domenica, Aprile 28, 2024

CLASSIFICHE

SUGGERITI

Ghali e quel messaggio di pace stroncato sul nascere, gli artisti non sono più liberi di urlare il proprio dissenso?

L’arte da sempre è stato un veicolo di protesta, i musicisti e i cantanti in particolare, soprattutto negli anni ’60, ’70 e ’80 hanno urlato il proprio dissenso verso tutto ciò che era contrario al proprio modo di vedere la società, difendendo quelli che per loro erano diritti imprescindibili. Ci sono state negli anni canzoni di protesta contro la guerra e a tutela di diritti civili, femministi, operai, la musica da sempre come forma di espressione è stata giudicata libera, senza barriere o bavagli. Quanto accaduto nei confronti di Ghali a Sanremo 2024 rappresenta un grave campanello d’allarme, ancor più grave perchè l’artista dal palco dell’Ariston ha chiosato il suo intervento dicendo “Stop al genocidio”, non una protesta, ma un messaggio di pace pienamente condivisibile e foriero da strumentalizzazioni di sorta.

Che Israele si sarebbe risentito per un endorsement a favore dei Palestinesi c’era da aspettarselo, che la Rai si inchinasse e in diretta televisiva facesse leggere alla Venier un comunicato pro Israele scritto dall’Amministratore Delegato Roberto Sergio un pò meno. Dalla televisione pubblica ci si aspetta un atteggiamento equidistante dai fatti della politica, prendere posizione in maniera così palese contro la popolazione palestinese stride non poco ed è in contraddizione con la linea editoriale di Viale Mazzini che da sempre si è professata lontana da pressioni politiche e orientata verso la pluralità di informazione e di pensiero.

IL “BAVAGLIO” IN ONDA LA DOMENICA POMERIGGIO

Il bavaglio è invece andato in onda una domenica pomeriggio in diretta da Sanremo, quella tradizionalmente dedicata alla passerella dei protagonisti del Festival appena concluso e di per sè foriera di ascolti stellari. A uno stupefatto Ghali è stata chiesta una risposta alle parole dell’ambasciatore Israeliano, che in una nota ha espresso rammarico per le parole dell’artista che a suo avviso avrebbe dovuto evitare di esortare allo stop al genocidio dal palco più importante d’Italia. Le parole di Ghali ce le saremmo dovute aspettare dalla Rai al posto di un imbarazzante inchino verso chi prendendo a pretesto una azione terroristica, sta bombardando la popolazione civile.

“Non so cosa rispondere – ha detto Ghali che poi ha aggiunto – mi spiace tanto che l’ambasciatore abbia risposto in questo modo, c’erano tante cose da dire invece mi è stato chiesto di tacere, per cosa dovrei usare questo palco ? Io sono un musicista ancora prima di essere su questo palco, ho sempre parlato di questo anche prima del 7 ottobre (data dell’attacco di Hamas durante un rave in cui sono stati uccisi e rapiti ragazzi israeliani), sono uno di quelli nati grazie a Internet, che può documentare che da quando sono bambino, da quando ho scritto le mie prime canzoni parlo di quello che sta succedendo, questa cosa va avanti già da un pò.” 

Poi la triste constatazione di quanto la gente abbia sempre più paura di esternare le proprie idee per paura di essere ostracizzata :

Questa politica del terrore non va bene, la gente ha sempre più paura di dire ‘stop alla guerra, stop al genocidio’ perchè stiamo vivendo in un momento in cui le persone sentono che vanno a perdere qualcosa se dicono ‘viva la pace’ cioè assurdo, non deve succedere questo. L’Italia ha valori completamente opposti a questa vicenda.”

E alla Venier che ha detto quanto tutti dobbiamo essere a favore della pace, ma che vestita della sua migliore incoerenza e inchinandosi all’azienda ha letto in diretta il comunicato pro Israele di Roberto Sergio, Ghali ha risposto:

Ci sono dei bambini di mezzo, io ero un bambino che sognava e ieri sono arrivato quarto, di quei bambini che stanno morendo in questo momento chissà quante star, chissà quanti dottori, chissà quanti insegnanti, quanti geni, stanno lì in mezzo e stanno morendo”

Già a Festival in corso Ghali ha dovuto chiarire la sua posizione, cosa assai grave che un’artista debba giustificare il proprio operato. Un tempo si importavano dagli USA modi e costumi, nel contempo ai tempi della guerra fredda si seguivano pedissequamente le indicazioni NATO, adesso che l’Europa ogni giorno rivendica la propria coesione come Unione, resta ancora schiava dei dictat di Washington, la classe politica italiana raccoglie e segue, impedendo agli artisti di gridare il proprio dissenso. Chiudiamo con le parole di Simonetta Sciandivasci su La Stampa e che ci sentiamo di condividere in pieno :

“In un momento in cui i ragazzi hanno desiderio di artisti che siano consapevoli che tutto è politica (meno quello che fanno i partiti), noi siamo lì a dire a Ghali e a Dargen D’Amico che non lo possono fare:  questa è censura”