Recensione del nuovo album d’inediti
L’altra metà, l’ultimo album d’inediti di Francesco Renga, è stato presentato come il tanto atteso e sperato raggiungimento compiuto di una ricerca musicale ed artistica intrapresa negli ultimi due progetti discografici del cantante bresciano. Per così com’è stato inteso questo disco dovrebbe essere, in soldoni, la somma di quelli che furono Tempo reale (qui la nostra video-recensione) e Scriverò il tuo nome (qui la nostra recensione), due progetti che, in un modo o in un altro, avevano il delicato compito di ricatapultare Renga nell’attualità musicale. L’altra metà, in questo senso, dovrebbe essere l’apoteosi di questa ricerca di contemporaneità, il Giudizio Universale di una carriera importante giunta ormai ad un punto di svolta.
In realtà, però, questo disco tradisce le aspettative e confonde i propri passi perdendo il fulcro del discorso intrapreso a fatica con gli ultimi due progetti discografici. Nell’immaginario collettivo Francesco Renga è la voce. Non una voce ma la voce. Di fatto, il cantautore di Angelo è sempre passato alle cronache per le sue naturali doti vocali degne di nota che, spesso e volentieri, erano molto più importanti del repertorio che si trovava tra le mani. Il tentativo di invertire la rotta e di premiare le canzoni c’è stato con l’affidarsi a Michele Canova Iorfida, produttore noto per premiare la ricerca sonora contemporanea rispetto alla centralità della voce. La scelta, con risultati altalenanti, aveva comunque restituito a Renga quella popolarità meritata e gli aveva, in qualche caso, regalato qualche brano adatto.
Anche in questo disco ci sono degli episodi ispirati come, ad esempio, la sanremese Aspetto che torni che, con le firme romantiche di Bungaro, Rakele, Cesare Chiodo e Giacomo Runco, si dedica a raccontare la mancanza della madre in un momento familiare difficile: “cerco ancora nei miei occhi il sorriso di mia madre, mi manca da trent’anni e vorrei dirle tante cose: che mio padre adesso è stanco e forse sta per arrivare, che l’ama più di prima ed è l’unica cosa che sa ricordare”. La chitarra acustica, la voce che gorgheggia senza tirare fuori a tutti i costi la potenza ed il ritornello incisivo sembrano riportare alla memoria il Renga più cantautorale e delicato nelle proprie espressioni ma l’episodio si conclude in fretta non trovando più alcuna riconferma all’interno del disco che, invece, guarda altrove.
Malgrando Francesco sia, come non mai negli ultimi progetti, coinvolto massicciamente nella scrittura il suo marchio melodico viene spesso e volentieri eclissato in favore di uno spirito più leggero e frivolo grazie alle collaborazioni con autori giovani e freschi. Unica conferma autorale, d’altronde, risulta essere quella di Fortunato Zampaglione che co-firma la poco ispirata Bacon, che si concentra in una relazione ormai definitivamente chiusa, e Dentro ogni sbaglio commesso, che si apre mantenendo un arrangiamento soft salvo poi inserire dei sintetizzatori che sostengono una crescita sempre correlata dallo sdoppiarsi della traccia vocale. Zampaglione in questo caso, però, non riesce a bissare l’impresa di Il mio giorno più bello del mondo ed in entrambi i casi chiude velocemente l’affare troncando il racconto dopo nemmeno tre minuti di brano.
In effetti, l’impressione che il contenuto sia scarso in questo disco lo si mantiene per numerosi altri episodi che puntano tutto sul sound con risultati più o meno riusciti. Si passa dalla funzionale Sbaglio perfetto, che sfrutta positivamente la firma di Danti per confezionare un brano assolutamente radiofonico anche senza dire assolutamente niente, alla più scontata Meglio di notte, che prova a giocare ugualmente con un beat elettronico che suona però sciapo.
