Tra echi tradizionali la consacrazione di Gabbani passa attraverso una scrittura perfettamente studiata.
Vincere il Festival di Sanremo per due anni consecutivi, prima tra i giovani e poi trai i big, e riuscire a farlo contro veri e propri pezzi di storia della musica italiana e lodevoli canzoni non è cosa da tutti tanto più se si considera che, poi, la vittoria è stata ampiamente suggellata dai risultati di vendite assolutamente senza alcun paragone. Francesco Gabbani è riuscito in tutto ciò arrivando a pubblicare un album, “Magellano”, capace di raccontare al meglio la sua attuale essenza musicale danzereccia e popolare ma anche estremamente studiata e, talvolta, anche significativa. “Magellano” non è solo “Occidentali’s Karma”, sorpresa assoluta e successone quantificabile, per ora, con ben 5 dischi di platino digitale per la sua duttile capacità di saper giocare con ironia ed astuzia con le parole e la musica, ma è anche, e soprattutto, la volontà di trasmettere una cifra identitaria già ben messa a fuoco dal cantautore toscano.
Arrivano tutte d’un fiato “Tra le granite e le granate”, perfetto tormentone estivo che si abbandona allo schema più classico possibile di questa stagione con cori e parole chiave, e “Pachidermi e pappagalli”, altro certo tormentone che gioca con astuzia con l’evoluzione, le scoperte scientifiche e le citazioni letterarie.
Presente anche un bello intermezzo più melodico, orchestrale e intimo: la ballata “La mia versione dei ricordi” risulta struggente con l’apertura dell’inciso che sposa la tattica delle doppie voci capaci di dare volume ai suoni degli archi che valorizzano l’orchestrazione. La stessa ricetta viene seguita anche da “Foglie al gelo” che, in qualche modo, aveva anticipato l’uscita dell’album adottando una fin troppo morbida attitudine che appiattisce il risultato finale.
Più internazionali sono “A moment of silence”, animata ancora una volta da accurate citazioni ma anche da un ritornello ricco di cori e da una voce graffiata al punto giusto, e la futurista “Susanna, Susanna” del grande maestro Celentano con cui Gabbani, senza mistero, sente profondamente di avere delle affinità.
Se ad aprire è “Magellano”, figura storica su cui verte tutto il testo in modo sapiente ed illuminato ponendo in evidenza il suo tratto di sfida alla conoscenza, a chiudere è “Spogliarmi”, ballata pop rock dove Gabbani racconta se stesso tra giorni che “vanno verso l’infinito che non posso immaginare”. Se da una parte il brano si rivela un’altra istrionica ed esteticamente curiosa traccia dal facile canticchio, dall’altra permette al cantautore di spogliarsi davvero di questo suo costrutto artificiale e culturale per rimanere nudo di fronte all’ascoltatore che viene accompagnato per mano nella scoperta della personalità che davvero si cela dietro una maschera estrosa.
“Magellano” si rivela davvero come il disco imperdibile del 2017 per la sua capacità di unire mondi distanti come il cantautorato e la contemporaneità utilizzando facili e martellanti melodie ma anche testi studiati alla perfezione nell’acuto utilizzo delle parole. Un disco con tormentoni a non finire e non solo tra le cose più allegre. Il segreto sta nella composizione ma soprattutto nella scrittura testuale che sa adattarsi bene alla spensieratezza spesso evocata ma mai puerilmente affrontata nei testi curati e studiati del rodato team dei fratelli Gabbani, Fabio Ilacqua e Luca Chiaravalli.
MIGLIORI TRACCE: La mia versione dei ricordi – Occidentali’s karma
VOTO: 8,7/10
Ilario Luisetto
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