Francesco Renga nei panni di Peter Pan con l’album “Scriverò il tuo nome” – RECENSIONE
Recensione del nuovo album d’inediti del cantante
Francesco Renga è definitivamente affetto della sindrome di “Peter Pan” e con questo nuovo album ce ne ha dato prova: fa una musica più “giovane” ora che è alla soglia dei 50 di quando ha iniziato a fare musica sul serio. Tutti ce lo aspettavamo a Sanremo 2016 ed, invece, il suo nuovo album, Scriverò il tuo nome, è uscito ad aprile e ad ascoltarlo si capisce benissimo il perché della sua assenza dall’Ariston. Questo nuovo album del cantante bresciano non ha nessun brano adatto al Festival della canzone italiana per quanto riguarda le sonorità. Se tutti conoscono Renga per le ampie ballate dalle ballate dal grande respiro, per la voce sempre in primo piano o per una non banalità nei temi sia testuali che melodici questo album presenta un artista totalmente nuovo. Scriverò il tuo nome è l’antitesi dei primi album del nostro bel Francesco e l’estremizzazione di Tempo Reale dove qualcosa di simile si era già potuto assaporare.
Che Francesco Renga stesse cercando una riconsacrazione negli ultimi anni lo si era capito: partita in sordina la sua carriera l’aveva portato a vincere il Festival di Sanremo nel 2005 con quella perla di Angelo e ad essere considerato uno dei migliori cantanti italiani per tecnica e vocalità. Con gli anni era tornato ad occupare la sua nicchia apparendo di tanto in tanto nella riviera dei fiori ma senza troppi acuti: gran bella voce, repertorio che poteva andare dell’orchestrale fino al pop-rock più convinto ma risultati piuttosto magri. Nel 2014 la svolta: torna all’Ariston con una canzone di Elisa (Vivendo adesso) che lo rende più pop e commerciale che mai. Seguono un disco, Tempo reale, che domina le classifiche per oltre un anno e un tour che colleziona un sold out dietro l’altro. Francesco sembrava essere riuscito a sfoderare un disco di quelli furbi: singoli ben piazzati, ottimi per le radio e per le classifiche, alternati a brani più “Renga-style”, pane non per tutti i denti ma che si confondevano tra le facili melodie e le storie d’amore.
Ricordate tutti il successone Il mio giorno più bello nel mondo, successone che impazzò in tutte le radio nell’estate 2014? Ebbene Francesco deve essersi fatto prendere la mano da quel mondo credendo che realizzando un disco fatto su misura di quel brano potesse essere il mezzo perfetto per consolidare quel successo ottenuto con l’ultimo lavoro. E, invece, non è andata proprio così. Questo album ha un solo minimo comune denominatore dall’inizio alla fine: voce messa al servizio di melodie sempliciotte, testi sull’amore in ogni sfaccettatura eccetto qualche raro accenno al corso della vita, doppie voci in qualsiasi ritornello e una costante presenza di suoni ritmici ed electro-pop. Addio alle ballate, addio alla voce potente, addio alla varietà musicale e tematica, addio all’orchestrazione. Addio a Francesco Renga versione Angelo per dirla velocemente. E 
Ma questo non è che il battesimo di questa virata sensibile verso sonorità ben distanti dalle radici di quest’interprete. Con 13 maggio, Rimani così e Il bene, le cose peggiori di questo disco (e la seconda è pure stata scelta come singolo) il tutto si concretizza e la tentazione di cambiare disco si fa forte. Sull’onda apparentemente meno contaminata dai suoni “moderni” ma con quindicimila voci in sovrapposizione stanno invece Perfetto, Migliore, A meno di te e Cancellarti per sempre.
Le cose migliori stanno dove i suoni si fanno più “puri”, la voce torna ad affacciarsi alla finestra e i testi cercano un qualche nuova rima. Scriverò il tuo nomemantiene quell’elettronica in sottofondo a voler specificare ancora una volta che oggi un disco senza 
Che dire nel complesso di questo album? Banalotto, troppo uniformato, troppo giovane per un uomo e un artista con la carriera di Renga… ma cosa non si farebbe per vendere qualche copia in più? Ma credo che questo non venderà quanto il precedente se continua così: il pubblico non è sempre stupido. Mi auguro che Francesco torni in sé e torni a “prendere la corsa e poi spiccare il volo”. Il disco è belloccio ma lui si merita decisamente di più musicalmente parlando. Voce wow in ogni occasione, collaborazioni importanti e una ritrovata visibilità ha bisogno di poter essere “diverso” dalla massa uniformata a un qualche modello di successo ripetuto all’infinito fino a quando qualche altro “big” non ne troverà un altro.
Migliori tracce: Spiccare il volo
Voto complessivo: 7.7/10
Qui potete ascoltare la nostra video-recensione con i voti ai singoli brani
