Un fatto di attualità dell’ultima settimana da rivivere in musica
Ci sono canzoni che fanno male come fossero delle sberle in faccia, altre invece ti lasciano quel senso di vuoto appena la musica termina e altre ancora che ti induriscono il cuore come una pietra. Poi c’è Brunori Sas, cantautore calabro ormai celebre nel panorama indie, che riesce a fare tutte e tre le cose in un unico pezzo: “Il giovane Mario”.
È una canzone fredda, malinconica ma straordinariamente e maledettamente pervasa di tenerezza. Quella tenerezza che non riesce a sconfiggere il lato oscuro del mondo, ma solo a coprirlo un po’. Quel tanto che basta per lasciare entrare qualche barlume di speranza.
La storia di questo giovane uomo con il sogno di diventare milionario, ma che si indebita troppo fino “a vivere al contrario”, riflette molto le avventure di alcune migliaia di operai che ad oggi potrebbero perdere il lavoro come gli operai dell’Ilva. Si parla molto dell’azienda, degli scudi penali, del PIL e delle varie analisi dei costi. Si parla, invece, troppo poco delle storie di questi operai, al centro di uno dei casi economici più lunghi e contenziosi di sempre nella storia della Repubblica Italiana.
Brunori non descrive chi sia Mario ma solo quello che fa: si indebita, torna a casa tardi con una specie di cena, strappa i giorni al calendario e alla fine… decide di mollare. Un marinaio che cerca di restare sulla barca durante la tempesta, un uomo solo contro il mondo. Brunori non ci racconta che lavoro faccia. Potrebbe essere benissimo un operaio dell’Ilva che si vede il mondo crollare addosso, ma potremmo essere benissimo noi, nei nostri pindarici tentativi di restare a galla in questo cupo mondo descritto nella canzone.
Da una parte la tenerezza e dall’altra la miseria. Questi i due temi fondamentali che legano tutto il mondo artistico di Brunori Sas e la vicenda riguardante l’azienda di Taranto. Una percezione distorta e spesso confusa di quello che succede. Gli oltre undicimila operai che rischiano di perdere il posto di lavoro per errori commessi da altre persone. E allora vien da chiedersi: cos’è che fa di un uomo un uomo? La capacità di tirare dritto nonostante il mondo ti spinga da un’altra parte? Rialzarsi dopo l’ennesima caduta e umiliazione? Oppure è più uno stoico stile di supportare i più pesanti fardelli?
Difficile rispondere. Quello che Brunori Sas ci suggerisce è, appunto, uno sguardo. Lo sguardo del giovane Mario e del suo sogno che non riesce a raggiungere. Lo sguardo sui suoi limiti e fallimenti. Le strazianti ma tenere parole che dice alla sua amata e del suo amore per lei nonostante la sua più convinta disillusione. Tutta questa storia, legata alla splendida musica, ci pone, davanti agli occhi, un’immagine. Forse non quella di un eroe, ma di uomo. Un uomo disposto a tutto pur di avere una vita dignitosa per sé e per i suoi cari. Uomini coraggiosi anche se forse troppo “giovani” per subire le conseguenze di questo mondo, a volte, troppo crudele.
“Il giovane Mario” è uno specchio dove tutti noi possiamo guardarci e vedere la nostra miseria, ma anche la nostra infinta tenerezza e umanità. Con la speranza che anche noi possiamo, nel momento del bisogno, avere al nostro fianco Maria che, citando le parole di Brunori Sas: “Maria con gli occhi di una madre che perdona l’ennesima bugia”. Un altro sguardo che ci ridarebbe coraggio e conforto. Uno sguardo che gli operai dell’Ilva avrebbe bisogno. Uno sguardo che tutti noi avremmo estremamente bisogno.
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