A tu per tu con la poliedrica artista partenopea, che ci racconta la sua grande passione per le sette note
Artista versatile, così potremmo definire Francesca Rasi, conduttrice, attrice, danzatrice e pianista, un curriculum di tutto rispetto e tanta gavetta. Dal teatro alla presentazione di eventi, sono numerose le sue anime artistiche, al punto da renderla una vera e propria stacanovista del lavoro. Reduce dalla positivaa esperienza di SanremoON, l’abbiamo incontrata per conoscere e tirar fuori un suo lato inedito, quello inerente alla musica, da sempre tra le sue più grandi passioni.
Ciao Francesca, benvenuta su RecensiamoMusica. Data la tua assoluta poliedricità, mi sorge spontaneo iniziare chiedendoti: in che modo riesci a coniugare le diverse attività che svolgi?
«Sono tutte passioni che mi porto dietro da quando sono bambina, ho iniziato a studiare il pianoforte dall’età di sei anni, mentre la danza un po’ più in là con l’adolescenza, tutte esperienze che sono state fondamentali per la mia crescita professionale. Con grande impegno e una serie di sacrifici, riesco oggi a coniugare questo insieme di lavori, rinunciando ad altre cose, ma nella vita è necessario stabilire delle priorità e ci vuole sempre molta tenacia e tanto impegno».
Come ti sei avvicinata al pianoforte? Come mai la scelta proprio di questo strumento?
«Non c’è stata una reale spinta da parte dei miei genitori, è una scelta che è partita da me. Ho iniziato prima a studiare privatamente per poi essere ammessa al conservatorio di Latina, sono stati dieci anni importanti durante i quali ho imparato il rigore e la disciplina, è stato un percorso tortuoso ma intenso. Ho scelto il pianoforte perché credo che sia lo strumento padre e madre, che in qualche modo abbraccia tutti gli altri».
Qual è il tuo rapporto con la musica?
«Direi totalizzante, perché entra a far parte di tutte le cose che faccio e accompagna le mie giornate. Dai momenti di solitudine e tristezza a quelli più spensierati e allegri, ispirando anche gran parte dei miei progetti creativi, dalla danza al teatro la musica mi ha sempre preso per mano. Ho scelto di non fare la pianista e la concertista solo perché avrei dovuto rinunciare alle altre mie passioni, nella mia vita voglio sperimentare quante più forme d’arte possibili».
Quali sono gli ascolti e i cantanti che apprezzi maggiormente?
«Amo tantissimi generi e spazio moltissimo, dalla musica classica che mi ha accompagnato per tantissimi anni al filone brasiliano, adoro la musica portoghese che, per certi versi, mi ricorda le mie radici napoletane, trovo che ci siano parecchie assonanze nelle sonorità calorose e a tratti nostalgiche. Poi apprezzo tutto il cantautorato italiano: Vasco Rossi, Gino Paoli, Jovanotti, Renato Zero e grandi interpreti donne come Ornella Vanoni e Fiorella Mannoia».
Sei reduce dall’avventura di SanremoON, come hai vissuto questa esperienza?
«E’ stato pazzesco, perché il Festival è una macchina organizzativa imponente, in una settima si concentra una serie infinita di appuntamenti. Condurre SanremoON è stato bello, ma anche impegnativo, a tratti difficile, perché ci sono stati diversi aspetti da gestire, ma questo è umano. E’ stato bello conoscere artisti importanti e avere la possibilità di intervistarli, ad esempio Dario Baldan Bembo che ha scritto delle canzoni meravigliose, così come è stato interessante incontrare i tanti emergenti di Sanremo Rock e altri personaggi provenienti dal mondo dello spettacolo, della cultura e della gastronomia italiana. E’ stato tutto molto emozionante, lo rifarei con piacere».
Nonostante gli impegni di lavoro, sei riuscita a seguire il Festival quest’anno? Ti è piaciuto?
