“Graffi sulla schiena” di Antonella Arancio: te la ricordi questa?
Viaggio quotidiano nella colonna sonora della nostra memoria, tra melodie sospese nel tempo pronte a farci emozionare ancora. Oggi parliamo di “Graffi sulla schiena” di Antonella Arancio
La musica è la nostra macchina del tempo: basta una nota, un ritornello, ed eccoci di nuovo lì, in una stagione vicina o lontana, in un’auto con i finestrini abbassati o nella cameretta della nostra infanzia. “Te la ricordi questa?” è il nostro appuntamento quotidiano per riavvolgere il nastro delle emozioni, proprio come si faceva una volta con una semplice penna e una musicassetta. Oggi l’orologio del tempo ci riporta al 1995 con “Graffi sulla schiena” di Antonella Arancio.
Ogni giorno, alle 13:00, vi accompagneremo in un viaggio musicale alla riscoperta di queste gemme nascoste: canzoni che hanno detto tanto e che hanno ancora tanto da dire, pronte a sbloccare ricordi, evocare immagini, restituirci pezzi di passato con la potenza che solo la musica sa avere. Brani che forse oggi non passano più in radio, pezzi di artisti affermati lasciati in un angolo, o successi di nomi che il tempo ha sbiadito ma che, appena tornano nelle nostre orecchie, sanno ancora farci vibrare. Perché la musica non invecchia, si nasconde soltanto tra le pieghe del tempo, aspettando il momento giusto per colpire nel segno e farci esclamare sorpresi un: “Te la ricordi questa?”.
Ti sblocco un ricordo: “Graffi sulla schiena” di Antonella Arancio
Tra le canzoni meno note ma più affascinanti della scena musicale italiana degli anni ’90, “Graffi sulla schiena” di Antonella Arancio merita una riscoperta. Pubblicato in un periodo in cui le voci femminili cercavano spazio tra melodramma e canzone pop, il brano si distingue per l’intensità emotiva, il linguaggio diretto e una costruzione musicale avvolgente, sospesa tra seduzione e difesa emotiva.
Il testo ruota intorno al desiderio fisico e all’ambiguità dei sentimenti. La Arancio canta con voce calda e decisa una scena carica di tensione erotica: le mani che scorrono, la pelle che brucia, la musica che “accende”. Ma tutto questo si scontra con una barriera invisibile, quella del cuore che non vuole essere ferito: “Puoi graffiarmi tu se vuoi, ma il cuore mai”.
C’è una donna consapevole della propria sensualità ma anche lucida nel proteggere la propria parte più fragile. I “graffi” diventano così metafora dei segni dell’amore fisico, passeggeri e superficiali, contrapposti alle ferite dell’anima, ben più difficili da guarire.
“Graffi sulla schiena” è una canzone che merita di essere riscoperta, un piccolo gioiello di sensualità e autoconsapevolezza, che dimostra quanto la musica leggera italiana degli anni ’90 potesse essere moderna, audace e profonda.
Il testo di “Graffi sulla schiena” di Antonella Arancio
Piano piano, scivolando
la tua mano scende
che va cercando?
Poi risale, meno male
vado a fuoco
i sensi non vanno più
Ma questa musica accende
batte sui fianchi
lo so cosa pensi, dai e dai
e le tue dita parlanti
frasi bollenti, un brivido
che fai? che fai? che fai? che fai?
I graffi sulla schiena che bugia
mi bruceranno un po’ ma vanno via
ma non ferirmi il cuore quello mai
potresti farti male, mi difenderai
puoi graffiarmi tu sei vuoi
ma il cuore mai
Le emozioni le nascondo
posso anche soffrire ma sorridendo
per amore non affondo
anche se stasera chissà cos’è
E questa musica accende
batte sui fianchi
e tu mi domandi
“vuoi o non fuoi”?
ci vuole poco ad avermi
molto a tenermi, un brivido
che fai? che fai? che fai? che fai?
I graffi sulla schiena che bugia
parole dolci che non vanno via
e tu che mi domandi “vuoi o no?”
ed io che ti rispondo “io non lo so”
stavolta non lo so, chissà perchè
perchè perchè
La musica accende
batte sui fianchi
lo so cosa pensi, dai e dai
e le tue dita parlanti
frasi bollenti, un brivido
che fai? che fai? che fai? che fai?
I graffi sulla schiena che bugia
parole dolci che non vanno via
ma non fermarmi il cuore, quello mai
farmi del male non vorrai
i graffi sulla schiena che bugia
parole dolci che non vanno via
stavolta non ti fermerò