A tu per tu con il compositore siciliano dal 9 novembre protagonista con il disco “Alta Quota”
Chitarrista, palermitano doc e grande appassionato della montagna, questo e molto altro ancora è Germano Seggio, musicista a tutto tondo che ha da poco rilasciato il suo nuovo album intitolato “Alta Quota”, un progetto contenente sette tracce strumentali dedicate agli splendidi paesaggi delle Dolomiti. Approfondiamo la sua conoscenza con questa piacevole chiacchierata.
Ciao Germano, benvenuto su RecensiamoMusica. Partiamo dal tuo nuovo album strumentale intitolato “Alta Quota”, da quale intuizione sei partito per la realizzazione di questo disco?
«Beh direi che più che un’intuizione è stata una necessità… La necessità di mettere in note quello che le Dolomiti negli ultimi dieci anni di vita mi hanno trasferito! E per approfondire il concetto partirò da un detto… “Non tutti i mali vengono per nuocere”. Ho avuto un brutto incidente motociclistico nell’agosto del 2003 in Costa Azzurra e per tre lunghi anni ho perso la mia autonomia subendo anche 18 interventi chirurgici per riconquistarla! Ma questo non è bastato a rimettermi in piedi.
Allora dopo mille ricerche come una pista d’atterraggio, che ti segna la strada sicura dove adagiare l’aereo, io trovai la mia verso la guarigione. E Cortina d’Ampezzo, con il suo Istituto Codivilla, seguito dall’allora Primario Francesco Centofanti e dal Dott. Mauro Ciotti, mi hanno ridato la libertà! Ho mosso i primi passi sulle Dolomiti, innamorandomi perdutamente di questi luoghi vuoi, perché mi hanno ridato la vita, vuoi perché credo sia il posto giusto dove ogni essere umano dovrebbe vivere, tornando al rapporto uomo/terra fisiologico».
Il progetto contiene sette tracce ispirate alla montagna, che rapporto hai con la natura?
«Il mio rapporto è molto “wild”, se vogliamo, la vivo in pieno, e se è il caso la subisco anche, ne traggo realmente energia vitale positiva, energia che si auto-genera godendo del paesaggio, ascoltando i “rumori”, respirando gli odori, e guardando i colori, che per ogni stagione hanno ambientazioni totalmente diverse e tutte super!
Svegliarsi al mattino aprendo le finestre respirando un’area mista a purezza e fieno, con il rumore del fiume che scorre e i campanacci del bestiame che passa sotto casa, credo che abbia dell’incredibile! Poesia per i sensi e musa ispiratrice per me! Adoro passeggiare fra i boschi, fare Nordic walking, andare in bici per tutte le piste ciclabili che collegano le varie vallate, andare su in malga a degustare un’ottima merenda, questo è il rapporto che ho con la natura e con questi luoghi magici».
Facciamo un salto indietro nel tempo, quando e come è nata la tua passione per la musica?
«Parte tutto dal momento in cui mio papà mi fece imbracciare per la prima volta la sua chitarra, ovvero all’età di 6 anni. Mi regalò il mio primo libro di Chitarra, che pensa un po’ aveva fatto già personalizzare per me, andando ad un concerto dei POOH e facendomelo autografare dal grande Dodi Battaglia. Ero ancora veramente piccolo ma dedicavo già ore ed ore alla chitarra, un po’ per emulazione, un po’ perché sentivo di farlo!Non riponevo mai la chitarra fintanto che non arrivava il raggiungimento dell’obiettivo prefissato… un obiettivo, che poteva essere una canzone piuttosto che un esercizio, e ad oggi non ricordo un solo giorno della mia vita senza la chitarra fra le mani, tranne che nei giorni più difficili della mia vita quando all’età di 28 anni ho avuto il grave incidente in moto di cui parlavo pochi minuti fa».
Quali ascolti hanno accompagnato e ispirato la tua crescita?
