A tu per tu con il noto artista romano, in uscita con il singolo intitolato “She walks in beauty”
Musica e poesia tornano ad andare a braccetto grazie all’intuito e al talento di Gabriele Ciampi, compositore e direttore d’orchestra di fama internazionale. Si intitola “She walks in beauty” il singolo che segna il suo ritorno discografico, disponibile negli store digitali e sulle piattaforme streaming dallo scorso 15 maggio, un brano importante, definito un inno alla speranza che, in questo preciso e difficile momento storico, emoziona e risolleva ascolto dopo ascolto. Il testo prende spunto dalle parole di una poesia scritta più di due secoli fa da Byron, dimostrando come l’arte e la bellezza riescano a superare qualsiasi prova del tempo, restando ideologicamente e tematicamente sempre attuali.
Ciao Gabriele, benvenuto. Partiamo dal singolo “She walks in beauty“, com’è nato e cosa rappresenta esattamente per te?
«La rinascita, è un brano che sostanzialmente rappresenta quello che verrà dopo il buio della notte, non a caso è ripreso da un’opera di Byron, un poeta che amo particolarmente perché dentro le sue parole c’è sempre questo sentimento di ripartenza, questa voglia di riscatto. Tutto questo ho voluto trasmetterlo in questo pezzo, perché io parlo attraverso le note, trascrivendo in musica quello che Byron ha scritto in poesia. E’ bastato chiudere gli occhi e immaginare il suono con i suoi versi, un punto di vista molto attuale anche se quei pensieri sono stati elaborati centinaia di anni fa. Anche in questo momento storico non dobbiamo pensare né al presente né al passato, bensì al futuro, reinventarci e ricostruire perché tutto cambierà e niente sarà più uguale a prima».
Una composizione impreziosita dalla voce di Teura, straordinaria, evocativa, ma al tempo stesso molto particolare. Come vi siete incontrati e cosa ti ha spinto a coinvolgerla in questo progetto?
«Teura è una voce che solitamente definisco come mezzosoprano naturale, una voce piena, un po’ afroamericana, tra il soul e il gospel, che arriva diretta. A me piace scrivere con poche note, mediante una tessitura e una struttura armonica molto minimal, questo lo ricerco anche nelle cantanti, sia liriche che non liriche. “She walks in beauty” era il brano adatto perché racconta questa situazione di emergenza e infonde speranza, quindi in dialogo con il violoncello, un altro strumento che possiede una sua particolare vocalità, perché ha un suono e un fraseggio che ti mettono i brividi. Secondo me, la sua voce era quella più adatta, perché risulta essere un vero e proprio elemento orchestrale».
E’ incredibile come nella nostra storia di esseri umani, ci siamo ritrovati così tante volte a ricercare la luce dopo dei periodi bui, ad alzarci dopo tante cadute. A livello discografico, come pensi ne potrà uscire l’industria musicale da tutto questo?
«Guarda, in realtà io sono contrario a tutti questi appelli di riapertura totale, come se nulla fosse accaduto. A tutti fa piacere stare su un palco, non bisogna essere ipocriti, ma quell’era lì è finita, ci sarà un nuovo modo di stare sul palco, un nuovo modo di ascoltare i concerti, compreso lo streaming che prima non c’era, una nuova piattaforma in grado di abbracciare un pubblico più ampio, mentre dal vivo la capienza sarà sicuramente ridotta. Sinceramente non credo sia qualcosa di negativo, dobbiamo essere bravi ad accettarlo e inventarci qualcosa di nuovo, in questo la tecnologia per fortuna oggi ci aiuta. In realtà io vedo solo lati positivi, anche a livello di ascolto, si presterà maggiore attenzione al senso di un brano. Dal punto di vista di chi crea, bisognerà realizzare qualcosa di estrema qualità, l’opera mediocre ormai verrà cancellata, andrà avanti chi avrà idee nuove, ci sarà un’evoluzione anche dei contenuti, questo spingerà tutti a produrre con maggiore criterio. E’ una rivoluzione che ha i suoi lati positivi».
Un compositore di esperienza come te, come riesce a coniugare la tecnica con l’emozione?
«All’inizio è tutto basato sulla tecnica, io non credo all’istintività, nel senso che tutti i grandi compositori del passato hanno sempre incentrato le proprie opere sulla razionalità. Nel momento in cui ti metti al pianoforte si comincia pensando alle tonalità, al tempo, all’armonia del brano e dopo crei, le idee devono rientrare all’interno di una struttura molto rigida, la libertà è quella di muoversi all’interno delle regole, la creatività è questo. La tecnica è alla base, una volta che hai acquisito il controllo di quello che scrivi, allora puoi prenderti delle libertà, ma sempre all’interno di una scatola prestabilita, altrimenti c’è confusione e basta».
A novembre uscirà il tuo nuovo album, cosa dobbiamo aspettarci a riguardo?
«Continuerà questo percorso di sperimentazione, soprattutto per quanto riguarda un nuovo modo di concepire la musica classica, ci sarà anche la componente elettronica, l’utilizzo del moog con questo suono un po’ anni ’80. E’ una nuova sfida, anche perché la musica si adatta a qualsiasi tipo di trasformazione, un esperimento che mi affascina e che apre per me una nuova pagina, a dimostrazione del fatto che per sperimentare bisogna sempre partire dalla profonda conoscenza della materia».
Per concludere, che ruolo possono avere l’arte e la musica in questa fase di ripartenza?
«Sono entrambe fondamentali, perché i messaggi artistici altro non sono che una spinta, quindi possiamo aiutare le persone a crederci, chi fa il mio mestiere contribuisce a dare lavoro ad altre persone, cercando di andare avanti, questo è il momento di investire e di collaborare, di non stare a casa aspettando che passi, perché non passa, è un qualcosa con cui dobbiamo purtroppo imparare a convivere. Anzi, dobbiamo cercare di fare del nostro meglio per aiutarci, coinvolgere gli altri e per voltare pagina».
Nico Donvito
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