Giorgia: “Sanremo ha sempre la sua magia” – INTERVISTA
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A tu per tu con Giorgia, in vista della sua partecipazione a Sanremo 2025 con “La cura per me”. La nostra intervista all’ugola romana che torna al Festival per la sesta volta
Torna a Sanremo per la sesta volta Giorgia, lo fa con “La cura per me”, pezzo scritto e composto con Blanco e Michelangelo. A trent’anni dalla vittoria con “Come saprei”, l’ugola romana è pronta a rimettersi in gioco con un brano che nobilita sia il Festival che il suo repertorio. Scopriamo cosa ha voluto raccontarci in questa nostra intervista.
Giorgia presenta “La cura per me”, l’intervista
Partiamo da questo bellissimo fuoriprogramma, ovvero il tuo ritorno al Festival di Sanremo con “La cura per me”. Più un merito o colpa di questa canzone?
«Colpa… di questa canzone! Perché per come vivo le cose io, per come vivo Sanremo, per come lo sento, come atto proprio forte nella mia vita musicale, è tutta colpa della canzone!».
La cura nella vita è soggettiva, è un po’ questo il sottotesto del pezzo. In cosa trovi conforto e sostegno tu, sia quando sei sul palco che quando scendi giù?
«Sì, la cura è soggettiva e, molto spesso, sa essere personale e nasce proprio da se stessi. In cosa trovo conforto quando sono sul palco? Sicuramente in quella magia che la musica crea, che ti rende un po’ uno strumento. Alle volte succede, non sempre, però è come se si diventasse un tramite fra il su e il giù. E quindi, in quel caso, diventa veramente un conforto. Quando scendo dal palco, invece, lo ritrovo nelle persone che mi sono vicine».
Non sappiamo se sei scaramantica, ma quest’anno il tuo nome è tra i favoriti sia per i bookmakers che per la stampa. Hai vissuto edizioni con vibrazioni sia positive che negative: come valuti a distanza di tempo la precedente partecipazione con “Parole dette male” e come ti auguri di poter vivere questo tuo sesto Festival?
«”Parola dette male” è stata una partecipazione importante per la mia vita interiore e professionale, perché è stata un’esperienza faticosa per certi versi, anche perché era la prima cosa che tornavo a fare dopo il Covid, dopo quel momento di profonda chiusura e quindi ho vissuto quella settimana trasformandomi. È stato faticoso, al di là dei risultati o dei non risultati, però l’ho vissuta in maniera molto intensa, faticosa, ma molto preziosa perché mi ha un po’ rimesso in pista, in gioco. Questa volta arrivo a Sanremo senza che fosse previsto, con l’intento di portare una canzone, visto che è il Festival della canzone, dopo un anno intenso, pieno. Si tratta, in qualche modo, comunque di un altro appuntamento con la vita musicale».
Quest’anno in gara con te ci sono tanti giovani. Tu stessa nel 1995 vincesti da outsider, superando in classifica Morandi, Bocelli, Fiorello e tanti altri. Una volta il maestro Celso Valli mi confessò che tu e lui eravate forse gli unici del team a non credere a una possibile vittoria di “Come saprei”. Come l’avevi vissuta all’epoca?
«Allora, quella vittoria del 1995 fu veramente inaspettata, perché ero stata ripescata dai giovani dell’anno prima, dove avevo cantato “E poi”. Quindi entrai nella categoria big, dove c’erano veramente tanti artisti importanti e già affermati. Fu veramente un fuori programma la mia vittoria ed è vero che non ci credevo. Non ci credeva nessuno, se non il pubblico da casa forse, ma la percezione dall’interno è che sembrava proprio impossibile. Fu una cosa veramente pazzesca, che sono riuscita realizzare dopo diversi anni, perché lì per lì ero proprio nel mio mondo… fatto di pois (sorride, ndr)».
Per concludere, si dice che il palco dell’Ariston faccia tremare le gambe a chiunque. Chi meglio di te può spiegarci il motivo, essendo un’artista che ha calcato palchi altrettanto prestigiosi: che risposta daresti allo slogan “Perché Sanremo e Sanremo”?
«Non c’è risposta, perché questa è la risposta. La risposta è intrinseca in “Perché Sanremo e Sanremo”. Quindi non importa quante volte ci vai e quanti palchi puoi calcare, quando arrivi lì c’è sempre una sorta di magia di cui non si sa bene il motivo, ma c’è e se la senti è un macello. Bisogna solo incrociare le dita e pregare (ride, ndr)».