venerdì 22 Novembre 2024

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Fuori il mondo come va?: Le mani della cassiera

Raccontiamo l’attualità con una canzone

Che poi, nei supermercati, c’è sempre un’aria di cinica poesia, di fallimento approvato da tutti. Ha a che fare con quella tristezza che emanano i migliaia di prodotti l’uno identico all’altro, tranne per il fatto che uno è in offerta imperdibile mentre l’altro è in un imprendibile offerta. Cose così.

È un laboratorio dove ognuno è cavia e creatore del suo mondo. Tutti vinti dal grande imprenditore che un giorno suggerì – non so dire se per caso o con convinta risolutezza – di abbassare il prezzo di ogni prodotto di un centesimo, così da millantare chissà quali risparmi a noi poveri compratori, e mandando al demonio le povere cassiere con sempre più ardui resti.

A proposito di cassiere. Me ne stavo lì, in fila, a scrutare i clienti e i loro acquisti. (Non so come mai, ma al supermercato ci si sente sempre un po’ più superiori degli altri, o forse sono gli altri ad apparire più inferiori di noi. Deve essere per la falsa compagnia che emanano quelle luci e quei colori. Tutto sa di casa al supermercato, talmente tanto che non ci ti senti più). In ogni modo, me ne stavo lì, con i miei prodotti in mano, e davanti a me avevo la cassiera.

Descrizione: Aveva la schiena leggermente inarcata, in una strana posizione che le faceva illuminare meglio il viso, tacitamente assorto nei suoi pensieri, per lo più tristi. Aveva un trucco secco, residuo di un appuntamento passato, probabilmente finito male. I capelli scivolano dietro alle orecchie e accompagnavano lentamente e senza energia i pochi movimenti delle spalle. Aveva una faccia anonima, quella che se non la tocchi col dito non si è pienamente convinti di avercela di fronte. Io, un po’ per galanteria, un po’ per timore, non la toccai. Mi soffermai a guardarle le mani.

Non erano gli anelli voluminosi e lucenti a conferirle quel tono da matrona, bensì delle strane fosse che si innalzavano lungo il pollice. Il gesto che compivano poi, era sempre quello. Prendere il prodotto, girarlo per lo scanner, e lasciarlo scivolare lungo lo scivolo di metallo. C’era una sorta di nostalgia in quel gesto. Come se stesse producendo una musica che solo lei conoscesse e che fosse, al di là di quello che si possa o non si possa sentire dentro un supermercato, semplicemente bellissima.

Così suonava, la cassiera, con quegli occhi tristi, quella schiena piegata male, quelle mani così goffe e forti che se solo avessero avuto la stessa pazienza per i prodotti, con un qualsiasi strumento musicale, che so, una chitarra o una pianola, a quest’ora magari la vedremmo sul palco dell’Ariston ad incantare l’Italia.

Che cosa strana, quello che noi uomini andiamo a fare con le mani. Quante cose tocchiamo, prendiamo, accarezziamo, stringiamo, buttiamo, avvolgiamo, stropicciamo, picchiamo, agitiamo, riempiamo, svuotiamo, appiccichiamo, stacchiamo, allentiamo, giriamo, rompiamo, aggiustiamo, creiamo e distruggiamo con le nostre mani. Ero quasi tentato di andare da quella cassiera e scoprire quello che le sue mani nascondevano. Non la quantità di prodotti che avevano tenuto in mano, ma cose più profonde e imperscrutabili: quali lacrime avevano asciugato, le volte che si erano congiunte per pregare una divinità o un destino migliore, le carezze donate a tarda sera a dei bambini che non ne volevano sapere di dormire, con quanta passione o vergogna le abbiano causato piacere o dolore. Cose così. 

Invece me ne sono rimasto lì, a chiedermi: cosa rimangono di quei gesti? C’è qualcuno che ne tiene conto e le memorizza da qualche parte o sono destinati a disperdersi nella quantità di robe che tocchiamo strada facendo? tesse domande che si chiede Zucchero nella canzone “Con le mani”.

Povera cassiera. Si meritava una carezza, questo è certo. E come lei, tutte quelle mani che hanno sofferto, amato e combattuto in questi e negli anni a venire. Bastava una carezza, e invece tutto quello che sono riuscito a dirle è stato “cosa?” La domanda che mi ha fatto era “Sono 29.99 centesimi, ha il resto?”.

Ovviamente non ce l’avevo, ma nutrivo non poche domande su questa idea demenziale di far pagare i prodotti 99 centesimi al posto di un euro. Sono cose che fanno pensare, queste. La cosa delle mani, dei centesimi e dei supermercati. Pensare a cosa, non lo so di preciso. Cerco il resto poi ci penso.