«I miei ascolti sono stati dapprima “imposti” da papà, era lui che dettava le leggi dell’ascolto in casa, grazie a Dio, aggiungerei! Si ascoltava Crosby, Still, Nash & Young, J.Hendrix, il grande Blues tra BB King e J. Lee Hocker, piuttosto che i Rolling Stones, passando Andreas Segovia a Mark Knopfler! Praticamente tutto (ride, ndr).
Poi come ogni adolescente, in qualche modo oppositivo per partito preso, comincia con la fase glam rock passando dai Van Halen, agli Skid Row piuttosto che Steve Vai e Joe Satriani, con il quale condivido da sempre il parrucchiere (scherzo). Ho anche suonato e frequentato tanto la Fusion di Miles Davis, piuttosto che Mike Stern e Pat Metheny».
C’è un incontro che reputi fondamentale per il tuo percorso artistico?
«Direi che sono tanti, ma sicuramente aver potuto lavorare e di conseguenza incontrare il grande Peter Gabriel la reputo sempre una cosa che in qualche modo ha scritto fisicamente nel mio DNA delle cose che difficilmente cancellerò! Grazie al suo WOMAD e alla coproduzione Fabio Lannino/Real World Peter ci diede la possibilità di girare il mondo in lungo e in largo passando per il Sud Africa, le Isole Canarie, l’Inghilterra, la Spagna, i live in BBC studio 6 etc.. con una band di nome Nuclearte».
Cos’ha la chitarra che gli altri strumenti non hanno? Cosa la rende così speciale per te?
«La chitarra è uno strumento che si suona con tutto il corpo, tant’è che diciamo “imbracciare la chitarra”, non prenderla in mano… è uno strumento fisico e artigianale allo stesso tempo. Se vogliamo, in base a quello che si suona, anche un po’ erotico nel senso Alto del termine. E poi nello schema della Popular Music ha preso quasi lo stesso spazio del vocalist, diciamo una posizione da frontman 2.0 Nell’immaginario collettivo la chitarra è il Rock and Roll e viceversa!
Per me è il naturale prolungamento del mio corpo, è il mio strumento di comunicazione con il resto del mondo! Non canto, non so scrivere una canzone dal punto di vista della scrittura creativa, ma se ho dentro un’emozione positiva o negativa che sia, ho il dono di esternarla con le note, con le ambientazioni sonore, da me create! “Alta Quota” infatti si esprime con un unico suono originale da me disegnato, che rievoca emozioni da me raccolte in quota».
Come valuti l’attuale situazione discografica del nostro Paese e il livello generale delle proposte che il mercato ci offre?
«Credo semplicemente che come tutte le aziende la musica si è aggiornata, rimodulata, cambiamo le regole dello show biz, altrimenti sarebbe precipitata nel baratro. Invece in qualche modo attivando il meccanismo dei Talent Show, ha ridotto i tempi di promozione e di produzione di un artista. Abbattendo anche i costi di produzione e permettendosi di fatto di andare avanti, generando nuove possibilità per uscire fuori dall’underground, vivendo il sogno come in qualsiasi altro paese del mondo».
Alla luce di tutto quello che ci siamo detti, per concludere, quale messaggio vorresti trasmettere al pubblico attraverso la tua musica?
«Io sì, come uomo, ma tramite “Alta Quota” vorrei mandare un preciso messaggio, ovvero “Take it easy”, per citare una famosa canzone… In soldoni il messaggio è semplice. Ovvero mi piacerebbe che la gente cominci a capire che la necessità è quella di rallentare, ritornare alle cose semplici, ricominciando a dare importanza anche alle cose semplici.
Tornare a riscoprire il valore dei colori e degli odori che si possono apprezzare praticando il Nordic Walking arrivando alla agognata e conquistata malga, che ci rifocillerà con le sue delizie naturali e Bio».
Nico Donvito
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