venerdì 22 Novembre 2024

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Ghali e la sua Bayna: quando il testo si fa gesto concreto

I gesti di accoglienza dentro le canzoni

Questa volta parliamo di gesti, esemplari e in tutto legati al testo di una canzone. Se a compiere l’azione è un cantante, che ha trattato precedentemente una specifica tematica sociale in un suo pezzo, siamo di fronte a un caso, significativo ed esemplare per la rarità con cui succede che le parole superino il loro messaggio e diventino atto concreto ed eccezionale.

Lui è Ghali, rapper milansese di origini tunisine, la canzone è Bayna, con cui apre il suo ultimo album ‘Sensazione ultra’. Nel testo tratta la delicatissima realtà dei migranti clandestini, esposti al rischio di vita per le precarie condizioni con cui tentano la via della libertà, viaggiando di notte su imbarcazioni improvvisate. La canzone, che si apre e si chiude con due strofe in arabo, parla in italiano al centro e, mediante il ricorso alla rima baciata, mette sotto la lente d’ingrandimento quanto accade nel mare nostro Mediterraneo.

“Tra me e te il Mediterraneo Il volto familiare di un estraneo Orfano come un nuovo ateo Immagina il Corano nella radio Non parlan bene di noi al notiziario Malеdetto quel giorno allo stadio Ora, a testa in giù, tutto è più chiaro”. E poi rivolgendosi all’Italia come a un mamma, personificandola e affettivizzandola, “sеconda mamma Sei la mia seconda mamma”, Ghali si fa ancora più maturo e consapevole ammettendo “non c’è figlio che non sbaglia” e rivolgendosi agli italiani, con il ricorso alla seconda persona tu, conferma il motivo di quelle difficili partenze “no Tu sogni l’America io l’Italia”, non la semplice Italia, ma “la nuova Italia”.

Cosa racchiude quell’aggettivo nuova? Intanto il fatto che a precederlo ci sia l’articolo determinativo significa che si sta parlando di una realtà che già esiste, concreta, osservabile, che sicuramente non è da fondare dal nulla. È l’Italia multirazziale, delle seconde e terze generazioni, dei figli dei migranti che sono nati nel nostro Bel Paese. Perché allora tanta fatica ancora a riconoscerli come connazionali? Perché tanta riluttanza o chiusura ad accogliere chi decide di intraprendere un viaggio di migrazione verso una terra che può rappresentare una possibilità di vita diversa, migliore per tanti versi o, perché no?, “semplicemente” nuova, dove intraprendere un progetto di futuro senza più la paura della fame, della povertà, della guerra. Ma quali assurde paure si attivano in chi è chiamato ad accogliere? Perché ci si lascia sopraffare da esse? Perché si sviluppa un sentimento di proprietà e possesso verso il posto dove si nasce piuttosto che un senso di appartenenza da condividere con chi incontreremo lungo il cammino? Perché siamo pronti a infliggere lance verso chi non viene in guerra, ma al massimo sta scappando da quella?

Per ogni esistenza migrante diventa conforto e mantra il testo di DimartinoNulla da dichiarare’. Vi si legge “non pensare a quello che hai lasciato a casa Sono solo cose, e le cose prima o poi Diventano rovine E a te Cosa importa di tutto se Hai visto il mondo? (…) E alle dogane, alle frontiere Alle divise tutte uguali Al vento contro le bandiere Agli ammiragli delle navi Ai parlamenti che non parlano di niente E seguono le logiche Lo sai, non hai niente da chiarire Niente da dichiarare Sull’economia che ci rende piccoli Niente da dichiarare Sulle vite troppo tristi dei burocrati Niente da dichiarare Sulle croci sopra i questionari inutili Niente da dichiarare Sulla geografia che divide le anime Niente da dichiarare”.

Anche in questo risiede la forza del gesto di Ghali, che ha donato una barca di salvataggio, chiamandola col nome della sua canzone, all’Ong Mediterranea Saving Humans e alla sua nave Mare Jonio, la sola battente bandiera italiana della Flotta Civile di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale. Salvare una vita in più non ha bisogno di dichiarazioni né di giustificazioni, ma è principio etico a cui tutti gli Stati e i loro Governi dovrebbero improntarsi, senza limitazione di sorta. Invece, è una materia “grigia”, ancora troppo vischiosa e nebulosa, che richiede intento, impegno e azione. Non si tratta, per dirla con Orietta Berti, di “finché la barca va lasciala andare”, perché qui pare di assistere alla minaccia continua di un tentativo politico e sociale al contrario, che cerca di sbarrare la rotta a quelle imbarcazioni e di impedire a quelle vite di potersi ri-affermare e ri-nascere.

Qui non bisogna aspettare “quando l’amore viene il campanello suonerà”, anzi si tratta di spegnere ogni sirena di allarme e calarsi nel duro lavoro di costruzione di un amore filantropico universale di cui, troppo spesso, sembra che questo mondo abbia perso il seme dentro di sé e non abbia conservato memoria di quante lotte secolari siano state già combattute e vinte in nome del colore della pelle. È tempo di recuperare e compiere nuovi passi verso un mondo migliore di quello in cui ci capita di imbatterci e di imbrattarci. Le cose belle accadono, e quando questo avviene grazie anche alla musica, va fa fatto sapere con tutta l’energia possibile, sempre.

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Francesco Penta

Appassionato della parola in tutte le sue forme; prediligo, in particolar modo, la poesia a schema metrico libero. Strizzo l'occhio all'ironico, all'onirico e al bizzarro. Insieme alla musica sia la parola. Dopo la musica si ascolti il silenzio; da questo "vuoto sonoro" nasca un nuovo concerto.