«A parte alcune serate, sono riuscita a seguirlo e devo dire che è stata un’edizione molto interessante, una specie di svolta rispetto al passato, mi ha entusiasmato tanto essere lì e viverlo da vicino. Claudio Baglioni è una leggenda della nostra musica italiana, bisogna riconoscergli il merito di aver dato una sottolineatura musicale importante al Festival. Tra le canzoni che mi hanno colpito maggiormente, ricordo quella di Ron, che ci ha riportato all’indimenticata poetica di Lucio Dalla, così come la ballata romana di Luca Barbarossa e la freschezza de Lo Stato Sociale, con un brano orecchiabile che ha funzionato molto in radio».
Hai mai pensato di metterti alla prova anche con il canto? Incideresti un disco?
«E’ una cosa che mi piacerebbe, anche se in qualche modo il canto è parte integrante delle attività che svolgo abitualmente, ma è l’unica passione che non è ancora diventata per me un lavoro. Voglio trovare il tempo di prendere delle lezioni, un buon insegnante che mi segua e, perché no, l’idea di fare un disco mi intriga, un piccolo sogno che mi piacerebbe realizzare, un po’ come recitare in un musical, la forma d’arte che racchiude in assoluto tutto quello che faccio da sempre, sarebbe bellissimo».
Se per ragioni personali o lavorative dovessi trasferirti sulla Luna e nella valigia avessi spazio per un solo disco, quale porteresti con te?
«Questa per me è una domanda difficilissima, l’idea di scegliere un solo cd per una che come me ascolta abitualmente tanta musica non è facile. Diciamo che sulla Luna avrei bisogno di qualcosa che mi facesse emozionare e sognare, a tal proposito porterei il disco che contiene “Wave” di Antonio Carlos Jobim, interpretata negli anni anche dalla grandissima Ella Fitzgerald».
Quali sono i tuoi prossimi progetti in cantiere? Cosa bolle in pentola?
«I progetti imminenti sono due: a fine marzo sarò in scena al Teatro Delle Muse di Roma con uno spettacolo in versi e poesia su Pier Paolo Pasolini, mentre ad aprile sarò impegnata al Teatro Testaccio con una commedia di Salvatore Scirè. Poi, ho in cantiere un evento dove vorrei far premiare le donne che si sono distinte in aree diverse tra loro, dal giornalismo al cinema, passando per qualsiasi altra forma di espressione, un progetto in cui credo molto e che mette insieme tutte le passioni che ti ho raccontato».
A proposito di donne, sempre troppo più spesso la violenza di genere sfocia in femminicidio. Credi sia importante, attraverso le varie forme d’arte, lanciare messaggi che possano in qualche modo sensibilizzare l’animo di ognuno?
«E’ un’emergenza che riguarda tutti da vicino, un problema molto grave che bisognerebbe debellare alla radice, sicuramente un processo lungo che, fortunatamente, è già iniziato da tempo. L’arte aiuta perché smuove la sensibilità e l’emotività che non tutti riescono a tirare fuori, mi riferisco alla teatroterapia, alla musicoterapia, alla danzaterapia, linguaggi artistici che fanno bene a chiunque, soprattutto a chi cova dentro se stesso situazioni irrisolte che, purtroppo, sempre più spesso scatenano questo barbaro fenomeno».
Per concludere, hai dei sogni nel cassetto?
«Mi piacerebbe condurre un programma e riportare in televisione le canzoni di una volta, un format in testa già ce l’ho (sorride, ndr), immagino dei duetti generazionali tra i big di oggi e le grandi icone del passato, dando spazio anche agli emergenti che sono il cuore pulsante della musica di domani, senza tralasciare momenti di cultura, poesia e interviste ai protagonisti, perché è sempre bello conoscere la storia di ogni singolo artista. Il titolo che mi piacerebbe è “Io, tu e la musica”, chissà… nella vita è fondamentale non smettere mai di sognare e avere sempre degli obiettivi da inseguire».
Nico Donvito
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