giovedì 21 Novembre 2024

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Il Cinghiale Bianco e la perduta identità della musica italiana

Il cinghiale bianco fa un breve excursus storico nella musica italiana DOP

Oggi il cinghiale bianco vi porterà alla scoperta del cuore pulsante della musica italiana, quella nata e cresciuta in Italia, la stessa che cerchiamo di soffocare, abbagliati dal mito americano. Orde di ragazzi sperano oggi di diventare cantanti, ma che uno su mille ce la fa sarebbe il dato ottimistico di un sondaggio che andrebbe un tantino rivisto da Gianni Morandi se si parla di musica.

L’industria discografica dagli anni ’70 del novecento e sempre di più in crescendo ha visto il modello americano come lo spunto da cui partire per spesso trovare copie, a volte plasmando giovani talenti ad immagine e somiglianza dell’America.

Abbiamo vissuto gli anni musicali in cui la BMG prendeva in prestito grandi successi americani per affidarli a giovani promesse italiane, fra tutti si cita “Pregherò” di Adriano Celentano, cover italiana di “Stand by me“. Siamo poi passati alla fase del “facciamo come loro”, tentando di riprodurre nei decenni a venire l’Evoluzione musicale d’oltreoceano della musica pop. Tutto questo farebbe pensare che l’Italia sia sempre stata povera di idee e non in grado di avere la forza per un’unicità musicale. Sarà proprio così? Parliamone.

Secondo la storia della musica la nascita della “canzone” moderna avviene intorno al ‘700 in Francia grazie allo sviluppo della satira politica. Il Café de musicos è il primo nucleo culturale che vede l’avvento di spettacoli in cui  si alternano momenti di show satirico a canzoni. Da qui, poi, la nascita de la “Société des gens de lettres“, la prima associazione di quelli che potremmo definire i cantautori moderni.

In Italia, invece, c’era l’Opera lirica, forma aulica della canzone moderna, già nata secoli prima ma che attraverso la forma romanza, inizia a far intravvedere quella che diventerà in seguito la trasformazione da melodramma a canzone. A Parigi nasce, l’Opéra-comique, a Londra la Ballad Opera, in Germania il Singspiel, un genere influenzato dalla musica colta come da quella di tradizione popolare. A Napoli, nel primo decennio del Settecento nasce  l’Opera Buffa, che era scritta in dialetto e portava sulla scena personaggi e situazioni della vita quotidiana.

In questo scenario si apre quella che diventa la musica da salotto, che altro non era che quello che oggi chiameremmo un concerto in una casa privata (Giovanni Caccamo ne ha fatto bandiera della sua unicità espressiva all’inizio della propria carriera e tante in questo periodo storico sono le riprese del format artistico). Donizetti, al quale qualcuno attribuisce la paternità musicale di ‘Te voglio bene assaje’ (non è “Caruso“, attenzione) una delle canzoni più conosciute del repertorio napoletano, pubblica, durante il periodo trascorso a Napoli fra il 1822 e il 1838, ben cinque raccolte di canzoni.

Dovrei fare dodici canzonette, al solito, per pigliarmi 20 ducati l’una, che in altri tempi lo facevo mentre il riso cuoceva. Ora la penna mi cade, non so far nulla, ma devo far tutto, che tutto è promesso”. Come Donizetti stesso le definisce, si sta parlando di canzonette. Siamo vicini alla nascita della musica pop. E i primi cantanti famosi della musica pop italiana? Certamente fra tutti fu Enrico Caruso a godere del grande successo di pubblico, seppure il confine tra musica colta e canzone fosse ancora molto sottile, anche in merito alla fruibilità che questo genere aveva.

Dalla fine dell’800 fino alla prima guerra mondiale, su imitazione del modello francese e londinese, in Italia, sempre a Napoli, nasce il Caffé Margherita. L’atmosfera era un po’ grottesca, basti pensare che era il 1875 quando Luigi Stellato aveva lanciato una prima idea di spogliarello attraverso la sua famosa “A cammesella“, divertente duetto fra due sposini che devono ancora consumare il loro amore. Si rasentava un po’ il trash e non è difficile immaginare una Barbara D’Urso dell’ epoca a condurre le fila di tali momenti.

E’ proprio in questo momento, citando la televisione, che nasce la parola varietà. Grazie alla grande contaminazione culturale e all’apertura del mondo artistico verso i café- chantant la musica si mischia con la danza e la recitazione per dare vita a quel genere che tanto l’America rivendicherà suo. Da quel momento il varietà diventa il palcoscenico per il lancio di decine di artisti come Lidia Johnson, Wanda Osiris e, naturalmente, di una schiera di straordinari attori come Totò, Erminio Macario, Aldo Fabrizi, Carlo Dapporto. Ma il varietà sarà anche il luogo della propaganda ai nuovi stili musicali ed alle contaminazioni perché tramite questo mondo era più facile far passare i ritmi afroamericani proibiti dal regime: lo swing e il jazz (qui il link all’ articolo sulle contaminazioni del jazz nella musica italiana). Da quel momento in avanti la cultura americana influenzerà e determinerà lo sviluppo delle forme musicali e di spettacolo in Italia, soprattutto grazie all’avvento della televisione, primo veicolo di globalizzazione.

Tra tradizione e novità, tra Napoli e Roma, dove invece la canzone popolare rappresenta la nascita di un filone che correrà parallelamente a quello della musica d’ autore, il cinghiale bianco ha fatto un breve viaggio alla scoperta delle origini della musica pop in Italia, cercando di scoprire perché ad un certo punto l’America è diventata il mito da emulare, se fino al settecento erano i musicisti da tutta Europa (Mozart in primis) a far visita all’ Italia per trarne spunto artistico.

Per riassumere e concludere, pima c’era l’opera lirica, poi la romanza, poi la canzone napoletana e poi quella pop. L’Italia ha sempre avuto da dire e da insegnare, dunque. Ed allora, perché l’America è diventato il mito da inseguire?