai Led Zeppelin. Il segreto è proprio conciliare tutto per non essere banali.
Cosa fareste ascoltare ad una persona che non vi ha mai sentito per convincerlo a supportarvi?
Sicuramente “I Won’t be Watching”, il nostro ultimo singolo, perché rappresenta al meglio quanto dicevo prima ossia la direzione che abbiamo deciso di intraprendere.
Ora andiamo su argomenti più generali, sempre riguardanti la musica. Ultimamente il mondo musicale è molto cambiato e molti decidono di inseguire i propri sogni attraverso i vari talent show. Voi cosa pensate di questi strumenti?
Nella band abbiamo opinioni diverse ma il mio parere è che i talent show siano la morte della musica. Ripropongono suoni, atmosfere e musica che in Italia si vedono da sessant’anni. È un po’ un ritornare indietro invece di andare avanti, non è la strada giusta da percorrere.
Quale è la canzone del panorama musicale italiano che avreste voluto scrivere o pensare voi?
Personalmente “Io per lei” di Pino Daniele.
Infine, lasciamoci con un consiglio per altre band o cantanti emergenti come voi.
Il consiglio principale è quello di seguire sempre la propria strada, senza sentirsi obbligati a sfociare nel mainstream poiché nel panorama underground vi sono molte più perle e cose interessanti.
Ricordiamo che l’EP FITZCATALDO è disponibile su Spotify (http://bit.ly/FitzcataldoSpotify), Itunes ed in vinile per chi desiderasse ascoltarlo.
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