Gueppecartò: “Il ruolo dell’artista? creare un mondo parallelo” – INTERVISTA
A tu per tu con i Gueppecartò, che si raccontano in occasione dell’uscita del concept album “D-Segni”. La nostra intervista al duo musicale
Ci sono incontri che cambiano il destino, scintille improvvise capaci di trasformare un gruppo di musicisti in un progetto artistico in continua metamorfosi. Per i Guappecartò tutto è iniziato così: con l’attenzione dell’attrice Madeleine Fisher, che intuì il potenziale della loro musica e li volle per la colonna sonora del suo film “Uroboro”. Da quel momento, un viaggio quasi leggendario: pochi spiccioli raccolti suonando per strada, una macchina diretta verso Parigi, una città che li avrebbe adottati e un percorso che li avrebbe portati a più di 1500 concerti in tutta Europa, cinque album pubblicati – tra cui Rockamboles, diventato colonna sonora del pluripremiato Gatta Cenerentola – e una nuova identità artistica costruita chilometro dopo chilometro.
Il loro nuovo lavoro, “D-Segni”, nasce proprio da quell’origine e da un’eredità preziosa: il libro Segni, donato da Fisher nel 2004, diventa oggi la matrice simbolica di un concept album che intreccia memoria, introspezione e sperimentazione elettronica. Dopo oltre vent’anni di storia e un percorso umano complesso, i Guappecartò, oggi formati da Mala (Marco Sica) e Braga (Pierluigi D’Amore) – scelgono di celebrare quella scintilla iniziale trasformandola in un’opera che è insieme omaggio e rinascita. Li abbiamo incontrati per esplorare la genesi del progetto, il rapporto con l’eredità di Fisher, la costruzione di questo nuovo universo sonoro e la potente dimensione live con cui stanno dando vita a “D-Segni”.
“D-Segni” è un concept album che nasce da un’eredità artistica importantissima. Come avete riscoperto il libro “Segni” di Madeleine Fischer e cosa ha riattivato dentro di voi?
Mala: «Il misterioso libro “Segni” era un regalo che Madeleine mi fece nel 2004 prima di partire per Parigi. L’ho riscoperto l’8 aprile 2020 il giorno dolorosissimo in cui Madeleine ci ha lasciato. Il vuoto che sentivo dentro si è immediatamente colmato quando mi sono immerso nel mondo di “Segni”. La sua assenza in “D-SEGNI” diventa presenza vitale e motrice».
Braga: «È un libro affascinante, 80 tavole composte da immagini e aforismi dalla potenza evocatrice potente e primordiale, proprio come la musica… era quasi inevitabile che da esso ci scaturissero mille idee».
Come avete costruito il percorso sonoro tra memoria, immagini, suggestioni e sperimentazione elettronica?
Mala: «Ci siamo lasciati guidare dalle tavole di “Segni” per tracciare le tappe della nostra storia. Ogni immagine, ogni aforisma, ogni suono è connesso in “D-SEGNI”».
Braga: «Mentre le immagini ci suggerivano musiche, gli aforismi ci lasciavano intuire il concetto di fondo, la ciclicità di tutte le cose del mondo: siamo partiti dalla nostra storia per illustrare questa idea, e la sperimentazione è stata assolutamente naturale, avevamo con noi tutti gli strumenti che possediamo, e passavamo dall’uno all’altro con gran divertimento».
In questa nuova opera avete coinvolto artisti quali Seb Martel e Alessandro Rak. Da cosa nasce la scelta di lavorare con loro e cosa hanno portato all’interno del progetto?
Mala: «Sono entrambi artisti di grande talento che stimiamo da anni, ma la loro straordinaria sensibilità nell’approccio ha superato ogni immaginazione. Grazie a loro il “treno dei guappi” ha messo le ali».
Braga: «Entrambi avevamo incrociato Seb molti anni fa, ed eravamo stati “segnati” dal suo personalissimo modo di vivere l’arte, con Alessandro abbiamo collaborato spesso per i suoi lavori, ora finalmente abbiamo realizzato qualcosa insieme per Guappecartò».
“D-Segni” si fonda sul concetto di spazio bianco da abitare, suggerito da Madeleine nel suo libro. Quale “spazio bianco” desiderate che l’ascoltatore riempia con la sua immaginazione?
Mala: «Una volta, anni fa dopo un nostro concerto in prigione a Parigi, un detenuto mi venne vicino e mi ringraziò perché la nostra musica gli aveva permesso di evadere per un momento nella sua testa. In effetti abitare uno spazio interiore non è cosa facile soprattutto quando si è chiusi in cella. Ma se ci pensi siamo tutti prigionieri di noi stessi, e al tempo stesso abbiamo le chiavi per liberarci. Spero di aver risposto».
Braga: «In effetti il ruolo dell’artista è proprio questo: creare un mondo parallelo, una tela, su cui le persone possano proiettare parti di sé che forse resterebbero silenti o distanti, penso che questo sia quello a cui aspiriamo…».
Avete presentato l’album durante un tour in giro per l’Italia. Com’è stato riportare sul palco questo nuovo mondo sonoro e come ha reagito il pubblico?
Mala: «È stato molto emozionante per noi portare “D-SEGNI” in live per l’Italia… Consapevoli di una proposta di intrattenimento non banale e soprattutto radicalmente diversa da quella precedente, che prediligeva l’aspetto festivo del concerto, non ci aspettavamo una reazione così entusiasta e invece… Meraviglia!».
Braga: «Oggi molti addetti ai lavori, spesso, tendono a nutrire timori su proposte artistiche particolarmente personali o non etichettabili, dimostrando secondo me scarsa conoscenza e considerazione del pubblico, che invece ha dentro di sé tutta la sensibilità per accogliere il nuovo e l’ignoto. Questo tour ce lo ha confermato pienamente!».
Per concludere, qual è la lezione più importante che sentite di aver imparato dalla musica fino ad oggi?
Mala: «È un linguaggio che ci permette di entrare in comunicazione con la parte più profonda di noi stessi e di riconoscerci come esseri umani tutti uguali, dal più ricco al più povero. La musica ci insegna a cercare di dare suono al silenzio».
Braga: «Mi ha insegnato a conoscermi e a ri-conoscermi uguale e diverso dagli altri, a guardare senza paura tanto alle mie miserie quanto alle mie ricchezze interiori».