“Io cerco me” di Umberto Tozzi: te la ricordi questa?

Viaggio quotidiano nella colonna sonora della nostra memoria, tra melodie sospese nel tempo pronte a farci emozionare ancora. Oggi parliamo di “Io cerco me” di Umberto Tozzi
La musica è la nostra macchina del tempo: basta una nota, un ritornello, ed eccoci di nuovo lì, in una stagione vicina o lontana, in un’auto con i finestrini abbassati o nella cameretta della nostra infanzia. “Te la ricordi questa?” è il nostro appuntamento quotidiano per riavvolgere il nastro delle emozioni, proprio come si faceva una volta con una semplice penna e una musicassetta. Oggi l’orologio del tempo ci riporta al 1991 con “Io cerco me” di Umberto Tozzi.
Ogni giorno, alle 13:00, vi accompagneremo in un viaggio musicale alla riscoperta di queste gemme nascoste: canzoni che hanno detto tanto e che hanno ancora tanto da dire, pronte a sbloccare ricordi, evocare immagini, restituirci pezzi di passato con la potenza che solo la musica sa avere. Brani che forse oggi non passano più in radio, pezzi di artisti affermati lasciati in un angolo, o successi di nomi che il tempo ha sbiadito ma che, appena tornano nelle nostre orecchie, sanno ancora farci vibrare. Perché la musica non invecchia, si nasconde soltanto tra le pieghe del tempo, aspettando il momento giusto per colpire nel segno e farci esclamare sorpresi un: “Te la ricordi questa?”.
Ti sblocco un ricordo: “Io cerco me” di Umberto Tozzi
“Gli altri siamo noi” è il decimo album in studio di Umberto Tozzi, forse il più bello, traghettato dall’omonimo pezzo presentato al Festival di Sanremo di quello stesso anno, il 1991, che gli valse il quarto posto. Tra le otto tracce di quel disco, tutte molto belle e a fuoco, mi ha sempre colpito in particolare “Io cerco me”, che non ha avuto la fortuna di diventare singolo, ma che meriterebbe di essere riscoperta, un po’ come è accaduto con “L’amore è quando non c’è più” ripresa e riproposta nel 2009.
“Io cerco me” si presenta sin dal primo ascolto come un monologo lirico rivolto a sé stessi, nel silenzio di una stanza, quando il mondo fuori tace e a farti compagnia restano solo le domande. Tozzi canta l’inquietudine di chi non riesce più a riconoscersi, nemmeno negli occhi di chi ama. L’artista non si ferma però alla malinconia personale, ma si apre a un respiro più ampio, quasi spirituale: “Io cerco un Dio che venga giù insieme a noi / nelle città coperte di avvoltoi”.
È la disperata preghiera di chi, oltre a sé stesso, cerca ancora senso in un mondo stanco, dove “sui bambini tutto nevica” e la povertà è un cortile freddo senza uscita. In quei versi c’è l’eco della società ferita di inizio anni ’90, che ancora oggi parla forte, che si risvegliava da un decennio fatto di eccessi e di un fasullo boom economico.
“Io cerco me” è una preghiera laica, un po’ come la title track “Gli altri siamo noi”, una ballata esistenziale che ci fa compagnia quando non sappiamo più chi siamo. È il diario segreto di chi ha amato, perso, cercato. E nella voce vibrante di Umberto Tozzi diventa un faro per tutti quelli che, almeno una volta nella vita, hanno il coraggio di ammettere di essersi smarriti.
Il testo di “Io cerco me” di Umberto Tozzi
Io cerco me negli occhi tuoi
Ma son le tre e dormi ormai
Io cerco me e tu non sai
Che mondo c’è fuori di noi
Io cerco me e vado via
Come un Van Gogh verso la follia
Ti lascio qui accanto a me
E vado via senza di te
Nella cattedrale del silenzio
Le tue labbra della veritàSciolte nel sorriso dell’inizio
Sveglio nel domani che verrà
Io cerco me nell’anima ,nelle odissee
Degli uomini e a modo mio se ancora c’è
Io cerco un Dio
Che venga giù insieme a noi
Nelle città coperte di avvoltoi
Che venga giù e resti qua
Negli occhi eroi di chi non ce la fa
In questa anidride malinconica
Nei cortili della povertà
Dove sui bambini tutto nevica
E si muore mentre stiamo qua
Io cerco me nell’anima
In te che sei il glicine
Dei giorni miei ancora in te
Io cerco me
E so che tu ci sei…tu ci sei
Non dormi neanche tu
E in fondo agli occhi tuoiIo non mi cerco più