A tu per tu con il duo veneto, all’indomani della pubblicazione del loro nuovo album di inediti
Arriva a qualche mese di distanza dal successo estivo del singolo “California (mi manchi tu)”, il quarto progetto discografico dei fratelli Luca e Francesco Baù, meglio conosciuti come i Blonde Brothers. In occasione della pubblicazione dell’album “Hey Hey Hey“, abbiamo incontrato nuovamente per voi il duo veneto.
Ciao Luca, ciao Francesco, inizierei col chiedervi come nasce il progetto Blonde Brothers e in che modo descrivereste il vostro duo?
«Grazie mille per questa intervista. Il progetto Blonde Brothers nasce sul divano di casa tra una schitarrata e l’altra ed è caratterizzato dalla fratellanza, dalle doppie voci e da un connubio che nasce dal compromesso tra le nostre anime».
Quali sono le tematiche predominati di questo disco e che tipo sonorità avete scelto per raccontarle al meglio?
«Le tematiche principali di “Hey Hey Hey” sono la libertà, il rincorrere i propri sogni, il saper ascoltare noi stessi gli altri, saper ascoltare il silenzio e capire il rumore del mondo. Le sonorità predominanti del disco sono quelle del country/pop contaminato con l’elettronica generando un nuovo genere… l’Electro Country».
In che modo avete bilanciato la presenza di brani in italiano e in inglese?
«Il disco si evolve alternando brani in italiano e in inglese fino ad arrivare alla traccia 10 con un remix di “Burning Sheets”, che segna un passaggio a dei brani sentiti precedentemente ma con visione melodica e soprattutto linguistica diversa da quella precedente fino ad arrivare al francese nella quindicesima e ultima traccia».
Appartenete alla scuola di coloro che considerano la lingua ininfluente ai fini del messaggio?
«Quando si va ad affrontare un’altra lingua c’è sempre da tenere conto della cultura da dove è partita, tuttavia crediamo molto che il messaggio sia il fine ultimo e principale del nostro modo di affrontare l’arte».
C’è una frase del disco che più vi rappresenta e che scrivereste sul vostro biglietto da visita?
«Il nostro, e ora anche vostro disco, si può racchiudere in… “Credi in te” titolo di una canzone dell’album ed è un inno a credere in tutto ciò che facciamo e nella vita, che ti dà sempre un’altra opportunità».
La scorsa estate avete lanciato il singolo “California (manchi tu)”. Un bilancio su come è stato recepito da pubblico e critica?
«Il brano è stato molto apprezzato soprattutto da chi sentiva un’esplosione estiva e aveva voglia di ballare, dalla critica è stato accolto molto bene per l’equilibrio tra doppie voci e chitarre acustiche che ci caratterizzano da sempre e il ritmo reggaeton che va molto di moda in questi ultimi tempi».
A quale vostra canzone vi sentite maggiormente legati? Quale vi descrive meglio?
«Ci sentiamo molto vicini a “Hey Hey Hey” perché parla di come in quest’epoca siamo tutti attaccati ad uno schermo che può essere il computer o il cellulare ed è un invito a immergerci qualche volta nella natura per rigenerare la nostra indole primordiale e animale».
Se potesse “rubare” una canzone a un vostro collega, quale scegliereste?
«Crediamo che una delle piu belle canzoni degli ultimi anni sia “Let her go” L’abbiamo suonata anche a “The winner Is” ed è stato un onore poter omaggiare i Passengers».
C’è un momento o un incontro che reputate fondamentale per la vostra carriera?
«Sono molti i momenti salienti, ma crediamo che il primo sia stato fondamentale… la nostra vicina di casa voleva portare a scuola di chitarra suo figlio e noi siamo andati insieme a lui per amicizia… da lì non ci siamo più fermati».
Se doveste scegliere un’epoca del passato, quale decennio sarebbe più vicino al vostro modo di intendere la musica?
«Credo che il periodo più vicino al nostro modo di fare arte sia quello degli anni ’70 tra le ballate di Cat Stevens e le meravigliose canzoni di Mogol Battisti».
Per concludere, quale messaggio vorreste trasmettere a coloro che ascolteranno il disco?
«Il messaggio principale del disco è quello di dire ad ognuno di noi che nella vita abbiamo sempre una seconda, terza, millesima occasione, perché i sogni, le speranze, l’amore, lo stare in armonia con gli altri, con noi stessi e con l’universo sono fonte infinita di possibilità ed energia positiva che sprizza da ogni pianta, corpo, sole e da qualsiasi altra forma di essere».
Nico Donvito
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