Le firme più sorprendenti e attuali sono quelle di Ultimo, che in L’odore del caffè esce molto più prepotentemente di Renga stesso che si confina nel donare una bella voce ad un pezzo che, però, non gli può appartenere, e di Gazzelle, che s’incarica di scrivere Prima o poi riuscendo a centrare nelle strofe maggiormente la caratura interpretativa del Renga d’oggi mettendo la propria personalità in secondo piano prima che l’inciso la restituisca senza troppi dubbi.
Lo sguardo all’attualità è mantenuta pressapoco dall’intero album che di tanto in tanto pare suggerire una scontata scelta radiofonica come, ad esempio, per la buona L’unica risposta, che vanta un buon arrangiamento ritmico, e per la fin troppo azzardata Finire anche noi, che la coppia di Davide Simonetta e Paolo Antonacci hanno confezionato pensando ad una storia che si conclude come mille altre cose nella vita di tutti i giorni.
A concludere il discorso ci sono Improvvisamente, che continua a giocare su di una base tutta elettronica mentre una storia difficile rimane sullo sfondo, L’amore del mostro, ennesimo esperimento di sfruttare le più nuove tendenze sonore su di una ballata che su di un arrangiamento più orchestrale e disteso avrebbe meglio figurato, e Oltre, che chiude l’album con un beat sostenuto e capace di far battere il piede a tempo prima di un inciso tutto up con le doppie voci in grande spolvero per tirare fuori un ritornello canticchiabile a tutta voce.
Questo nuovo progetto di Francesco Renga doveva tirare le somme di un processo lungo e necessario nella direzione della contemporaneità e della popolarità ma l’impressione è che sia andato decisamente oltre, che abbia voluto stupire con degli effetti speciali che, in realtà, non aveva a disposizione. La produzione di Michele Canova Iorfida era riuscita a restituirci un Francesco Renga ispirato e attentamente collocato tra il rispetto del proprio passato tradizionale e qualche giusta sbriciatina al futuro e alla leggerezza. In questo disco, però, la seconda parte ha preso decisamente il sopravvento svuotando una voce della sua bellezza e relegandola ad un repertorio che non ha nulla da raccontare e che sembra essere una sola, unica canzone. Parte il disco e Renga si ritrova a cantare esattamente come, poi, finirà. Non ci sono variazioni, non ci sono emozioni, non ci sono canzoni che in qualche modo spiccano. Tutto è un po’ troppo piatto. Bravo è bravo ma con canzoni così non basta più. Prima vanno trovate le canzoni, poi le direzioni.
Migliori tracce | Aspetto che torni – Oltre
Voto complessivo | 6.9/10
Tracklist |
- Aspetto che torni
[Francesco Renga, Bungaro, Cesare Chiodo, Rakele – Bungaro, Cesare Chiodo, Giacomo Runco] - L’unica risposta
[Francesco Renga, Lorenzo Urciullo, Antonio di Martino, Luca Serpenti] - Bacon
[Francesco Renga, Fortunato Zampaglione] - Finire anche noi
[Francesco Renga, Paolo Antonacci, Davide Simonetta] - L’odore del caffè
[Francesco Renga, Ultimo – Ultimo] - Meglio di notte
[Francesco Renga, Leo Pari, Patrizio Simonini] - Dentro ogni sbaglio commesso
[Francesco Renga, Fortunato Zampaglione] - Improvvisamente
[Francesco Renga, Daniele Conti, Simone Cremonini – Francesco Renga, Federico Fabiano, Simone Cremonini] - Sbaglio perfetto
[Francesco Renga, Danti, Michele Canova Iorfida, Matteo Grandi, Patrizio Simonini] - Prima o poi
[Francesco Renga, Gazzelle, Luca Serpenti] - L’amore del mostro
[Francesco Renga, Lorenzo Urciullo, Antonio Di Martino, Luca Serpenti] - Oltre
[Francesco Renga, Paolo Antonacci, Edwyn Roberts – Michele Zocca, Paolo Antonacci, Edwyn Roberts]
Video Recensione |
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Ilario Luisetto
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