A tu per tu con il rapper classe ’91, disponibile negli store dal 6 settembre con l’album “Black mood“
Tempo di nuova musica per il Gionata Ruggieri, meglio conosciuto con lo pseudonimo di GionnyScandal, in uscita per Virgin Records con il suo ultimo progetto discografico, intitolato “Black mood”. Sedici tracce che segnano una profonda svolta artistica, un cambiamento che trae spunto dalle proprie origini e dà vita ad una wave inedita per il mercato italiano: l’emo-trap.
Benvenuto su RecensiamoMusica. Partiamo dal tuo nuovo progetto discografico “Black mood”, cosa aggiunge al tuo percorso?
«Più che aggiungere toglie, nel senso che non esiste più il GionnyScandal di prima, inizia un nuovo capitolo, ho deciso di mettermi completamente a nudo, mostrandomi per la prima volta senza filtri. Per fartela breve, ho cercato di unire l’emo all’hip hop, perché provengo da quel mondo, avendo militato come chitarrista e cantante in una band emo-core nel lontano 2009, ho iniziato veramente con quella roba, ho sentito il bisogno di riscoprirmi e di tornare a trattare quel tipo di tematiche».
Le tematiche le hai descritte molto real, vere al 100%. Non hai posto filtri o limiti, perché ci vuole anche coraggio nell’ammettere di essere triste e buttare fuori le proprie fragilità. Come sei arrivato a questa consapevolezza?
«In realtà sono sempre stato consapevole di questo, c’era qualcosa che mi frenava e che mi diceva di mettere dei paletti, nel modo di pormi e nel modo di scrivere. A ‘sto giro mi sono detto: “Perché non devo dire cose che sono vere? Perché se sto male non posso raccontarlo? Perché devo far finta che sia tutto ok quando non è così?”. Di conseguenza, semplicemente, è nato il disco».
Musicalmente parlando, c’è molto di tuo, hai suonato le chitarre. Pensi aver trovato la giusta veste sonora per raccontarti, soprattutto in modo così intimo e personale?
«Assolutamente sì, il genere che faccio è fatto apposta per raccontare questo tipo di cose. Come hai detto tu, il sound è esattamente quello che serve per questo genere di tematiche».
Possiamo affermare che la musica è stata la tua terapia, questo è un bel messaggio, soprattutto per i ragazzi, per i giovani che ti seguono. Che idea ti sei fatto per quanto riguarda la reazione del tuo pubblico?
«Sicuramente molti si sono spaventati, soprattutto le ragazzine molto piccole, forse perché non possono ancora capire questa nuova wave, pochi sanno che questa roba è il futuro. Portare all’estremo qualcosa è figo e per me reale ma, dall’altra parte, può farti perdere fan di vecchia data che, forse, si aspettavano altro. Personalmente ho pensato che fosse la cosa più giusta da fare, è un rischio che ho voluto correre, non aveva più senso continuare così, non era la mia musica quella che facevo prima, questo è il mondo dal quale provengo».
Al di là dell’emo-trap e del genere unico, almeno per l’Italia, che porti avanti, come valuti l’attuale situazione discografica?
«Penso che finalmente si possa affermare che il rap è il genere più alto in classifica, quello che domina il mercato, lo dimostrano i fatti. Piano piano l’Italia si è svegliata, finalmente, speriamo che il pubblico possa capire e apprezzare questa nuova ondata di freschezza, perché oltreoceano si sono già svegliati. Ormai la scena hip hop è satura, tutto è stato detto e già fatto, la trap fine a se stessa non ha davvero più nulla da dire».
Vista la tua onestà, sinceramente, ti piacerebbe partecipare al Festival di Sanremo? Lo consideri un palco abbastanza sdoganato, pronto a un genere musicale come il tuo?
«Pronto sì, nel senso che potrei pensarci, sono aperto a nuove esperienze, non sono uno che esclude a priori qualcosa. Probabilmente loro non sono pronti a me, perché è molto difficile che un genere come il mio possa essere accettato in un contesto di quel tipo, vedremo».
Per concludere, dove e a chi desideri arrivare con la tua musica?
«Non desidero arrivare a qualcuno in particolare, chiunque può ascoltare la mia musica, a maggior ragione perché racconto cose che possono riguardare chiunque, perché tutti siamo tristi e nessuno può negarlo. E’ impossibile che dentro ognuno di noi non ci sia una parte triste, pensto che questo sia uno degli argomenti più “rispecchiabile” possibile».
Nico Donvito
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