giovedì 21 Novembre 2024

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Helle: “San Pietroburgo è il manifesto della mia ambiguità” – INTERVISTA

A tu per tu con la giovane cantautrice bolognese, in radio dall’11 gennaio con il nuovo singolo

Gioca con le metafore e con la propria ambiguità Lisa Brunetti, in arte Helle, ventiquattrenne dotata di un grande talento e di un’innata predisposizione comunicativa. “San Pietroburgo” è il titolo del suo nuovo singolo, distribuito Artist First per l’etichetta Fonoprint, un brano interessante ed evocativo, accompagnato dal riuscito videoclip diretto dal regista Giacomo Triglia. In occasione del suo lancio discografico, abbiamo raggiunto telefonicamente per voi la cantautrice bolognese, per carpire il suo stato d’animo e approfondire la sua conoscenza.

Ciao Lisa, partiamo da “San Pietroburgo”, il tuo nuovo singolo, com’è nato e cosa rappresenta per te?

«E’ nato dalla necessità di mettermi alla prova dal punto di vista della composizione musicale, utilizzando metafore e significati che si connettono tra loro, raccontando la storia di un allontanamento di due fidanzati, ho cercato di descrivere qualcosa di più intimo e problematico sotto vari punti di vista».

Nel testo svisceri in qualche modo i lati oscuri con cui quotidianamente ci ritroviamo a che fare. Quali sono le domande che ti sei posta e a quali conclusioni sei arrivata?

«Nello scrivere, la difficoltà è stata quella di creare un certo senso di ambiguità, aspetto che è servito per rendere la canzone più curiosa. Per quanto concerne le conclusioni, non credo che sia un problema risolvibile, tutti abbiamo dei lati oscuri con cui dobbiamo imparare a convivere, credo che accettare noi stessi porti dei grandi vantaggi, da tempo sto lavorando proprio su questo (sorride, ndr)».

Dal punto di vista musicale, invece, quale tipo di sonorità avete scelto per mettere in risalto il significato e il senso profondo delle parole?

«Di sicuro richiama sonorità di produzione anglosassone, personalmente vado matta per Bjork e Lorde, ci siamo sicuramente ispirati ad un sound internazionale e molto attuale».

Cosa avete voluto trasmettere attraverso le immagini del videoclip girato da Giacomo Triglia? 

«Un senso di desolazione, che credo sia riuscito ad esprime molto bene. Sono contenta di aver lavorato con lui, lo considero un grandissimo regista, uno stacanovista e, soprattutto, una persona molto onesta e talentuosa. Durante le riprese ha cominciato a grandinare chicchi di neve, una strana coincidenza… è stato assurdo e, al tempo stesso, magico.».

Facciamo un salto indietro nel tempo, come e quando ti sei avvicinata alla musica?

«Non saprei, credo che ognuno di noi ce l’abbia al suo interno sin dalla nascita, chi più chi meno. Canto da sempre, mentre suonare è stato diverso, ho cominciato a studiare più tardi verso i sedici anni. La musica è veicolo, la considero un mezzo per trasmettere emozioni, un approccio innato che ho da sempre.».

C’è un incontro che reputi fondamentale per la tua carriera?

«Sicuramente l’incontro con Bruno Mariani, storico collaboratore di Lucio Dalla. E’ stato lui a tirarmi su, a selezionarmi, a prendermi nei suoi studi e a darmi preziosi consigli, insegnamenti che reputo fondamentali per la mia crescita sia personale che professionale. Devo tanto a lui e ai componenti della Fonoprint, signori che mi hanno trasmesso nozioni importanti».

Con quale spirito ti affacci al mercato e come valuti il livello generale dell’attuale settore discografico?

«La musica c’è, negli anni ho incontrato tante personalità e vocalità interessanti, il problema non siamo noi ragazzi, il talento c’è. I tempi sono cambiati, lentamente stiamo switchando verso un’epoca nuova, in cui i media si stanno evolvendo e il talento si fa notare uscendo fuori in diverse maniere, confido molto nella tecnologia. Trovo che nei cantautori di oggi sia il linguaggio a fare la differenza, bisogna cercare una giusta via di mezzo tra ciò che è troppo diretto e ciò che è troppo sontuoso».

Finito l’inverno ed archiviato il freddo di San Pietroburgo, in che direzione proseguirà il tuo percorso? 

«Il mio progetto è quello di condividere di più, con questa canzone ho scoperto la mia ambiguità e cercherò di continuare in questa direzione. I miei prossimi pezzi si alterneranno tra il cantautorato e la sperimentazione, qualche idea ce l’ho già in cantiere e non vedo l’ora di poter farvi sentire cose nuove».

Per concludere, quale messaggio vorresti trasmettere al pubblico, oggi, attraverso la tua musica?

«Non abbiate paura di essere quello che siete, pur sforzandovi non potete snaturare il vostro animo, ciò che rappresentate e quello che è racchiuso dentro di voi. Se pensate di essere soli vi sbagliate, non lasciatevi turbare dalle persone che se ne vanno, perché qualcun altro arriverà e vi capirà».

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.