venerdì 22 Novembre 2024

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Fuori il mondo come va?: Banane nell’arte e ironia nella musica

Viviamo l’attualità per mezzo di una canzone

Sveglia. Specchio. Denti. Acqua fredda. Armadio. Vestiti. Colazione. Caffè. Borsa. Porta. Quella qui elencata, oltre ad essere l’ennesima conferma della mia confusione mattutina, è anche la meccanicità della nostra routine prima di iniziare la giornata. Per chi cerca di essere salutare come me, fallendo miserabilmente al primo bombolone alla crema esposto in vetrina, può anche concedersi il lusso di un buon frutto, prima di uscire di casa. Uno dei frutti di cui si è parlato tanto nelle ultime ore, come ben si sa, è la banana.

E allora capita, tolta la buccia e addentando il primo boccone, di pensare “c’è qualcuno che con questa roba ha esposto un’opera d’arte”. E laddove il pensiero termina, perché, essendo mattina, i pensieri hanno il tempo che trovano, cerchiamo qui di elaborare meglio (ci si prova) un tema assai divisorio. “Ma questa è arte?

Tutto ha inizio all’Art Basel di Miami Beach, una delle fiere di arte contemporanea più importanti del mondo. Proprio qui Cattelan, noto per le sue opere dissacranti, ha attaccato ad un muro della galleria Perrotin, con un pezzo di scotch, una banana. Titolo: Comedian. Apriti cielo: piogge di critiche, discussioni sul senso dell’arte e sulla genialità o meno dell’artista padovano, con moltissime interpretazioni al seguito.

Correndo ai ripari, viene in mio soccorso un altro artista che ha fatto dell’arte un mezzo fondamentale per comunicare con la musica: Caparezza. Molte sono state le sue canzoni con chiari riferimenti ad artisti passati: Van Gogh, Duchamp, Piero Manzoni, Giotto. Solo per nominare qualcuno. Una delle canzoni più divertenti seguendo questo filone è “Chi se ne frega della musica”. Caparezza critica, con toni giocosi ma poco leggeri, la musica, resa, ormai, solo un prodotto da vendere al grande pubblico. E con essa tutto il mondo che ci gira intorno: i critici, il pubblico, le case discografiche e i cantanti, fra cui, lo stesso Caparezza.

Di primo acchito, una banana attaccata al muro non ha poi un gran valore. Fa un particolare effetto sapere, invece, che l’opera di Cattelan è venuta a costare sopra i 120 mila dollari. L’arte contemporanea, si sa, è in continuo mutamento. Cercare di capire perché un semplice oggetto sia possibile chiamarlo arte o no, diventa sempre più complicato. Cattelan non è nuovo a questo tipo di provocazioni, basti pensare al dito medio in piazza affari, al water d’oro o a Papa Giovanni colpito da un meteorite). Molti critici hanno trovato nel suo gesto, un enorme senso di nostalgia di un’arte passata, manifestando allo stesso tempo un notevole disgusto per i tempi attuali. Come scrive il critico Bryan Kelly: “…con il suo nuovo lavoro, Cattelan ha gettato il suo sguardo critico sullo stesso mondo dell’arte, ed è una critica che dovrebbe rappresentare uno shock per il sistema d’indulgenze della scena contemporanea, ma probabilmente non lo farà. Niente può essere più emblematico del divorzio dalla realtà che scialacquare 120mila dollari per un frutto che marcirà su di una parete semplicemente perché il tizio che l’ha realizzata è semi-famoso. E in questo senso la banana avrebbe potuto essere qualsiasi cosa, perché per l’acquirente non conta l’opera ma conta l’acquisto, e questo è l’ultimo esempio della commodificazione che fin dagli anni Ottanta ha definito il commercio dell’arte…

Musica e arte. Caparezza e Cattelan. Due provocazioni e due provocatori. Nella canzone in questione, Caparezza canta: “e me ne frego degli artisti veri, tanto gli artisti veri sono veri come i muppet”. Difficile non rispecchiarsi in queste parole. C’è una vera e propria élite di artisti e intellettuali che si è innalzata troppo in alto (i cosiddetti artisti da salotto) che oramai identificarsi con la loro visione della vita è diventato impossibile. Mancano molto quegli artisti come De Andrè, Gaber o Duchamp, capaci in poche frasi o pennellate, di farti riconoscere in un mondo non troppo distante dal tuo. Invece, ad oggi, c’è il rischio che diventi tutto una banana marcia. Un momento di euforia e gloria (come i tormentoni d’estate) e poi diventa tutto marcio e scaduto. Chissà se Cattelan e Caparezza ci credano ancora in un’arte e in una musica vicina a noi. Alle nostre esigenze e ai nostri sogni, o se oppure, la stiano solo prendendo in giro perché si sono rassegnati. Ci vorrebbe una buona dose di coraggio. Sia nella musica, sia nell’arte, per far ritornare noi tutti a sentirsi appartenenti a qualcosa.

Dostoevskij sosteneva che “la bellezza salverà il mondo”. E la bellezza bisogna anche saperla cogliere e viverla. Sarebbe bello quindi prendere quella banana e, con tutta la passione e l’energia a noi concessa, mangiarsela. Prendendo con essa, il desiderio di una bellezza che non riusciamo più ad assaporare. Così da dimostrare al mondo che nella vita non ci sono solo prodotti da vendere e comprare ma anche emozioni da cogliere e regalare. Già. Sarebbe bello se qualcuno la mangiasse per davvero quella banana.

Ah, l’ha già fatto qualcuno? Mannaggia, per una volta che avevo un’idea artistica, ecco subito che me la copiano. Va beh, chi se ne frega. In fondo… è solo una banana.