sabato 7 Dicembre 2024

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Il Moro: “Cantiamo il bisogno di aiuto e la voglia di tornare a respirare” – INTERVISTA

A tu per tu con la band capitanata da Martino Iacchetti, per parlare del loro nuovo singolo “Filo di luce

Si intitola Filo di luce il nuovo singolo de Il Moro, gruppo musicale milanese oggi composto da Martino Iacchetti (voce), Tommaso Angelini (chitarra) e Stefano Caniati (batteria e percussioni). In occasione di questa nuova uscita abbiamo incontrato il leader e fondatore della band, per approfondire la loro visione di vita e di musica.

Ciao Martino, benvenuto. Partiamo dal vostro nuovo singolo “Filo di luce”, cosa racconta?

«“Filo di luce” racconta della lotta contro i disturbi dell’ansia, un problema molto diffuso ma anche, a volte, sottovalutato e nascosto. La canzone segue costantemente una piccola sorgente di luce che si muove nell’aria fino all’interno dell’animo umano. Quel “filo di luce”, appunto, e ciò a cui ci si aggrappa quando tutt’intorno non si vede più niente e si perde il contatto con la realtà». 

Quali stati d’animo ti hanno accompagnato durante la fase creativa del brano?

«Gli stessi che mi accompagnano quando l’ansia prende il sopravvento: l’inquietudine, la rigidità, l’agitazione, la paura. Mentre scrivevo il testo sentivo che dentro di me, a qualcosa o qualcuno, quello che stavo cantando non andasse bene. Ma più andavo avanti più sentivo che stavo rispondendo, forse per la prima volta, a queste voci». 

C’è una frase che, secondo te, rappresenta e sintetizza al meglio il senso della canzone?

«Credo che il senso si esprima al meglio soprattutto nel ritornello: “Sento gli spilli addosso / l’alba è un altro tramonto / non passa più il tempo / Stringi la mano e usciamo a rivedere le stelle / cambiare la pelle”. Qui c’è tutto: c’è la sofferenza, la paura, i minuti che sembrano infiniti, il buio che avvolge ogni cosa, il bisogno di aiuto e la voglia immensa di tornare a respirare, di uscirne, guardando le cose belle del mondo con gli occhi di sempre». 

Il progetto è sostenuto dalla Lidap, Lega italiana contro i disturbi d’ansia, agorafobia ed attacchi di panico. Pensi che ci sia abbastanza attenzione su questa tematica? 

«Il progetto è sostenuto dalla Lidap e dalla OdV “Amici della mente”, che ringraziamo di cuore per l’entusiasmo con cui vi hanno partecipato. Sono Associazioni che si occupano da tantissimi anni di questi problemi, che offrono aiuti importanti e che lavorano senza sosta. Personalmente (e parlo da semplice paziente) penso che, soprattutto in questo periodo, si debba dare molto più spazio a questa tematica, questi problemi non sono meno importanti di altri». 

Facciamo un breve salto indietro nel tempo, come vi siete conosciuti e quando avete deciso di mettere in piedi il vostro progetto musicale? 

«Il Moro è nata grazie al mio incontro con Mattia Foglia e Daniele Ferrazzi, rispettivamente ex bassista ed ex chitarrista della band. Stefano Caniati, il nostro batterista, si è aggiunto poco dopo. Negli anni sono successe tante cose, abbiamo sperimentato ed abbracciato stili e direzioni diverse, seguendo le esigenze che avevamo di volta in volta e le possibilità che si aprivano. Ora siamo in tre, dopo l’uscita di Mattia e Daniele e l’arrivo di Tommaso Angelini alla chitarra. Abbiamo trovato un nuovo equilibrio, molto funzionale e stiamo lavorando in grande sintonia anche con la produzione di Marco Ulcigrai. Siamo al momento molto soddisfatti e produttivi». 

A cosa si deve la scelta del nome Il Moro? 

«E’ stata un’idea di Mattia. Non riuscivamo a trovare il nome, tutto quello che ci veniva in mente non ci piaceva o non ci convinceva del tutto, eravamo in difficoltà. Un giorno lui propose questo nome…non aveva un particolare senso ed è forse per questo che ci piacque subito: breve, semplice, d’impatto e facile da ricordare. Poi, volendo, siamo tutti mori di capelli (sorride, ndr)».

Quali sono i vostri prossimi progetti in cantiere? Cosa puoi anticiparci a riguardo?

«Uscirà un nuovo singolo all’inizio dell’estate, verso metà/fine Giugno, che aprirà il nostro tour estivo, sperando che la situazione della pandemia cominci davvero a volgere verso una buona direzione con la bella stagione. L’estate scorsa abbiamo suonato sui balconi, speriamo, però, che quest’anno la musica possa cominciare a riprendere i suoi spazi. Mescoleremo il convenzionale al non convenzionale e suoneremo ovunque si potrà, non vediamo l’ora. Con l’autunno sarebbe bello ragionare su un EP o, perché no, su un album!». 

Per concludere, in un momento storico complicato come quello attuale, cosa ti piacerebbe riuscire a trasmettere a chi ascolterà la vostra “Filo di luce”?

«Dare una mano, fare una carezza ai cuori che stanno lottando contro questo buio, per farli sentire meno soli ed incoraggiarli a parlarne, ad affrontare il problema, riconoscerlo, dargli un nome e dei vestiti. Sapere che c’è e che si può combattere. Dare una mano per fare in modo che altri si aggancino alla mia, ma anche per trovare io le loro mani».

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.