Con “Fenomenale” la Gianna nazionale si dimostra quanto mai povera d’idee e cede alla tentazione del pop facile 2.0
Gianna Nannini mancava discograficamente con un progetto inedito da quasi 5 anni. Dopo “Inno“, datato gennaio 2013, infatti, ci sono stati un album di cover (Hitalia), un best of (Hitstory) e tour sia italiani che europei. Per ottobre 2017 è atteso, finalmente, il nuovo progetto discografico che, come prima sostanziale novità, ha la presenza di Michele Canova Iorfida alla produzione artistica.
Per anticipare la nuova fatica discografica (Amore gigante) la canatutrice toscana ha scelto di lanciare in anteprima radiofonica il singolo Fenomenale, brano firmato dalla stessa Nannini insieme a Davide Petrella che, ultimamente, sta collezzionando importanti collaborazioni tra cui prima quella con Francesco Renga (suo è il suo ultimo singolo, Nuova luce) e poi quella con Elisa (suo il testo in italiano di Ogni istante di cui abbiamo parlato qui).
Il punto, però, è un altro: che cosa ci si potrebbe aspettare dal primo singolo della regina del rock italiano da oltre 30 anni? Personalmente mi sarei atteso una possente canzone incisa da chitarre elettriche e un sapore energico di quelli che Gianna da sempre ha saputo esprimere al meglio. Invece no, la Nannini sceglie il racconto mieloso di un amore alquanto contradditorio e confuso: se inizialmente “voglio perdermi solo dentro di te” il sentimento si fa poi imporvvisamente doloroso e, per certi versi, quasi ironicamente autolesionista dato che l’inciso recita “voglio calpestarti il cuore, vedere come va a finire, se sono più brava io a sbagliare o tu a mentire”. Insomma sti due se amano o si divertono a farsi del male a vicenda? La parte più bella, però, arriva nella prima strofa dove si narra dell’incontro tra i due amanti: “la tua lingua taglia il cielo, tra le mie grandi aereoplani”, tutto questo ovviamente dopo che un gelato all’amarena “dalla mia schiena hai soffiato via”. Non si pretendeva l’incontro poetico tra Dante e Beatrice ma qui non si raggiunge nemmeno il minimo indispensabile.
Il pasticcio, più, grande però avviene sul piano musicale: Gianna non suona più come Gianna ma assomiglia in un modo spropositato a tutta quella fitta schiera di artisti di cui Canova ha prodotto gli utimi lavori. Le strofe così incalzanti e piene zeppe di sintetizzatori suonano come quelle di una Michielin qualsiasi o di un Antonacci di turno. L’inciso si apre poi in un arrangiamento del tutto orchestrale nell’apertura pre-rit dove ritorna protagonista la ritmica. Gianna si perde tra doppie voci, suoni del tutto sintetici e una dimensione electro-pop che la snatura e la rende persino più “educata” vocalmente di quanto non sia mai stata. Lo sprazzo arriva nel finale dove finalmente la toscana tira fuori un verso in controtempo ripetendo per la centesima volta “fenomenale“.
Gianna, evidentemente, non ha davvero più nulla da dire nè tantomeno, nessuna idea di come continuare a suonare rock al giorno d’oggi. Da regina assoluta del rock italiano la Nannini scende a patti con il suo peggior nemico e si sveste di una corona che evidentemente non ha più la forza e l’originalità di portare. Abbiamo perso, se queste sono le premesse, una regina per acquistare una misera duchessa del pop nemmeno troppo ispirata e originale. E’ proprio il caso di dire che non c’è proprio nulla di “fe-no-me-na-le”.
Ilario Luisetto
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