Francesca Michielin in “2640” sfida le mode pop con contemporaneità – RECENSIONE
Recensione del terzo album d’inediti della cantautrice veneta

A far da manifesto sono, ovviamente, i primi due estratti radiofonici che hanno aperto con qualche mese di anticipo il percorso di questo disco. Vulcano e Io non abito al mare hanno la forza di imporre il proprio linguaggio, istrionico e metaforicamente basato su spot quasi senza senso, riuscendo a trascinare l’ascoltatore con la propria orecchiabilità. Arrangiamenti sorprendenti, fortemente condizionati dall’utilizzo dei campionamenti sintetici sorreggono il linguaggio fresco e spensierato dei testi e del cantato che punta a farsi fischiettare con incoscienza più che a “Comunicare” importanti concetti filosofici poco adatti alla giovane età dell’interprete veneta che nell’apertura dell’album non a caso dice di “non riuscire mai a farsi capire” preferendo “stare in silenzio ad ascoltare tutto quello che mi vorresti dire“.

Ce n’è per tutti i gusti in questo disco contemporaneamente variegato e omogeneo: c’è Bolivia, il perfetto tormentone primaverile che parte intimo per poi aprirsi in un inciso che si fa canticchiare, ma c’è anche l’inglese di Lava che sorprende per il suo cantato quasi rappato vicino alle prime proposte r’nB di Tiziano Ferro a tratti.
Se Scusa se non ho gli occhi azzurri si lascia andare alla malinconia dei “forse” o dei “se” tirando fuori la ballata pop-struggente del disco, il ritmo viene tenuto su dal duo di Noleggiami ancora un film e Due galassie in cui ritmica e sintetizzatori tornano a collaborare in sintonia per due perfetti up-tempi.

MIGLIORI TRACCE: Vulcano – Tropicale
VOTO COMPLESSIVO: 8/10