A tu per tu con il giovane cantautore salernitano, in uscita con il suo nuovo singolo “Perdere tutto“
A circa due anni di distanza dalla nostra precedente chiacchierata, ritroviamo con piacere Pasquale Battista, in arte HALE, cantautore e musicista classe ’95 che abbiamo avuto modo di apprezzare con il suo debut album “Il giardino degli inconcludenti”. Si intitola “Perdere tutto“ il singolo che anticipa l’uscita di un nuovo doppio disco, atteso per i prossimi mesi. Approfondiamo la sua conoscenza.
Ciao e bentrovato. Partiamo dal tuo nuovo singolo “Perdere tutto“, quali pensieri e quali stati d’animo lo hanno ispirato?
«E’ stato un po’ profetico, una sorta di premonizione, perchè ho scritto questa canzone poco prima del lockdown generale. “Dobbiamo essere pronti a perdere tutto”, una frase suggerita da un amico, che mi ha fatto riflettere molto, tormentandomi per un po’ di giorni. Dopo qualche settimana è venuta fuori “Perdere tutto” in maniera molto naturale, in una ventina di minuti, quasi come se qualcuno si fosse messo tra me e il foglio».
In quale momento della tua vita ti sei sentito sul ciglio di perdere tutto? E cosa ti ha salvato?
«Sul ciglio di perdere tutto e anche di voler piangere, non riuscendoci. Tante volte. Chi vive per la musica, chi si prodiga e vive tutto questo come una missione, si trova spesso a riflettere sul “chi me lo fa fare”, perchè non è facile e non spesso riesci a raccogliere subito i frutti di quello che fai. Di conseguenza, i momenti in cui si crolla emotivamente sono tanti. Nel mio caso specifico, mi ha salvato l’abnegazione e l’avere un obiettivo fisso in testa. Lavorare giorno per giorno per questo mio sogno, sembrerà banale, ma è quello che ti spinge ad andare avanti e a non mollare mai la presa».
Sei impegnato nella fase di rifinitura del tuo secondo progetto discografico. Rispetto al debut album “Il giardino degli inconcludenti“, quali skills pensi di aver acquisito?
«Sono in fase di chiusura di questo doppio disco, “Perdere tutto” è l’apripista del primo album, mentre il prossimo singolo anticiperò la seconda parte. Potremmo definirlo un concept album, sono tante storie che si intrecciano, ma con un filo conduttore che rispecchia una precisa poetica, che è la mia. Fondamentalmente penso di essere sempre me stesso, di non essermi mai snaturato, cerco sempre di raccontare le persone, in modo tale che qualcuno possa effettivamente mettersi addosso quello che scrivo, rivedercisi. Alla fine è questo il bello delle canzoni, condividere il tuo sogno con gli altri».
Per concludere, quale insegnamento senti di aver imparato dalla musica in questi anni? C’è una particolare lezione che ti porti dietro?
«Ho imparato che quando si chiude una porta è perchè, probabilmente, c’è un portone che ti aspetta. La butto lì, in modo molto vago. Però, la cosa che mi spinge sempre ad andare avanti è questo sento di fare musica per gli altri, mai per se stessi. Personalmente, questo è il motore di tutto: riuscire a dare alle altre persone anche solo una piccolissima speranza che, unita a tante altre cose, può fare davvero tanto».
© foto di Gianluca Saragò
Nico Donvito
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