venerdì 22 Novembre 2024

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Fuori il mondo come va?: Quei cialtroni tamarri di Romeo e Giulietta

Raccontiamo l’attualità con una canzone

Se lei permette, caro lettore, oggi mi prendo un po’ di vacanza: le racconto, cioè, una storia magari anche carina, ma senza nessun significato speciale. Cosa crede? Che non si possa raccontare qualcosa senza una morale o una spiegazione? O che l’ultima analisi di una qualsivoglia novella è l’apprensione di un nuovo insegnamento? Potrebbe anche darsi. Ma io, di cose chiare, ne faccio ben poche: e questa storia non sarà che l’ennesima conferma. Perciò niente favoletta con significato morale. Vi racconterò di Romeo e Giulietta.

Chi non conosce la storia dei due innamorati e della loro tragica sorte? Quello che tutti non sanno è che Shakespeare raccontò solo una parte della storia. Ovvero fino alla morte dei due sfortunati amanti. Non aggiunse quello che successe l’attimo dopo.

Infatti, i due cadaveri posavano a terra, mano nella mano e la vita chissà dove. Arrivarono i famigliari dei Capuleti e dei Montecchi, ognuno tacendo nel proprio dolore e nella propria colpa. Molte lacrime venivano versate quando Frate Lorenzo notò un pezzo di carta nella mano di Romeo. la prese e tutte le persone capirono immediatamente di cosa si trattasse: l’ultima testimonianza scritta del suo amore per Giulietta. Tutti aspettarono che frate Lorenzo leggesse a voce alta e sonora le parole di Romeo, come se il sentimento eterno di quel povero ragazzo si potesse esprimere una volta per tutte. Fu invece un po’ timida come voce, anzi, parecchio stridula, come se si stesse rendendo conto solo in quel momento di aver detto qualcosa di diabolico. Altrimenti non avrebbe mai pronunciato la frase così tanto divisoria e altamente scomodante:

“Mia dolce Giulietta, sei la cosa più bella che abbia mai esistito. Il tuo Romeo.”

Non tutti nella folla erano poeti, e v’erano anche alcuni analfabeti e ubriaconi che avrebbero scambiato volentieri un verbo per un aggettivo; ma fu a tutti chiaro che qualcosa in quella dichiarazione stonasse. Nessuno fiatò, ma con molte espressioni facciali, ognuno dichiarò i propri pensieri. Robe tipo: “Stava per ammazzarsi, poveretto. Sarà stato sotto shock”, “Magari ha scritto di fretta e non se n’è accorto”, “Ma chi era il suo insegnante?”, “Certo che se le ultime dichiarazioni vengono scritte così, dove andremo a finire?”, “I giovani d’oggi sono sempre più ignoranti!”, “Ai miei tempi una cosa del genere non sarebbe mai potuta accadere!” E via dicendo…

Il cadavere di Romeo rimaneva a terra immobile come ogni normale persona fa quando, appunto, è un cadavere. Ma l’opinione su di lui cambiò in fretta: da “sfortunato amante che sfidò la sorte per amore” a “ignorante plebeo che non riusciva a scrivere correttamente in italiano” il passo è breve. Mentre la situazione stava prendendo una brutta piega, frate Lorenzo cercò di calmare gli animi, concentrando la folla sulla storia accaduta e non sulla frase grammaticale sbagliata. La folla si stava calmando ma d’un tratto la governate trovò un foglio di carta nella mano di Giulietta. Nella speranza che almeno questa frase fosse scritta giusta, gridò a gran voce l’ultima testimonianza scritta dalla sfortunata ragazza per il suo amato. Ma ahimè, non sortì l’effetto desiderato. Infatti la scritta così citava:

“Mio dolce Romeo, vorrei che apri gli occhi come io per te”

Da lì in poi tutti persero il controllo. C’è chi si strappava la maglietta, chi gridava allo scandalo. Qualcuno perfino gridò di arrestare i due ragazzi senza rendersi conto dell’impossibilità della cosa. Di certo la loro reazione non fu così assurda: una delle storie d’amore più belle e avvincenti di sempre, rovinata da due frasi ignoranti da teenager tamarri di periferia. Furono tutti così delusi che dimenticarono presto il dramma e si proibirono per sempre di parlare della loro storia d’amore: così sorprendente sul piano umano, tanto deludente nella sintassi. E così di Romeo e Giulietta non se ne parlò mai più.

Questa è la storia completa di Romeo e Giulietta. Non quella incompleta di Shakespeare. È una storia sbagliata, come canta quella famosa canzone di De André.

Si toglie quell’ultima parte della storia e tutti si commuovono, si emozionano piangendo e disperandosi, ignorando totalmente la figuraccia infernale commessa dai due sprovveduti in fin di vita. Come se non volessero accettare il fatto che in ognuno di noi dimora una frase sbagliata con una grammatica disgraziata che prende e distrugge tutto quello che di buono abbiamo fatto.

La conclusione? Non c’è nessuna conclusione da trarre, caro lettore. Se non quella di avvertirla da quelle persone così pure e innamorate ma colpevolmente disattenti riguardo quella che è la nostra bella e poetica lingua italiana. Accetti la cosa così com’è e mi creda. Credi. O mi credebbi. Credesti. Cred…Come è che si scrive?