Raccontiamo l’attualità con l’aiuto di una canzone
La cosa più interessante di questo articolo è senza ombra di dubbio, il titolo. Mi è venuto da scrivere in maniera istintiva e in genere le scritture istintive sono quelle più belle… e più brutte. Ai posteri l’ardua sentenza. Anche perché è ai posteri che questo articolo dal titolo istintivo è dedicato. O meglio, ai posteri che ora non ci sono, essendo loro di fatto posteri, ma che noi incontreremo fra qualche anno. Vent’anni più precisamente.
Quando è nata questa rubrica mi è subito ideata nella testa una strana e utopica illusione, né la prima né l’ultima che farò, che il mondo si potesse raccontare in maniera migliore se visto e ascoltato con la giusta canzone. Idea ambiziosa e delicata, ne prendo atto. Ma in una cosa mi sbagliavo già in partenza. Pensavo che fosse il momento, l’atto, la notizia che preparasse la canzone e non viceversa. Come se se la portasse per mano dal giardino di casa sua, spingendola dolcemente verso i confini più sconfinati del mondo informativo e divulgativo. Come tante delle cose che faccio, creo o semplicemente penso, mi sbagliavo. E solo ora mi accorgo che è la musica a preparare il mondo. Lasci perdere il nostro lettore la poesia dell’ultima frase ad affetto, prenda tempo e immaginazione, faccio un lungo respiro e mi segua.
Si immagini un telo bianco. Pensatelo come volete, bello, brutto, appariscente, scarno. Basta che nella mente del lettore sia bianco. Ecco, ora immagini un proiettore che illumini il telo. Se il lettore continuerà a tenere gli occhi puntati sul telo succederà una cosa, a voler essere mistici, magica. Ovvero che in quel momento, dipende dalla forza dell’immagine che colpirà, sotto forma di raggi luminosi, il proiettore diventerà il protagonista assoluto del nostro tempo creando un gioco di prestigio assai stupefacente: farà sparire il telo.Già, proprio come un effetto di magia. Il telo c’è, ovvio, ma tutti se lo dimenticheranno. Della sua bianchezza, bellezza, bruttezza. Sarà semplicemente sparito dalla nostra testa. Nessuno al cinema penserà di guardare un telo in cui sono rimbalzate dei raggi luminosi che permetteranno allo spettatore di riconoscere delle immagini dalle quali ne concluderà delle storie ad esse associate.
La fisica, si sa, è una pessima venditrice di poesie. La gente guarderà, semplicemente, delle storie. Nient’altro. Vedremo il telo ma in esso capteremo solo qualcosa che ci farà emozionare, ridere, riflettere delle crudeltà di questo strano mondo. Ed eccoci arrivati li dove si voleva arrivare. Il telo, caro lettore, è il mondo. E il proiettore, per chi ha voglia di seguirmi in questa surreale metafora, è la musica. Una strana e goffa serie di onde (come i raggi luminosi) che colpiranno qualsiasi posto in cui ci sono almeno due orecchie attente a ascoltarle, e ne tireranno fuori della magia. La musica racconta il mondo, facendocelo dimenticare e facendoci vedere in esso, le più belle e crude verità e paure del cuore umano.
E sono qui, con me. Tutte le canzoni pronte ad entrare in questo telo bianco, affamato come sempre di poesia. E oggi, è Lucio Dalla ad accarezzarci il cuore con voce forte e sicura con “Telefonami tra vent’anni”. Ed è proprio alla musica che ci sarà tra vent’anni che questa mezza riflessione, e poco più, è ispirata. E ai posteri che la ascolteranno. Non so se ci saranno altri generi musicali o dibattiti sulla commercializzazione sonora, o talent che porteranno al successo, o alla rovina (faccio sempre fatica a capire la differenza), qualche nuovo cantante. Non lo so, dovete chiedermelo fra vent’anni. E qui meglio usare le parole di uno molto più bravo di me:
“Telefonami tra vent’anni
Io adesso non so cosa dirti
Amore non so risponderti
E non ho voglia di capirti (…)
Con un salto siamo nel duemila
Alle porte dell’universo
Importante è non arrivarci in fila
Ma tutti quanti in modo diverso
Ognuno con i suoi mezzi
Magari arrivando a pezzi”
Di certo spero che questo telo bianco possa continuare a farsi illuminare da essa, dalle sue sfumature, colori e i suoi mille modi di raccontarsi e raccontarci. E voli via questo titolo istintivo, a noi ascoltatori di musica fra vent’anni. Magari a pezzi, ma sempre con quella voglia di stupirci. Che non ci farà morire mai.
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