A tu per tu con la giovane cantautrice partenopea, in uscita con il suo singolo d’esordio intitolato “Solo te”
È disponibile sulle piattaforme digitali “Solo te” (produzione D4F0UR / distribuzione Artist First), il primo singolo di Gaiè, studentessa napoletana diciasettenne, che durante il primo lockdown ha iniziato a scrivere testi, poesie e appunti sparsi. Approfondiamo la sua conoscenza.
Ciao Gaia, benvenuta. Partiamo dal tuo singolo d’esordio “Solo te”, che sapore ha per te questo pezzo?
«E’ un pezzo della mia vita, come tutti quelli che ho scritto e che usciranno in futuro, perchè derivano da mie esperienze personali. La scelta di estrarre per primo “Solo te” è avvenuta perché lo ritengo un brano adatto per cominciare, coincidenza vuole che si tratti anche della prima canzone che ho scritto durante il lockdown. Quella situazione di costrizione e di privazione, probabilmente, mi ha indotta a cercare me stessa in un altro mondo, così mi sono aperta alla scrittura».
“Ho bisogno di amarti per amare me stessa” canti nell’inciso, però è anche vero il contrario, perché solo se stiamo bene con noi stessi possiamo stare davvero bene con gli altri, infatti nella seconda strofa dici: “non può funzionare perché se non amo me, non posso amare te”. Asottolineare l’importanza dell’amor proprio, no?
«Sì ed è un concetto a cui io tengo veramente tanto, perché quando ero più piccolina non mi piacevo e cercavo di assomigliare tanto alle persone con cui stavo, in qualche modo per farmi accettare e per accettarmi. Crescendo ho capito che se non amiamo noi stessi non potremmo mai trovarci bene con gli altri, perché a nulla serve lasciare la nostra felicità nelle mani di altre persone. Senza l’amor proprio non si va da nessuna parte».
“Solo te” è un brano prodotto da Massimo Jovine, che tipo di lavoro c’è stato dietro la ricerca del sound e cosa ti ha lasciato di concreto l’esperienza in studio con lui?
«Un’esperienza fantastica. Oltre a Massimo c’è tutto un team di validissimi musicisti: da Valerio Jovine alle tastiere a Giuseppe Spinelli alle chitarre, passando per Antonio Esposito alla batteria. Sono entrata in studio quattro mesi prima dell’uscita del pezzo, proprio perché c’è santo tanto lavoro dietro, tutti gli elementi non a caso sono suonati. Questa esperienza mi ha arricchito, perché lavorare con dei professionisti porta sempre a una crescita, a scoprire qualcosa di nuovo. E’ un bel lavoro di squadra e sono molto contenta di aver lavorato con loro».
Per concludere, a chi si rivolge oggi la tua musica e a chi ti piacerebbe arrivare in futuro?
«Oggi la mia musica si rivolge alla mia generazione, dal duemila in poi, anche se ho potuto constatare con piacere che anche persone più grandi hanno avuto modo di ascoltare su Spotify il mio pezzo. Questo è un segnale, perché comunque parlo di cose che hanno vissuto tutti. Spero di arrivare un giorno a ritrovarmi su un palco per cantare davanti a tante persone che amano la mia musica».
Nico Donvito
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