Nel secondo anniversario della scomparsa, ricordiamo uno dei più grandi batteristi del nostro Paese, capace di esplorare nuovi generi musicali e ogni volta reinventarsi artisticamente.
Una vita vissuta a pieno ritmo, il ritmo della sua amata batteria, lo strumento attraverso il quale è riuscito ad affermarsi e a raggiungere il grande pubblico, fondando nel 1971 il gruppo rock progressivo dei Museo Rosenbach e nel 1975 i Matia Bazar, camaleontica band che ha profondamente segnato la storia della musica leggera italiana.
Soprannominato il ‘Capitano’, con il gruppo ha vissuto un’intensa e longeva storia d’amore, spezzata nel corso della tournée celebrativa volta a festeggiare il quarantesimo anniversario dalla nascita della loro formazione. Stroncato da un infarto nella notte del 12 agosto 2015, all’età di 63 anni nella sua villa di Bordighera, Giancarlo Golzi è stato l’unico membro fondatore a non abbandonare mai la nave dei Matia, da buon capitano, riuscendo a garantire continuità, serenità e unione nella band, fungendo da perno in quella che possiamo considerare un po’ una grande famiglia allargata, composta dagli amici: Piero Cassano (tastierista e chitarrista dal 1975 al 1981 e dal 1998 al 2007), Carlo Marrale (chitarrista e cantante dal 1975 al 1994), Aldo Stellita (bassista dal 1975 al 1998, anno della sua prematura scomparsa), Mauro Sabbione (tastierista dal 1981 al 1984), Sergio Cossu (tastierista e chitarrista dal 1984 al 1998) e Fabio Perversi (tastierista dal 1998 ad oggi, colui che avrà il compito di traghettare la band nel futuro), oltre alle quattro storiche cantanti che, attraverso le rispettive eccelse doti vocali, si sono alternate alla guida del gruppo: Antonella Ruggiero (dal 1975 al 1989), Laura Valente (dal 1990 al 1998), Silvia Mezzanotte (dal 1998 al 2004 e dal 2000 al 2016) e Roberta Faccani (dal 2004 al 2010).
Nel corso della sua carriera ha composto i testi di numerose canzoni del gruppo, tra cui ricordiamo: “Tu semplicità”, “Raggio di luna”, “C’è tutto un mondo intorno”, “Il tempo del sole”, “Italian sinfonia”, “Fantasia”, “Vacanze romane”, “Elettrochoc”, “Il video sono io”, “Quando non ci sei”, “Sotto il cielo del destino”, “Parola magica”, “Brivido caldo”, “Questa nostra grande storia d’amore”, “Grido d’amore”, “Gli occhi caldi di Sylvie”, “Conseguenza logica” e “Sei tu”. Con i Matia Bazar ha partecipato per ben dodici volte al Festival della canzone italiana di Sanremo, ottenendo due vittorie nel 1978 con “…e dirsi ciao” e nel 2002 con “Messaggio d’amore”.
Oltre che un artista di acclarata esperienza, ci ha lasciato una grande persona dotata di un’umanità e una sensibilità fuori dal comune. Pur non avendo mai avuto il piacere di incontrarlo, ho approfondito la sua carriera attraverso il ricordo e gli aneddoti delle persone a lui care, i video e le interviste presenti in rete, fino ad arrivare ad avvertire di conoscerlo da sempre e, di conseguenza, inevitabilmente a commuovermi. La sua è una storia semplice ma al tempo stesso speciale, di un uomo di poche parole, profondamente artista in tutto, anche nei suoi silenzi. L’anima tenebrosa di un gruppo che non si è mai adagiato sugli allori e ha fatto della ricerca musicale il proprio marchio di fabbrica, sotto l’occhio attento del suo leader che amava definirsi come “dei sognatori che nuotano in un eterno mutamento… in un mare di cielo”, proprio come delle nuvole. Parlava spesso al plurale, ma non per particolari ambizioni o tendenze maiestatiche, bensì perché si sentiva guida e parte integrante di una squadra, proprio come un capitano d’altri tempi e, da buon juventino, avrebbe sicuramente apprezzato il paragone con Boniperti, Scirea, Brio e Cabrini.
Come spesso accade ai grandi personaggi, purtroppo, anche Giancarlo non è ricordato come avrebbe meritato. Tra i pochi che non perdono occasione di onorare la sua memoria ci sono la cantante Silvia Mezzanotte, considerata da lui come una sorella, il critico musicale Maurizio Scandurra, e i tanti fan dei Matia Bazar, che ringrazio citando tra tutti Paolo Tacchinardi, sia per gli approfondimenti che per le foto che impreziosiscono questo articolo e che ritraggono il batterista in compagnia degli amici che hanno condiviso con lui gli ultimi momenti di vita personale e professionale. Quello che ci rimane oggi di Giancarlo sono scatti rubati, sorrisi sornioni, la passione per la musica ereditata dal figlio Davide e, soprattutto, racconti ed emozioni senza tempo che niente e nessuno potrà mai cancellare, perché in fondo la bellezza dell’arte è che riesce a rendere immortali gli artisti attraverso un quadro, un romanzo, una fotografia… una canzone.
Nico Donvito
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